L’oralità della poesia è un valore da recuperare, perché solo nel “dire la poesia” possiamo recuperare il suo “incanto fonico”. Mariangela Gualtieri, tra le voci poetiche più interessanti dei nostri tempi, ci regala un’opera coraggiosa, efficace e di grande impatto: “L’incanto fonico”, tra “saggio poetico e poesia saggistica”: “Chiunque ami la poesia di certo avrà sentito a volte il bisogno di recitarla ad alta voce. E anche il desiderio di recitarla ad altri…” – L’intervista

Mariangela Gualtieri, poetessa e scrittrice, porta l’attenzione dei lettori sul suono della parola poetica in un’opera insolita e che merita grande attenzione, L’incanto fonico. L’arte di dire la poesia (in libreria per Einaudi), titolo che riprende una citazione dell’amata poetessa Amelia Rosselli. Il libro pone l’attenzione sull’importanza di “dire la poesia”, di dare spazio alle parole tanto quanto ai silenzi, di avvertire gli echi del passato quanto l’apporto che ognuno di noi può dare con la propria lettura.

mariangela gualtieri l incanto fonico

Mariangela Gualtieri, L’incanto fonico è un’opera coraggiosa: tratta di poesia in poesia e, in particolare, si concentra sugli effetti suscitati dalla lettura ad alta voce o dalla declamazione, eppure lo fa in forma scritta. Qual è il lettore ideale di questo libro?
“In realtà non è un libro in versi. Potremmo considerarlo un saggio poetico o poesia saggistica. Chiunque ami la poesia di certo avrà sentito a volte il bisogno di recitarla ad alta voce. E anche il desiderio di recitarla ad altri. Ecco, questo libro cerca di dare le coordinate a chiunque si sporga in questo intento, perché la musica della poesia richiede una cura che troppo spesso viene trascurata”.

La poesia “ha parola e silenzio” (p. 24). Partiamo dalla parola: per non limitarci a comprenderla razionalmente, ma per tornare ad ascoltarla, a percepire la sua corporeità e a sentirla davvero è il caso che, anche nelle nostre case, la poesia torni a farsi voce, attraversando il nostro corpo, vibrando dentro di noi e trovando spazio nell’aria che ci circonda?
“La mia risposta è certo affermativa. La poesia potrebbe celebrare ogni momento della nostra vita, e ognuno di noi dovrebbe avere i propri poeti, voci del passato e voci del proprio tempo che riescono a dire ciò per cui abbiamo solo parole deludenti. Allora ecco che la poesia risuonerebbe in noi e poi anche nelle nostre case. È per me una forma di energia, come lo è la musica che infatti accompagna i nostri giorni, non è solo una espressione cólta. È una grande alleata da tenere vicina sempre”.

Quando si legge ad alta voce una poesia, che cosa avviene? Stiamo omaggiando il passato, proviamo a occupare un nostro posto nel presente, in dialogo con chi ha composto l’opera, torniamo a vivificarla o…?
“Credo che molto dipenda da ‘come’ si legge, e anche davanti a chi si legge. Quando ad ascoltare c’è la comunità momentanea degli spettatori, allora insieme si crea quello che a me piace chiamare rito sonoro. Se tutto viene messo a punto a dovere allora si ha la grazia di fare un’esperienza sonora indimenticabile, e la poesia pare apparire alla luce del mondo per la prima volta, scritta in quell’istante. Chi ascolta cade in quello che chiamo appunto incanto fonico, cioè in una sorta di rapimento acustico in cui i versi vengono conosciuti profondamente, cioè amati”.

Veniamo ora al silenzio, che in questo libro omaggia dedicandogli una sezione del testo. Spesso, quando si sente “dire il verso” a teatro, in libreria o in qualunque altra occasione di lettura pubblica, si nota una certa difficoltà a indugiare sui silenzi. Le parole di una strofa sfuggono nell’altra a grande rapidità. Il silenzio fa forse paura?
“È forse il contrario, è la paura che fa andare di corsa. Ho detto più volte che per me poesia e silenzio sono strettamente legati, quasi come le due facce della stessa medaglia. La poesia è anche il silenzio fra le parole, è intrisa di silenzio e da quello nasce”.

Nell’introduzione scrive di aver composto l’opera “con urgenza”. La poesia può coesistere con un mondo sempre più legato alla velocità, al pragmatismo, all’interesse economico o può proporsi come alternativa a questo modello che dà poco spazio all’interiorità?
“La mia esperienza quarantennale, lenta e a volte millimetrica, aveva addensato in me un certo sapere, di pensiero, di tecnica, di forme, insomma un piccolo patrimonio che chiedeva di essere fissato in parole, trasmesso. Questa era la mia urgenza, un’urgenza espressiva. La poesia è la più meravigliosa di tutte le arti e forse anche la più povera. Non ci sono potentati che fanno affari con la poesia. E in questo mondo che ha posto il denaro al centro, la potenza della poesia risuona come accadimento miracoloso”.

Oltre a “dire il verso”, occorre imparare di nuovo ad ascoltare. In fondo, se guardiamo alla nostra straordinaria storia letteraria, donne e uomini dell’antichità, anche privi di cultura, erano allenati ad ascoltare i poemi omerici e godevano delle declamazioni di rapsodi e aedi. Come possiamo tornare, oggigiorno, a trovare la giusta concentrazione durante l’ascolto?
“Ad ascoltare si impara e per farlo occorre lentezza e un po’ di silenzio fuori e dentro di sé”.

Pensa che la diffusione di audiolibri, in netta crescita in Italia, possa aiutarci ad alzare la soglia d’attenzione durante l’ascolto?
“Se sono di buona qualità, certo”.

Veniamo a un ulteriore punto che ha trattato diffusamente nell’Incanto fonico: la memorizzazione. “Adorazione di una poesia è impararla a memoria”, scrive a p. 97. Questa è una pratica rara oggigiorno e, se a scuola viene assegnata una poesia da imparare a memoria, l’insegnante perlopiù è criticato. Perché, invece, occorre recuperare la memorizzazione dei versi che ci sono cari?
“Perché divengono parte di noi, una compagnia perenne, voci alleate che risuonano in noi, come un buon nutrimento sempre a portata di mano. Imparare a memoria è per me un atto di devozione rispetto a una parola che ci ha illuminati, o sostenuti, ed è un magnifico esercizio di attenzione”.

Qual è la poesia imparata a memoria che ama maggiormente? Perché l’ha scelta?
“Difficile rispondere perché sono tante le poesie che ho a memoria. Tanto Dante: memorizzare il trentatreesimo del Paradiso è come guardarlo con un potente microscopio, si percorre ogni sillaba, si guarda da vicinissimo qualcosa che sempre più si allontana, portandoci con sé. E poi Pascoli, tanto Pascoli, poi Rilke, Campana, Ungaretti, Luzi e fra i contemporanei De Angelis, Lamarque, Anedda… se amo una poesia, impararla a memoria è farmi un regalo per sempre”.

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

Fotografia header: Mariangela Gualtieri - (foto di © Melina Mulas)