Si innamorano e si spiano sui social network, si scrivono sulle app, si ignorano o si insultano nelle chat e, quando le cose non vanno come vorrebbero, quando vengono rifiutati – come prima o poi accade a tutti – reagiscono in modi esasperati e perversi. Sono i personaggi che popolano i racconti di “Rifiuto” di Tony Tulathimutte, uno specchio amaro (e a tratti squallido) della vita digitale del nostro tempo

«Metafora deriva da un verbo che significa “portare attraverso”. Rifiutare significa “spingere indietro”. Ti spingi verso di lei, e lei ti spinge indietro. Fallire significa “ingannare”. Hai provato a ingannarla, ma non sei riuscito a portare te stesso attraverso la soglia rappresentata da lei, e ora ti sei spinto verso una porta, che è una metafora, e ti tornano in mente tutti i fallimenti passati: rifiuti della storia. Anche le etimologie sono significati che non sono stati portati attraverso il tempo, rifiuti semantici. Le metafore troppo confuse non portano niente attraverso niente. Sono metafore del rifiuto. Non so se avete colto.»

Che cos’è il rifiuto?

Tony Tulathimutte lo descrive così a pagina 258 di Rifiuto, appunto (edizioni e/o, traduzione di Vincenzo Latronico), all’interno di un capitolo che sembra una psichedelica accozzaglia di massime sconclusionate ma verissime.

Colpisce, in questo breve tentativo di spiegazione – che in realtà è geniale come l’autore – il suo essere volontariamente ermetica. Stupisce, perché in realtà quando non gli si chiede di racchiuderlo in poche parole, ma di indagarne tutte le sudicie piaghe, Tony Tulathimutte è maestro nell’arte di penetrare nei bassifondi del rifiuto. Quello vero, quello che insozza i rapporti umani e fa marcire ciò che di bello e buono c’è in ognuno di noi, come una bistecca dimenticata fuori dal frigo.

Rifiuto, libro di Tony Tulathimutte

Il rifiuto, nell’omonimo libro, è interpellato e sviscerato in tutte le sue sottocategorie: dal più comune rifiuto sentimentale a quello editoriale, dalla marginalizzazione sociale alla perversione sessuale.

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I personaggi di Tony Tulathimutte sono, almeno così ci appaiono all’inizio dei racconti, persone più o meno comuni: c’è chi si crede un femminista convinto, quando in realtà vorrebbe solo piacere alle ragazze; chi soffre di disturbi alimentari e dipendenza affettiva, e chi sogna strane perversioni sessuali senza avere mai davvero il coraggio di abbandonarvisi. E tutti loro sono stati in qualche modo rifiutati.

Un trentenne soffre della propria verginità dopo aver collezionato un incalcolabile numero di rifiuti femminili, mentre Alison sviluppa un’ossessione morbosa per il suo migliore amico perché non accetta di essere stata friendzonata dopo una sola notte insieme.

Il mondo digitale, i social network e le chat di Whatsapp sono il territorio fertile in cui questi personaggi costruiscono o pensano di costruire la propria corazza, ma anche quello in cui la vedono sfaldarsi in mille pezzi. Insomma, fino a qui niente in cui non ci si possa immedesimare o in cui non si possa imbattere anche una comunissima esistenza ordinaria.

Tony Tulathimutte nella foto di Clayton Cubitt

Tony Tulathimutte nella foto di Clayton Cubitt

Ma è a questo punto che interviene la penna esilarante e macabra di Tulathimutte. È questo il momento in cui l’autore decide di esasperare la sofferenza di questi personaggi, di tirare il filo per vedere fino a quanto si allunga, prima di spezzarsi.

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È vivido il modo in cui l’autore mostra le reazioni, spesso folli, a cui il rifiuto può portare chi ne è colpito e non ha gli strumenti – soprattutto psicologici – per gestire la ferita. E noi che leggiamo rimaniamo incollati a queste condotte così maniacali, siamo attratti dalla depravazione di questi personaggi.

I racconti di Rifiuto strappano più di un sorriso, ma lasciano l’amaro in bocca. Perché, mentre descrive i suoi personaggi, mentre inganna chi legge a credere che si tratti di casi limite, di individui ai margini della società, Tony Tulathimutte, in realtà, sta parlando di noi.

Sì, di noi. Sappiamo davvero gestire un rifiuto? Possiamo giurare di non perdere la testa stalkerando tutti i profili social del nostro ex? Di non supplicarlo di tornare con noi, per poi ricoprirlo di insulti su Whatsapp se non vuole farlo? Siamo tutti così risolti, superiori, razionali?

Sono queste le domande su cui Tony Tulathimutte, con una prosa ai limiti del volgare, fresca e attualissima, vuole interrogare chi legge Rifiuto.

Non basta sentenziare, non basta riconoscere il germe della perversione, ma è urgente domandarsi: e io? Io come reagirei? E a quel punto, fare la cosa giusta. O, almeno, non quella sbagliata.

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