Negli ultimi anni i ripescaggi di opere letterarie, in particolare di autrici, non sono rari. Si tratta di libri – in tanti casi mai tradotti in italiano – che spesso sono passati inosservati all’epoca della pubblicazione, o che sono stati velocemente dimenticati. Rientra in questo filone anche “Oreo”, l’unico romanzo della scrittrice afroamericana Fran Ross (1935-1985). La protagonista è Christine, soprannominata Oreo, che, raggiunti i diciotto anni, parte alla ricerca del padre… – L’approfondimento

Negli ultimi anni i ripescaggi di opere letterarie, in particolare di autrici, non sono rari. Si tratta spesso di libri – in tanti casi mai tradotti in italiano – passati inosservati all’epoca della pubblicazione, o che sono stati velocemente dimenticati.

Rientra in questo filone anche Oreo (Edizioni Sur, traduzione di Silvia Manzio), l’unico romanzo della scrittrice afroamericana Fran Ross.

Fran Ross Oreo

Giornalista e autrice televisiva, Ross è scomparsa prematuramente nel 1985, a soli 50 anni. Nel 1974, quando Oreo è stato pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti, non ha riscosso molto successo. Ci sono voluti più di quarant’anni e il ripescaggio da parte dell’editore New Directions per far apprezzare un’opera divertente e dissacrante, che richiama i toni de Lo schiavista di Paul Beatty (Fazi, traduzione di Silvia Castoldi).

La protagonista del romanzo è Christine, soprannominata Oreo, perché “fuori è nera e dentro è bianca”: sua madre è una musicista afroamericana, mentre il padre è un aspirante attore ebreo. La “strana” coppia si è separata quando la figlia era ancora bambina e, raggiunti i diciotto anni, Christine parte alla ricerca del padre.

Per riuscire a ritrovarlo, la ragazza deve fare affidamento solo su una lettera strampalata che l’uomo ha lasciato alla ex moglie, insieme a una richiesta: “Quando Christine sarà grande abbastanza da decifrare gli indizi scritti qui sopra, dille di venirmi a cercare e le rivelerò il segreto della sua nascita”. 

Fran Ross Oreo

Fran Ross. Foto di New Directions Publishing

Il percorso di Oreo alla ricerca del padre è un vero e proprio viaggio dell’eroe: la ragazza incontra personaggi stralunati che si rivelano, a seconda dei casi, aiutanti o antagonisti, come ad esempio una famiglia che campeggia in un parco, o il pappone che vuole approfittare della giovane donna. 

Quest’ultimo è un esempio dello stile squisitamente rétro del romanzo: la figura del pappone e del suo harem richiama i toni del blaxploitation movies degli anni Settanta. Allo stesso modo il ricorso di Oreo alle arti marziali per sconfiggere gli ostacoli che incontra sulla sua strada sono un richiamo all’immaginario dei film d’azione dell’epoca, spesso caratterizzati dall’uso di mosse di karate.

Agli aspetti vintage, che non è raro trovare nei ripescaggi letterari – pensiamo ai romanzi di Angela Carter e alla Londra decadente del suo Figlie sagge (Fazi, traduzione di Rossella Bernascone e Cristina Iuli) – si affiancano momenti di grande contemporaneità. In Oreo c’è spazio per riflessioni sulla condizione femminile e sul razzismo. Oltre che su una questione senza tempo: la costruzione dell’identità. Per la protagonista, infatti, il viaggio verso New York e il padre è, prima di tutto, un percorso alla scoperta di sé e della propria persona, al di fuori dalle aspettative della famiglia e della società.

A rendere il libro ancora più contemporaneo è lo stile che unisce espressioni in yiddish – va ricordato che il padre di Christine è ebreo – , neologismi, storpiature e dialoghi frizzanti che non tralasciano battute e osservazioni argute. Un vero e proprio melting-pot stilistico, che si sposa con l’ironia, vera spina dorsale del romanzo. Una lettura divertente, spesso dissacrante, e mai scontata.

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