“La tecnologia sta cambiando i rapporti e i giochi di potere, ma non è una soluzione efficace: non si può scappare dalla realtà, nascondendosi dietro di essa. Prima o poi ci si deve incontrare di persona: e lì il problema del potere – e del suo abuso – resta”, racconta Sally Rooney a ilLibraio.it. Nel suo romanzo, “Parlarne tra amici”, riflette sulle relazioni, sulla mente e il corpo delle giovani, in particolare della sua protagonista, Frances, perché “siamo arrivati al momento in cui il corpo della donna si sta facendo spazio nelle narrazioni”, al di fuori di stereotipi. E così Rooney, che apprezza le opere di autrici che “non hanno avuto paura di esporsi”, ma soprattutto ama Joyce, ha scritto un romanzo che dà voce ai millennials… – L’intervista

Frances e Bobbi, due ragazze poco più che ventenni, sono il nucleo del romanzo ormai sulla bocca di tutti, Parlarne tra amici della ventisettenne irlandese Sally Rooney (traduzione di Maurizia Balmelli, Einaudi). Campionessa di dibattito ai tempi del liceo, Rooney sembra aver sfruttato eloquenza e capacità analitica per scrivere in tre mesi quello che appare uno dei racconti più lucidi fatti finora dei millennials.

sally Rooney

Frances, l’io narrante del romanzo, e Bobbi, la sua migliore amica nonché ex fidanzata dei tempi del liceo, hanno ventuno anni, sono brillanti, frequentano l’università e hanno tutte le carte in regola per diventare chiunque vogliano essere. Quando incontrano Melissa e Nick, una coppia di artisti di una decina d’anni più grandi, Frances si prende una cotta per lui, Bobbi per lei. E da qui l’amicizia senza limiti tra le due sembra andare a rotoli.

Viste le premesse Parliamone tra amici potrebbe sembrare un altro dei romanzi tanto in voga oggi, sull’amicizia femminile e gli ostacoli che deve affrontare, invece è una questione diversa, questa: Bobbi e Frances si sono amate, probabilmente si amano ancora. Bobbi addirittura è stata la primissima relazione per Frances. Così come Nick è il primo uomo con cui va a letto. Parliarne tra amici, quindi, è prima di tutto un romanzo sul desiderio. E sull’identità.

sally Rooney

Foto di ©Jonny L Davies

Come se non bastasse, Frances ha alle spalle un passato difficile, una relazione quasi inesistente con il padre, che si riflette sulla sua vita quotidiana, sull’incapacità di fidarsi degli altri. E sull’insicurezza cronica che la spinge a mettersi in discussione ogni giorno.

Il romanzo, ambientato a Dublino, una città raccontata con realismo, a partire dall’antico sfarzo del Trinity College, fino al problema della mancanza di immobili, descrive con uguale veridicità i nostri tempi, dalle comunicazioni mediate ed “editate” via email e messaggio, fino al bisogno di sentirci indispensabili e, soprattutto, speciali.

Per discutere di questi aspetti del romanzo, ma non solo, ilLibraio.it ha intervistato la sua autrice, Sally Rooney.

Nel romanzo i protagonisti sono così realistici grazie a difetti, comportamenti contraddittori, insicurezze: com’è giunta a questi personaggi che potrebbero essere persone che conosciamo?
“Pensando al romanzo e scrivendolo, i personaggi erano diventati reali per me, sapevo cosa avrebbero fatto nelle varie situazioni e cosa avrebbero pensato. La sfida è stato capire come comunicare questa verosimiglianza anche ai lettori”.

E come l’ha affrontata?
“Da un lato mi sono state d’aiuto le letture che ho fatto durante la stesura, ma ho anche usato la mia esperienza: volevo scrivere un libro che desse voce ai millennials, una generazione di cui sono parte anch’io”.

Il romanzo è ben inserito in uno spazio temporale molto verosimile anche grazie a elementi come la presenza di Netflix e Facebook. Tuttavia i suoi personaggi preferiscono scriversi per email e non fanno uso dei social media, se non per scriversi in chat. Come mai?
“In base all’età, cambia la percezione della presenza dei social media nel romanzo: persone più anziane di me ne notano la presenza, lettori più giovani, invece, ne sottolineano la mancanza. Probabilmente è una questione generazionale. Per quanto riguarda l’uso dei social nel libro, semplicemente non credo che i personaggi del romanzo siano tipi da esporsi online e postare la loro vita privata. Soprattutto per quanto riguarda Frances, che ha una personalità molto riservata. Me la immagino più come una ragazza che controlla il feed di Twitter, ma che non twitterebbe mai. Un po’ come faccio io stessa”.

Il rapporto di Frances con il suo corpo è anche fatto di autolesionismo ed è segnato dalla presenza di una patologia. Un tema, quello del corpo femminile visto come specchio dell’interiorità, che troviamo sempre più spesso nei libri. Siamo arrivati finalmente a un riconoscimento del corpo femminile al di fuori degli stereotipi?
“Sembra sia ancora una sfida raccontare il corpo delle donne senza sessualizzarlo o cadere nel body horror, ma soprattutto senza renderlo un oggetto. Con tutti gli esempi di donne raccontate come oggetti, non è stato facile scrivere di una donna soggetto. Ma siamo arrivati al momento in cui il corpo della donna, qualsiasi donna, si sta facendo spazio nelle narrazioni”.

Frances ha un appuntamento con un ragazzo, conosciuto su Tinder, che prende una piega grottesca. Con Nick, invece, porta avanti una comunicazione fatta soprattutto di messaggi ed email. Aspetti che non possono che richiamare Cat Person, il racconto cult degli ultimi mesi. La tecnologia sta cambiando le relazioni?
“La tecnologia sta influenzando soprattutto le relazioni tra i generi. Frances si sente diversa quando inizia la sua relazione con Nick e comunica con lui tramite email, sente di avere il controllo: può editare quello che scrive e trasmettere una versione di sé più sicura. Quando invece lo incontra di persona è più vulnerabile, arrossisce, non può controllare il suo modo di apparire. Quindi, sì, la tecnologia sta cambiando i rapporti e i giochi di potere, ma non è una soluzione efficace: non si può scappare dalla realtà, nascondendosi dietro la tecnologia. Prima o poi ci si deve incontrare di persona: e lì il problema del potere – e del suo abuso – resta”.

Nel romanzo cita il ritorno in libreria di I love Dick di Chris Krauss, un libro spesso citato durante l’ultima ondata di femminismo. In qualche modo quest’ultima ha influito sulla stesura del romanzo e la definizione della protagonista?
“Certamente. Ho letto I love Dick di Chris Krauss, ma anche Sheila Heti e Maggie Nelson, scrittrici che raccontano le donne al di fuori dei soliti canoni e che, soprattutto, adottano un punto di vista molto personale, senza paura di esporsi”.

Sappiamo del suo disprezzo per Yeats, estrernato nel romanzo e anche in alcune interviste, in cui sottolinea la vicinanza dell’autore al fascismo. Chi sono invece i classici che ama?
“Ammiro molto James Joyce, al college ho letto quasi tutto ciò che ha scritto, compreso il dramma teatrale Esuli e alcune sue poesie. Per me è uno dei più grandi modernisti: era capace di scrivere con una prosa coinvolgente, ma sempre prestando attenzione agli altri esseri umani. Inoltre, da quello che ho letto, Joyce non è stato influenzato dall’estetica e dall’ideologia fascista. Quindi ammiro la visione della letteratura di Joyce, così come le opere straordinarie che ha prodotto”.

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