“Penso a chi, come me, dopo anni passati a inseguire obiettivi socialmente condivisibili, ha sentito la necessità urgente di cambiare orizzonte e riscoprire la propria creatività…”. Su ilLibraio.it la riflessione di Francesca Sangalli, in libreria con il romanzo “A Londra non serve l’ombrello – Volevo solo cambiare vita!”
Quello della “rinascita altrove” raccontato anche nel mio romanzo A Londra non serve l’ombrello (Giunti), è un sogno che sta diffondendosi sempre di più anche trasversalmente: può sbocciare in contesti, generazioni, orientamenti e provenienze culturali differenti. Penso a chi, come me, dopo anni passati a inseguire obiettivi socialmente condivisibili, ha sentito la necessità urgente di cambiare orizzonte e riscoprire la propria creatività.
È molto probabile che a scatenare il desiderio di trasmigrare (cambiare abitudini, terra sotto i piedi o lavoro), così diffuso in questi anni, sia stato indirettamente il periodo del lockdown, forse proprio grazie all’alternativa fornita dallo smartworking e alla facilità di accesso a paesi linguisticamente diversi, in parte superata dai software di traduzione.
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Questo cambiamento radicale ha trasformato l’idea utopistica di rinascita in un concetto meno astratto e ha rivelato un bi-sogno condiviso collettivamente e simile al mio: non più scaturito dall’idea di raggiungere un’ideale realizzazione personale o lavorativa, ma dall’esigenza di sentirsi vivi, meno scollegati, più implicati nelle proprie scelte esistenziali. È in questo spazio che può succedere quello che è capitato alla protagonista della mia storia (il mio alter ego), ovvero l’emersione di quello che Jung definisce lo “spirito del profondo”: una forza interiore che ci spinge verso l’autenticità, verso ciò che abbiamo sacrificato per aderire allo “spirito del tempo”, fatto di aspettative, conformismo, ruoli sociali.
E dunque l’avventura prende slancio proprio da questo stato di paralisi, soffocata da pressioni esterne e da traiettorie già segnate, disarmoniche rispetto a un sentire più intimo e personale.
Se l’individuazione personale è il processo attraverso il quale ci si distacca dalle influenze collettive per realizzare la propria unicità, quando per troppo tempo si nega questa ricerca ci si ritrova come me sopraffatti dalla paura di vivere, ancorati alla panchina verde di un parchetto, in attesa che la grande occasione piova dal cielo.
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Londra come città è capitata un po’ per caso: un’opportunità di cambiamento e che abbiamo colto al volo, famiglia al completo, con una certa folle frenesia e con quel divertimento spaventato tipico delle grandi avventure. La giungla urbana in cui destreggiarsi si è rivelata salvifica per la mente e posso dire che ho scoperto che, nonostante si pensi di partire ben equipaggiate, con tanto di mezzaluna per tritare il prezzemolo, non esiste un modo per prevedere l’inconveniente o ripararsi dall’incertezza. Non ci sono ombrelli che tengano: il cielo cambia troppo in fretta per inseguirlo con lo scudo alzato. Devi alzarti, bagnarti, e camminare comunque. Quello che si prefigurava terrificante potrebbe rivelarsi addirittura ridicolo e giocoso.
Il libro nasce da un quaderno di appunti che tenevo sempre con me per annotare i rimuginamenti notturni, fotografare le mie disavventure ansiose e tradurre in poesia la sfilata di personaggi che popolavano le mie giornate. Passeggiando per una città incredibile sulle orme della scrittrice Virginia Woolf, ho scoperto la bellezza di ammirare con nuovi occhi i viali alberati o i parchi evocati nei suoi magnifici romanzi, alla ricerca, infine, di un nuovo slancio creativo.
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Questo sogno di trasformazione tinge la storia di sfaccettature ironiche e paradossali, talvolta frutto di pura invenzione. C’è una nuova forza che spinge il mio alter ego tra incidenti di percorso e situazioni che ogni volta mettono alla prova l’ansia. Forse ci si può riscoprire energiche nel contrastare le avversità e tenere saldo il timone. La forza diventa dunque un nuovo inaspettato strumento interiore: non più una reazione o una corazza, una forma di aggressività subita o esercitata ma una risorsa intima e sorprendente.
Forse questa ricerca non mi ha portato ad essere una personalità “risolta” ma di certo mi ha dato la possibilità di rivalutare il potere dei sogni, delle metafore, dei riti e delle soglie da attraversare.
L’AUTRICE – Quando arrivano i temuti quaranta, la protagonista di A Londra non serve l’ombrello – Volevo solo cambiare vita! (Giunti), romanzo di Francesca Sangalli (foto di Laila Pozzo), si sente persa da tempo, intrappolata in una routine monotona e frustrante: la difficoltà a conciliare il lavoro da scrittrice freelance e il ruolo di mamma, le mille preoccupazioni di ogni giorno, l’angoscia di invecchiare, la ripetitività delle sue giornate. Ma tutto cambia nel momento in cui il destino le mette davanti una possibilità: perché non lasciarsi alle spalle ogni cosa per alcuni mesi e trasferirsi a Londra? Vero, non sarà la capanna nei boschi di Thoreau o un ritiro spirituale in India, ma quando devi organizzare una fuga con marito, figlio e gatta anche un’avventura in una giungla urbana può andare bene.
Tra incomprensioni linguistico-culturali, infestazioni di tarme londinesi nella casa scalcagnata a quasi Notting Hill e la morte della regina Elisabetta II, l’adattamento nella metropoli non è dei più semplici. Ma le cose cambieranno nel corso dei mesi. Che sia Londra, con la sua varietà infinita di luoghi, persone e avventure, a ridare alla protagonista la spinta per ritrovare se stessa e per scoprire che non t’importa più di aprire l’ombrello quando piove?
Sangalli, milanese classe ’80, insegna scrittura creativa ed è sceneggiatrice e consulente editoriale. Autrice di diversi spettacoli teatrali (tra cui l’adattamento di Le otto montagne di Paolo Cognetti), e di testi comici per Alessandra Faiella, Loris Fabiani, Lucia Vasini e Maurizio Crozza, firma una commedia brillante e, al tempo stesso, il ritratto di una donna alla ricerca del suo posto nel mondo.
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