Nonostante la penna di Meg Mason, autrice del romanzo “L’opposto di me stessa”, sia intrisa di leggerezza e ironia, è impossibile non percepire il dolore di chi vorrebbe essere “altro”, eppure è impotente di fronte alla sua condizione. Il dolore della protagonista, una donna che ha appena compiuto quarant’anni ed è reduce dalla separazione dal marito

A volte è sorprendente constatare quanto le parole scritte possano rendere così immediatamente chiara e nitida la condizione che viviamo nel nostro quotidiano.

Il romanzo di Meg Mason, L’opposto di me stessa (tradotto per HarperCollins Italia da Chiara Ujka), racconta la vicenda di Martha Friel, una donna che ha appena compiuto quarant’anni ed è reduce dalla separazione dal marito Patrick.

copertina del libro L'opposto di me stessa di Meg Mason

Il mondo di Martha è costellato da figure famigliari che si intrecciano e si sfiorano con cautela, per la paura di svelarsi troppo e di riconoscersi davvero in qualcosa che non avremmo voluto vedere. La sua vita è un susseguirsi di dinamiche senza controllo, tra l’essere figlia, moglie, sorella, il desiderio di diventare madre e, allo stesso tempo, il sentirsi inadeguata in ognuno di questi ruoli. Ma non solo.

L’autrice, con la sua ironia pungente, ci porta a riflettere su un tema tornato oggetto di forte discussione e dibattito soprattutto a seguito della pandemia, ossia il benessere mentale e la salute psichica degli individui.

Durante tutto il romanzo la malattia di Martha non viene volutamente definita, la diagnosi, così come i sintomi, sono indicati da un semplice trattino. È una forma di rispetto per ciò che non comprendiamo fino in fondo, di pudore per non banalizzare ciò che non ci riguarda solo ai fini di una storia.

Tuttavia, al di là delle spiegazioni, è sinceramente immediato quello che prova la protagonista.

“Una persona ha bisogno di sanguinare fisicamente per farti capire che non sta bene?”, dice al marito. E, nonostante la penna di Meg Mason sia intrisa di leggerezza, è impossibile non percepire il dolore di chi vorrebbe essere “altro” eppure è impotente di fronte alla sua condizione, e non rimanere spiazzati dallo stridore di alcune frasi sarcastiche pronunciate da Martha, l’unica sua arma per combattere il buio che sente dentro.

Ciò che rende questo romanzo così autentico è il suo ricordarci che la nostra vita è come un puzzle di milioni di pezzi, qualche volta troviamo l’incastro giusto, altre cerchiamo di far combaciare pezzi che hanno un destino diverso. Altre volte ancora quei pezzi li perdiamo per sempre e possiamo solo dirci che va bene così. Il lieto fine, in fondo, è sapere che hai fatto il possibile, sempre.

“Tutto è insieme rotto, incasinato e completamente a posto. Ecco com’è la vita. Sono solo le proporzioni che cambiano. Di solito, da sole. Appena pensi che è così, che sarà così per sempre, cambiano di nuovo.”

Fotografia header: Meg Mason - foto di Grant Sparkes Carroll

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