C’è chi continua a dire che il Molise non esiste, ma la realtà (anzi, la bellezza di questa terra) smentisce l’ironia. Su ilLibraio.it Simonetta Tassinari racconta una regione che non ha bisogno di mettersi in mostra per farsi notare, tra borghi, colline bagnate dai tramonti e una vista sull’Adriatico riservata a pochi…
Il Molise non esiste? Forse…
Ma chi ci passa, poi, non se ne dimentica più…
Ci sono frasi che, a furia di essere ripetute, finiscono per sembrare vere.
Una di queste è: “Il Molise non esiste”.
Una battuta nata sui social, rimbalzata nei meme, diventata tormentone nazionale.
Forse perché il Molise non ama mettersi al centro: è una terra schiva, che non si impone, non fa clamore, non sbandiera le proprie meraviglie.
E così, a furia di restare defilato, qualcuno ha scambiato la discrezione per sparizione. Tanto che quella frase, nata per scherzo, è diventata col tempo un marchio di identità: la trovi stampata su magliette, tazze, poster e perfino nei nomi di qualche negozio e brand locali.
Un modo ironico per annunciare: il Molise non solo esiste, ma sa anche prendersi in giro con eleganza.
Certo, questa invisibilità geografica ha effetti curiosi.
Ricordo un episodio dei miei anni universitari a Bologna, parecchio tempo fa, lo ammetto, quando i telefoni avevano ancora la rotella e Internet era un nome di fantasia. Mi iscrissi alla Biblioteca universitaria di via Zamboni, un luogo austero e meraviglioso dove i libri parevano respirare insieme ai lettori.
Compilai la scheda con i miei dati, ma l’impiegato mi fermò: “Signorina, non ha messo la provincia. Campobasso provincia di…?”.
“Provincia di se stessa,” risposi, “è capoluogo di regione”.
Lui aggrottò la fronte: “Di quale regione?”.
“Del Molise.”
Seguì un silenzio degno di una rivelazione mistica. Poi, con aria perplessa: “Ah… non la trovo nell’elenco”.
All’epoca non c’era Google a soccorrerti, così la mia scheda rimase in bianco, come se provenissi da un luogo mitologico.
Il giorno dopo mi restituì la tessera: “Aveva ragione lei, signorina. Il Molise esiste davvero. È regione autonoma dal 1963”. E me lo disse con gratitudine, come se avessi scoperto io una nuova placca continentale.
Da allora, ogni volta che sento pronunciare quella frase, mi scappa un’espressione divertita. Perché, in fondo, non esistere è quasi un privilegio.
Significa non essere stati divorati dal turismo di massa, non avere aeroporti che sputano charter ogni mezz’ora, non vivere dentro un reality permanente.
Significa avere tempo, spazio, respiro.
E lo sanno bene gli stranieri che da anni comprano case nei nostri borghi: inglesi, olandesi, americani che arrivano quatti quatti, attraverso chissà quale passaparola, un po’ per curiosità, e poi si innamorano.
Ristrutturano case di pietra in paesini dove il panettiere passa ancora col furgone e dove il vicino ti regala le uova “delle sue galline, mica del supermercato”.
Li vedi apprezzare un tramonto che si stende sulle colline morbide, stupirsi del vino buono senza etichetta e imparare a dire “buongiorno” come si fa solo qui, con naturalezza e senza fretta.
Loro sì che l’hanno capito: vivere in un luogo “che non esiste” è il modo migliore per sentirsi esistere davvero.
Magari non esiste, d’accordo. Ma il Molise è bello, eccome se è bello. E non lo dico per campanilismo: lo dico perché ogni volta che lo attraversi ti sorprende, come una gemma tenuta in serbo per pochi intenditori.
Il Molise non ha solo montagne, tratturi, mare e borghi di pietra sospesi nel tempo: ha un respiro intimo, una verità semplice che oggi sembra quasi rivoluzionaria. È il posto dove la quiete non fa paura, dove la lentezza non è pigrizia ma stile di vita, dove la parola “comunità” non è un ricordo d’altri tempi ma una pratica quotidiana.
Forse è proprio questo il punto: il Molise non fa rumore, non alza la voce, non chiede riflettori.
Ma esiste – e come se esiste – in quel modo schivo e autentico che appartiene solo alle cose vere.
Siamo pochi, è vero: meno di trecentomila persone, praticamente una minoranza con vista Adriatico. Non siamo neanche, in tutto, un quartiere di Roma, come spesso si dice qui, mescolando fierezza e leggerezza.
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Ma anche nei numeri risicati sta la nostra piccola forza: l’equilibrio dei luoghi dove non serve sgomitare per farsi notare perché bastano i gesti, le presenze, le consuetudini. Essere pochi, a volte, significa conoscersi per nome, sapere chi abita nella casa col glicine all’angolo, salutarsi anche senza ricordare esattamente come si chiama l’altro. È una dimensione umana, raccolta, quasi artigianale, una misura d’uomo che altrove si è perduta.
Peraltro, compensiamo con l’esportazione. Ci sono molisani in ogni fuso orario, e ciascuno porta con sé una porzione di questa terra: un dialetto, una ricetta, un ricordo. In fondo, il Molise è diventato anche un’idea nomade e un paesaggio portatile che viaggia in valigia e riappare ovunque.
Certo, fin troppi se ne sono andati, spesso per necessità, e qualcuno continua a promettere di farlo “prima o poi”. Ma poi resta. Perché qui la restanza è quasi una vocazione: una forma di fedeltà tranquilla, una testardaggine gentile che non ha bisogno di proclami.
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Restare, da queste parti, è sapere che il mondo corre altrove, ma tu preferisci il passo giusto per goderti il panorama. Non c’è bisogno di slogan: basta la concretezza quotidiana, la stretta di mano, il “ci vediamo domani” che, qui, non è mai un modo di dire.
E poi c’è il fascino dei vuoti, quello che non tutti comprendono. In Molise puoi percorrere chilometri senza incontrare nessuno, se non un casale lontano, una curva e il vento che cambia direzione. Per qualcuno è isolamento, per noi è libertà: il lusso di respirare, di non avere sempre qualcosa davanti agli occhi.
Qui la calma non pesa, accompagna. È la colonna sonora discreta di chi ama i luoghi che non ti inseguono, ma ti aspettano. Naturalmente, i problemi non mancano: i treni che praticamente non ci sono, le strade rattoppate più volte l’anno, la Bifernina, la nostra arteria principale, quasi perennemente ferita. Ma, se la vogliamo vedere in positivo, proprio questa difficoltà di collegamenti fa la differenza: per arrivare in Molise bisogna volerci venire davvero. Non per caso, non per errore, ma per scelta. E chi ci arriva lo fa con tutti i sensi: per guardare, ascoltare, respirare, toccare, assaggiare.
Già, perché anche il gusto ha la sua parte. Prendiamo il pane molisano: crosta spessa, mollica compatta, profumo che invade la casa. Un pane che, fuori dalla regione, conoscono in pochi, forse perché, in fondo, ne siamo un po’ gelosi.
Letture originali da proporre in classe, approfondimenti, news e percorsi ragionati rivolti ad adolescenti.
È come un segreto di famiglia: si offre solo a chi lo merita.
E allora sì, sorridiamoci pure su: “Il Molise non esiste”. Ma diciamolo con quella consapevolezza che hanno solo gli iniziati: che le battute migliori funzionano quando contengono una verità rovesciata.
Perché il Molise esiste eccome: nei paesi che si arrampicano sulle colline, nei borghi sospesi tra cielo e vento, nelle piazze dove ci si saluta ancora per nome, nella quiete che non spaventa. Esiste nelle partenze e nei ritorni, nelle restanze e nei ricordi, nella tenacia di chi non ha bisogno di farsi notare per esserci.
Il Molise non esiste solo per chi non l’ha mai incontrato, ma chi ci passa, poi, non se ne dimentica più.
L’AUTRICE – Simonetta Tassinari ha insegnato storia e filosofia nei licei e nel Laboratorio di didattica della filosofia dell’Università del Molise. Da anni coltiva la psicologia relazionale, la psicologia dell’età evolutiva, il counseling filosofico e divulga la filosofia tra bambini e ragazzi. Anima partecipati caffè filosofici e tiene conferenze in tutta Italia e all’estero. Collabora con la fondazione Quid+ e con Treccani Futura.
Ha pubblicato romanzi, testi di argomento storico e filosofico (tra gli altri, per Einaudi scuola) e il saggio sull’insegnamento della filosofia nelle scuole La sorella di Schopenhauer era una escort (Corbaccio). Con Corbaccio ha pubblicato anche Donna Fortuna e i suoi amori, La casa di tutte le guerre, Le donne dei Calabri di Montebello e L’ultima estate in paese.
Per Feltrinelli ha pubblicato nel 2019 Il filosofo che c’è in te; S.O.S. filosofia. Le risposte dei filosofi ai ragazzi per affrontare le emergenze della vita, rivolto agli adolescenti; Il filosofo influencer. Togliersi i paraocchi e pensare con la propria testa (2020); per Gribaudo Instant Filosofia (2020) e Le 40 parole della filosofia (2021) e Il libro rosa della filosofia – Da Aspasia a Luce Irigaray, la storia mai raccontata del pensiero al femminile (2024). Il suo nuovo libro, uscito nel 2025, è Il bello tra le crepe – Manuale di riparazione della vita quotidiana.
Qui i suoi articoli per ilLibraio.it.
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