“Solo quando ridi di qualcuno vuol dire che gli vuoi bene”. Roberto Mercadini, scrittore e attore teatrale classe ’78 (noto anche grazie al proprio canale YouTube) ne “La donna che rise di Dio” riporta una carrellata di “prescelti improbabili”, guidando lettrici e lettori tra le pagine ardenti delle Sacre Scritture. ilLibraio.it ha incontrato lo storyteller cesenate per parlare di Bibbia, letteratura e divulgazione. L’intervista è l’occasione per un’immersione tra i passaggi della Bibbia che, catapultando degli eroi improvvisati nel bel mezzo di situazioni apocalittiche, mettono in luce tutte le idiosincrasie di uomini e divinità…

Dio è doppio. Voglio dire che ce ne sono almeno due: il Dio della teologia e quello della narrazione biblica. Il primo è perfetto, onnipotente, onnisciente, infinitamente amorevole. E, per questo, è inservibile ai fini di una narrazione. […] Il Dio della narrazione biblica, al contrario, è un personaggio magnifico perché in continuo mutamento, pieno di difetti, di limiti, di paure, di scoppi d’ira, di meschinità, di eccessi. […] Qui sta il fascino irresistibile del suo personaggio“.

Ed è proprio sulla seconda rappresentazione che Roberto Mercadini, scrittore, autore di monologhi e attore teatrale classe ’78, noto anche grazie al proprio canale YouTube (seguito da 177mila follower), si focalizza nel suo ultimo libro: La donna che rise di Dio (Rizzoli).

Dopo l’esordio per la stessa casa editrice con Storia perfetta dell’errore e il successo di Bomba atomica (vincitore del torneo letterario di Robinson del 2021) e de L’ingegno e le tenebrein cui trattava, rispettivamente, la storia vera dell’ordigno più potente del mondo e la rivalità tra i geni artistici Leonardo e Michelangelo – nella nuova uscita il teatrante romagnolo prende invece in esame il libro più venduto di sempre, la Bibbia.

Dopo essersi laureato in ingegneria elettronica e aver lavorato a lungo come ingegnere informatico, Mercadini ha deciso di cambiare vita e dedicarsi a tempo pieno all’attività teatrale di monologhista, alla poesia, alla scrittura e alla registrazione di podcast (tra gli altri, Parole Preziose per Audible, con la collaborazione di Rick Dufer). Inoltre, da gennaio 2023 è ospite della trasmissione Splendida cornice su Rai 3.

Ne La donna che rise di Dio, l’autore racconta storie che hanno come protagonisti i personaggi più venerabili della Bibbia: da Abramo a Mosè, passando per Davide e Salomone. Figure autorevoli, diventate dei veri e propri archetipi, ma per questo non esenti da difetti. Anzi, l’esatto opposto…

Sono infatti tutti individui segnati da una moltitudine di colpe, destinati a coprirsi di ridicolo o a peccare, di fronte o alle spalle di Dio. Un Dio che tutto vede e tutto può ma che, al contrario di quanto si possa comunemente pensare, non è un esempio di virtù morale. L’Altissimo, il più delle volte, si rivela infatti inaffidabile: dice una cosa e poi ne fa un’altra, prende decisioni di cui presto si pente, compie un’azione per poi tornare precipitosamente sui suoi passi. Insomma, un Dio idiosincratico e irrazionale, e per questo motivo estremamente interessante dal punto di vista narrativo.

Abbiamo intervistato lo storyteller cesenate per discutere di Bibbia, letteratura e divulgazione, e per sviscerare quei passaggi del Testo Sacro che, catapultando dei “prescelti improbabili” nel bel mezzo di situazioni apocalittiche, mettono in luce tutte le idiosincrasie di uomini e divinità.

La donna che rise di Dio di Roberto Mercadini

Ne La donna che rise di Dio si addentra tra le ardenti pagine delle Sacre Scritture sviscerando, in maniera discorsiva e aneddotica (potremmo dire “desacralizzata”, puramente narrativa) episodi ormai sedimentati nella memoria collettiva. Dov’è nata l’idea di questa particolare rilettura?
“Questa idea è nata diversi anni fa, nel 2008, quando ho creato un monologo sulla Bibbia ebraica. Qualche anno dopo la mia agente mi ha chiesto: ‘Per caso hai ancora il testo di quel monologo, perché lo vorrei far leggere al capo dell’agenzia, Marco Vigevani (fondatore e amministratore delegato di The Italian Literary Agency, ndr). Ho risposto, certamente! Una volta letto, Marco mi ha scritto entusiasta, mi ha detto che alcune cose non le sapeva e che gli avevo fatto voglia di rileggere e studiare la Torah. Me lo ha praticamente ordinato: il prossimo libro lo devi scrivere sulla Bibbia! E, neanche a dirlo, mi sono entusiasmato…”.

Perché?
“Perché non studiavo la Bibbia e non traducevo dall’ebraico da 15 anni! Quando è arrivato il Covid e tutti ci siamo chiusi in casa, le persone hanno riscoperto vecchie passioni: mia moglie, ad esempio, si è rimessa a fare il pane e la focaccia; quanto al sottoscritto, mi sono rimesso a tradurre dall’ebraico! Ho realizzato anche dei video in cui parlavo della Bibbia e della lingua ebraica. All’idea di scrivere un libro sulla Bibbia non stavo più nella pelle; quindi ho ripreso il mio monologo iniziale, che tratta il breve episodio di Giona, e ho iniziato subito a lavorarci”.

Quali sono state le sue ispirazioni per questo lavoro?
“Un autore che è stato molto importante è sicuramente Erri De Luca. Essendo uno studioso dell’ebraismo, ha scritto diversi libri di traduzione di testi sacri in cui racconta storie della Bibbia. Un po’ come ho fatto io: a ogni capitolo corrisponde un episodio diverso. Tra i testi di Erri De Luca che citerei ci sono senza dubbio Nocciolo d’oliva, Una nuvola come tappeto e Le sante dello scandalo. Sostanzialmente il mio libro è costruito allo stesso modo, anche se lo stile è ovviamente diverso. Ad esempio, io ho una propensione all’ironia e alla comicità diversa dalla sua”.

Tra i tanti episodi che tratta, ne potrebbe citare uno che le è rimasto nel cuore? Un passaggio che l’ha colpita e in cui, in qualche modo, si identifica?
“Il capitolo che dà il titolo al libro lo sento mio in modo particolare. Il fattore della risata, il fatto che una donna possa ridere di Dio e, così facendo, adempiere alla promessa dello stesso Dio, lo trovo incredibile! Alla fine del capitolo dico che forse non amiamo veramente una persona finché non ne abbiamo riso. Potrebbe sembrare quasi una provocazione, ma è un pensiero che sento davvero mio…”.

Potrebbe spiegarcelo?
“Partiamo dal presupposto che tutti siamo imperfetti. Detto ciò, credo che il nostro amore verso le persone implichi anche un certo grado di rabbia per gli errori che hanno commesso e per le loro imperfezioni. Una rabbia che si trasforma inevitabilmente in tenerezza. Solo quando ridi di qualcuno vuol dire che gli vuoi bene davvero, che riesci a stabilire un contatto intimo e unico”.

Ci sono altri capitoli che le sono rimasti nel cuore?
“Un capitolo che ho amato scrivere e quello intitolato Le donne che vinsero la guerra. Sì, perché ci sono delle dinamiche di ruoli e potere fenomenali. Quando Giaele uccide Sisara attirandolo nella tenda, instaurando un rapporto psicologico in cui lui si affida a lei come se fosse una madre, in cui lui le chiede dell’acqua e lei gli dà del latte come se fosse un poppante, coprendolo, bloccandolo e poi uccidendolo con un picchetto della tenda… mi sembra un episodio di una forza dirompente! La Bibbia a volte è molto rozza nella narrazione: ci sono dei buchi narrativi e delle lacune dal punto di vista logico e psicologico. In questo caso, invece, trovo che sia presente una grande raffinatezza nella narrazione”.

Parlando invece del suo lavoro, può introdurci la sua attività divulgativa e teatrale?
“Se mi dovessi definire in un modo sintetico direi che sono un narratore. La particolarità è che declino l’atto del narrare in diverse forme: dai libri al palco, passando per i video sui social. Sono una persona curiosa, che vorrebbe sapere tutto e che tenta di studiare tutto. L’unica cosa di cui ho un impellente bisogno è di raccontarmi delle storie, riorganizzarle e darle così un ordine diverso. Non sono capace di ripetere un concetto così come mi è stato insegnato o come l’ho imparato leggendo da un libro”.

Come svolge questo processo di riformulazione?
“Per rielaborare i concetti faccio numerosi esempi, creo delle metafore, prendo un aspetto che è distonico e insisto su di esso finché non diventa quasi comico. E allora, quando completo il processo di comprensione, mi ritrovo spesso con una narrazione che ho bisogno di condividere. L’atto di studio e di apprendimento non è concluso davvero finché non sono riuscito a raccontarlo a qualcun altro”.

Lei si è definito in passato (con una bizzarra tautologia) “Poeta Parlante”, può darcene una definizione?
“Quando l’ho coniata era una definizione ironica e polemica, ad oggi penso che abbia fatto il suo tempo… Si trattava essenzialmente di questo: ho sempre scritto poesie per recitarle davanti a un pubblico, davanti a persone che mi guardavano in faccia mentre io le guardavo a mia volta. Mi ritrovavo però attorniato da un mondo poetico con una sensibilità completamente diversa. Persone interessate più alla pubblicazione che non a recitare e declamare versi. Più volte mi è successo di assistere alla lettura di poesie scritte da poeti che non avevano nessun interesse nella comunicazione, che le leggevano in un modo quasi svogliato!”.

Come reagiva?
“A me sembrava un ossimoro: questi sono poeti che usano la parola, ma allo stesso tempo rifiutano la comunicazione. È per quello che ho coniato questa espressione quasi tautologica: ‘Poeta Parlante’. Adesso dico che ha fatto il suo tempo perché hanno preso il via numerose pratiche che mettono in risalto l’espressività e l’oralità, ad esempio la Poetry Slam. Ci sono molti poeti che sono anche e soprattutto performer, che sanno stare bene su un palco. Volendo a tutti i costi fare una critica, oggi si potrebbe dire che i poeti sono più performer che scrittori, che l’accento si è spostato sull’esibizione, piuttosto che sul testo”.

Quanto è importante riscoprire l’oralità oggi? E come riesce a veicolare la sua potente arte oratoria anche attraverso la scrittura?
“La parola orale ha una potenza che lo scritto non può avere. Nell’oralità non c’è solo la grammatica, non è solo pura parola ma anche fisicità, emissione della voce e regolazione del tono. È un’arte fatta di espressione facciale e gesticolazione. Quando si scrive, se non si sta attenti, si rischia di andare dietro all’eleganza delle parole, di seguire la consuetudine del testo. Può capitare di avere uno stile di scrittura impersonale e questo è un pericolo: nessuno parlerebbe mai così! Per questo motivo, quando scrivo tento di imitare l’oralità, in modo che si percepiscano comunque il mio modo di parlare e i miei ritmi. Naturalmente, se scrivessi il testo esattamente come parlo il risultato sarebbe sciatto. Allora, per non risultare ingessato da una parte o scialbo dall’altra, compio un lavoro di adattamento, per avere lo stesso effetto sul palco e sulla pagina”.

Ci sono dei riscontri da questo punto di vista?
“Assolutamente sì! Sono molto contento quando mi dicono: ‘Durante la lettura del libro ho sentito la tua voce, mi sembrava di averti lì vicino’. Ecco, questo è proprio l’effetto che ricerco durante il processo di scrittura. Un fattore che mi torna utile anche in altri contesti… Durante la registrazione dei miei audiolibri mi dicono spesso che procedo a passo spedito e io rispondo sempre: il motivo è che scrivo il testo già da immaginando la mia futura lettura”.

ROBERTO MERCADINI A TEATRO – Riportiamo qui di seguito le date di ottobre degli spettacoli in giro per l’Italia del teatrante romagnolo.

Venerdì 20 ottobre (21:00 – 23:30)
L’ORLANDO FURIOSO
Cinema Teatro M.Olivero – Via Palazzo di Città, 15, 12037 Saluzzo CN

Domenica 22 ottobre (21:00 – 23:30)
LITTLE BOY. STORIA INCREDIBILE E VERA DELLA BOMBA ATOMICA
Teatro Ristori, Via Teatro Ristori, 7, 37122 Verona VR

Martedì 24 ottobre (21:00 – 23:30)
LA PIÙ STRANA DELLE MERAVIGLIE
Teatro Rossini, Piazza Lazzarini, 1, 61121 Pesaro PU

Domenica 29 ottobre (21:00 – 23:30)
SE FOSSI LA TUA OMBRA MI ALLUNGHEREI A MEZZOGIORNO
Sala Antonioni del Teatro Supercinema, P.za Guglielmo Marconi, 1, 47822 Santarcangelo di Romagna RN

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