Moana Pozzi, Caterina da Siena, le sorelle Brontë, Moira Orfei e Marina Abramović: sono solo alcune delle protagoniste di “Morgana”, il libro tratto dall’omonimo podcast firmato da Michela Murgia e Chiara Tagliaferri. Le autrici raccontano le vite di donne accomunate dal desiderio di misurarsi con se stesse e il proprio talento. Farsi da sé è un imperativo comune, che implica ostacoli e traguardi, ma anche devastanti cadute, che non sono sufficienti, però, a fermare chi gioca ogni giorno con la propria unicità… – L’approfondimento
Quando si sente parlare di donne stravaganti come quelle raccontate da Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, è inevitabile restare per qualche momento a ragionare su cosa significhi uscire dalla “norma”, e quali conseguenze porti.
Già nel loro podcast Morgana (disponibile grazie a storielibere.fm), le autrici ci hanno fatto avvertire la fantasia e la straordinarietà del vero: con loro, la biografia ha acquisito un potere, quello di tenere gli ascoltatori incantati per il tempo della puntata. E farli riflettere anche dopo. Questo accade per la forza immersiva delle parole scelte, per il taglio laterale e mai scontato con cui Murgia e Tagliaferri guardano alla vita delle “Morgane” raccontate.
C’è partecipazione, e se nel podcast questo si avverte già a partire dalla voce narrante di Michela Murgia, nel libro, uscito per Mondadori, è la cifra stilistica, con la sua aggettivazione danzante attorno alla figura delle protagoniste, a non lasciare nulla di freddo o impersonale.
Inoltre, lo stile della narrazione unisce le donne scelte: diverse tra loro, sono però accomunate dal desiderio di voler vivere secondo i propri dettami, senza lasciarsi condizionare né voler compiacere nessuno. Non sono donne che si sentono in concorrenza con gli uomini, semplicemente perché ritengono di doversi misurare innanzitutto con il loro talento e di sfidare se stesse per prime. Farsi da sé è un imperativo comune, che implica ostacoli e traguardi, ma anche devastanti cadute, che non sono sufficienti però a fermare chi gioca ogni giorno con la propria unicità.
Allo stesso modo, le autrici non hanno paura di accostare vite distanti le une dalle altre, e non pare un caso se il libro si apre con Moana Pozzi, a cui subito segue Caterina da Siena. Entrambe donne visionarie in ambiti totalmente differenti, si sono misurate con l’essere se stesse, senza maschere. Di Moana viene colta la sua ossessione per la perfezione, che la porterà a un enorme popolarità, grazie a “quel sorriso ironico e sornione della Monna Lisa accompagnato da una sessualità pagana che trasmetteva gioia e liberazione” (p. 20).
A colpire, di Caterina da Siena, è la sua vita dentro e fuori dal suo tempo: lei, che secondo le convenzioni, avrebbe dovuto sposarsi presto, in realtà desidera mantenere la castità e considera il suo corpo come “il teatro costante del dialogo con Cristo” (p. 41). Ma non solo: Caterina si è permessa di rompere qualsiasi schema e scrivere ai potenti, diventando consigliera del Papa, e viaggiando per portare la sua fede in giro per il mondo – altro atto già di per sé rivoluzionario.
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Totalmente diversa è la terza donna narrata, Grace Jones, “una Nefertiti aliena e cibernetica” (p. 60), che con la sua carriera da modella, cantante e attrice è riuscita a incantare il mondo: il legame fortissimo tra estetica e identità, nel suo caso, l’ha trasformata in un’opera d’arte vivente, ribaltando continuamente stereotipi, a cominciare da quello di genere.
Non bisogna meravigliarsi se dopo la forza di Grace ci ritroviamo immersi nella campagna inglese con le sorelle Brontë e la loro autosegregazione: loro, “pioniere sventurate” (p. 78), hanno saputo trarre dall’infanzia sfortunata e solitaria, dalle morti premature in famiglia, l’ispirazione per evadere dalla loro realtà e creare “una società a sé, con regole proprie mai negoziate” (p. 87). Emily, genio incontrastato, in grado di rovesciare la letteratura vittoriana; Anne, più canonica e schiacciata dalle sorelle; e Charlotte, considerata un vero e proprio talento: le loro opere, presentate all’inizio sotto lo pseudonimo maschile dei fratelli Bell, sono la dimostrazione di come talvolta occorra raccontare la vita per viverla.
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Odia la solitudine e il silenzio, invece, la quinta Morgana: si tratta di Moira Orfei, una leggenda esplosiva, autorevole e seducente insieme. L’ambiente circense in cui è cresciuta ruota attorno alla netta divisione tra “chi doma e chi si fa domare”, e Moira resta sempre regina incontrastata di tutti i domatori, al punto da riuscire a domare il bel Walter Nones; e tuttavia restare a sua volta domata dall’amore per quell’uomo che non le era fedele. Ma lei, col suo fisico mozzafiato e il suo look riconoscibile, continua a essere ricordata da sola, senza nessun uomo affianco, perché non ne ha mai avuto bisogno.
La vitalità giocosa e lo sguardo magnetico di Moira sono ben diversi dalla forza, violenta e non aggraziata quanto avrebbe voluto, esercitata da Tonya Harding. Il fatto di essere stata la prima donna a fare un triplo axel in un campionato non le è valsa la fama sperata: sempre penalizzata per questioni estetiche, per i suoi costumi troppo colorati e privi di eleganza, Tonya ha gareggiato con il modello impareggiabile di Nancy Kerrigan. E la sua vita è passata tra sacrifici e abusi, subiti da bambina prima e da sposa poi.
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La macchina mediatica che ha segnato la parabola discendente di Tonya Harding ha invece illuminato la genialità di Marina Abramović: della violenza vissuta durante l’infanzia, la donna ha saputo fare la propria cifra artistica. Al centro di performance uniche, l’artista stessa si è misurata con i propri limiti, spingendosi oltre ogni resistenza fisica e psicologica. La distruzione, sperimentata in vita, è riuscita a trasformarsi in arte, così come la sua stessa storia d’amore con il bell’Ulay si è trasformata in performance. E “spingersi oltre” è stato sempre l’obiettivo di tutte le sue scelte.
Ben diversa è la fama che ha abbracciato la piccola Shirley Temple, avvolgendola in un successo strepitoso e tuttavia inquietante, perché condizionato dalla sua età. La bambina prodigio, diventata simbolo dell’America, in grado di decidere quando e come piangere davanti alla cinepresa, sbanca i botteghini fino alla prima adolescenza. Crescere, per Shirley, segna la fine della sua brillante carriera, ma non ferma di certo il suo impegno, che la vedrà prima deputata e poi ambasciatrice. E sarà la prima donna a testimoniare in televisione la sua battaglia contro il cancro al seno.
Di politica si interessa anche la nona Morgana: Vivienne Westwood, famosa stilista, militante e attivista. Se la sua, a dispetto di quella di tante altre protagoniste del libro, è stata un’infanzia felice, va detto che la sua vocazione per creare vestiti ha subito varie battute d’arresto. Il suo desiderio di trasformare la bruttezza in uno strumento di libertà, riaggregando perversamente pezzi di vestiti, immagini non convenzionali e punk, ha però modo di sfondare anche grazie alla collaborazione con il compagno, Malcom, e a testimonial d’eccezione: i Sex Pistols, che hanno esordito indossando abiti di Westwood e diffondendo il punk. Ma la caduta è dietro l’angolo, e non sarà l’unica, prima di diventare “un classico senza mai smettere di essere avanguardia” (p. 209): Vivienne è infatti una vera e propria fuoriclasse nell’arte di ricominciare da zero, reinventandosi.
Di tutt’altro spirito è la Morgana che chiude il libro: la prima “archistar” donna, Zaha Hadid, vincitrice di numerosi premi con i suoi progetti visionari, che sembrano portarci in una dimensione in cui l’architettura è anzitutto un concetto. Idolatrata da alcuni e odiata da altri, senza mezze misure, Zaha ha seguito la sua idea di arte con intransigenza, dedicando tutta la sua vita a capovolgere con la geometria le regole ferree che ha studiato nella sua laurea in matematica. E i risultati sono rivoluzionari, così come la sua battaglia perenne: quella di “fare un buon lavoro”, senza mai parlare di femminismo o di pregiudizi.
Morgana non è un libro che si legge tutto d’un fiato, e questo è un pregio: infatti, mentre si girano le pagine alla scoperta delle biografie, è inevitabile correre su Google a cercare le immagini e i video delle dieci Morgane. Qualche volta capita di chiedersi perché si era ignorata questa o quella grande personalità, autonoma e anticonformista nelle azioni, nello stile di vita, negli obiettivi. E sempre, grazie alla brillante prosa di Murgia e Tagliaferri, ci si lascia trasportare in quelle dieci vite, attraverso i controsensi e le testardaggini di chi ha osato alzare la testa e soverchiare la società con i suoi pregiudizi.