Ne “La parola a don Chisciotte” il filosofo e divulgatore digitale Rick Dufer (vicentino classe ’87) ricerca nei capolavori del passato importanti lezioni per il presente. E per farlo intavola nei Cogito Studios – teatro delle live quotidiane sul suo canale YouTube – dialoghi immaginari con grandi personaggi della letteratura… In occasione dell’uscita del suo nuovo libro, ilLibraio.it lo ha intervistato per un confronto su filosofia, letteratura e divulgazione, passando per quei classici (più o meno contemporanei) che ancora oggi sono capaci di parlare e di parlarci…

“I grandi libri del passato parlano a me, svelano le mie debolezze, mi impongono di guardare in profondità per scovare difetti e riconoscere me stesso. I libri mi recensiscono da sempre, i loro personaggi muovono critiche e mettono a nudo le mie finzioni“.

In questa citazione tratta da La parola a don Chisciotte (Feltrinelli), è racchiuso l’intento principale del filosofo, performer teatrale e divulgatore classe ’87 Rick Dufer: ricercare nei capolavori del passato lezioni per il presente. Il tutto intavolando nei Cogito Studios – teatro delle live quotidiane sul suo canale YouTube e del podcast Daily Cogito che si trova su Spotify, iTunes e Spreaker – dialoghi immaginari con grandi personaggi della letteratura…

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Da Lord Voldemort, temuto antieroe di Harry Potter di J.K. Rowling, a Winston Smith di 1984, servile protagonista della distopia di George Orwell (qua trovate altri titoli da recuperare se siete appassionati del genere); dall’amichevole Sam Gamgee de Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien, passando per l’oscuro Cthulhu, inquieta creazione di H. P. Lovecraft.

Ne La parola a don Chisciotte troviamo raccolte nove Cogitate (termine che identifica gli scambi dialogici di Rick Dufer – pseudonimo di Riccardo Dal Ferro – con gli ospiti più disparati) in cui il filosofo vicentino indaga tematiche esistenziali utilizzando i classici come occasione di confronto, incontro e scambio di prospettive. L’autore a questo proposito evidenzia nell’introduzione: “I libri, e i personaggi nei libri, non sono lettera morta, ma occasione di viva conversazione“.

Abbiamo intervistato Rick Dufer (il cui canale YouTube è seguito da 187mila iscritti) per discutere di filosofia, letteratura e divulgazione, passando per quei testi (più o meno contemporanei) che ancora oggi sono capaci di parlare e di parlarci.

La parola a don Chisciotte Rick Dufer

Ne La parola a don Chisciotte si cimenta in un dialogo con alcuni grandi personaggi della letteratura, rendendosi a sua volta un personaggio (come Jorge Luis Borges, che ne L’artefice scinde il sé “personaggio pubblico”, che ritrova stampato tra le pagine di libri e bibliografie, dal proprio “io cosciente”). Dove è nata l’idea di questo dialogo ipotetico?
“Borges è una delle ispirazioni più importanti per tutto il mio lavoro, in particolare per questo specifico espediente narrativo. Questo approccio nasce sicuramente dal mio rapporto con la letteratura”.

Ci spieghi.
“Ho sempre considerato la lettura di romanzi come un dialogo con personaggi scomodi. Le storie non sono altro che modi per conversare con personalità letterarie che mi possano dire cose che altrimenti non avrei mai trovato. Per questo motivo è stato naturale adottare tale espediente: è proprio ciò che accade nella mia testa quando leggo certi romanzi”.

Quando ha deciso di rappresentare questo “gioco di finzioni” – sempre citando Borges – sotto forma delle sue caratteristiche Cogitate?
“Dal punto di vista contenutistico, questa scelta nasce da momenti differenti. Uno di questi è sicuramente l’essermi imbattuto nelle recensioni su Amazon di alcuni capolavori della letteratura. Quando un utente dice che Moby Dick è un libro troppo verboso e che si disperde troppo nei capitoli sulla caccia alla balena… insomma, c’è qualcosa che non va. Da qui è nata l’idea di dire: ‘Perché siamo noi a giudicare i libri, quando dovrebbero essere loro a metterci in discussione? Che cosa direbbe Dracula di noi? E Voldemort? Cosa penserebbero questi grandi personaggi della letteratura passata di come noi viviamo e di come ci relazioniamo alle cose al mondo?’. Accanto a tutto questo ho scelto di inserire le Cogitate – il format in cui faccio con persone reali quello che ho fatto con i personaggi di finzione – ed è stata la ciliegina sulla torta. È fondamentale avere un atteggiamento di scoperta reciproca che è incarnata proprio dal dialogo”.

E così ha trovato il coraggio di ospitare Lord Voldemort e Cthulhu nei suoi Cogito Studios…
“Penso che sia stata proprio la voglia di scambio di cui parlavo prima a darmi la forza per ospitare certi personaggi ‘scomodi’. O forse è solo pazzia… ma, come direbbe Simba ne Il re leone, ‘io rido in faccia al pericolo! Ah ah ah'”.

Parlando proprio di finzioni, nell’introduzione scrive: “I libri mi recensiscono da sempre, i loro personaggi muovono critiche e mettono a nudo le mie finzioni”. Oggi quanto è importante riscoprire opere di narrativa di molti secoli, se non millenni, fa?
“È fondamentale, dovremmo tornare a guardare con autocritica la nostra vita. Per molto tempo abbiamo pensato che la storia fosse finita, quando in realtà, come abbiamo visto negli ultimi anni, le ‘sorprese’ non sono mancate… detto questo, credo che i libri abbiano la funzione di prepararci al momento in cui le cose cambiano. Ho sempre vissuto la letteratura come un modo per allenarmi a trovare sensazioni positive e negative che ancora non ho trovato, ad adottare prospettive sul mondo che ancora non ho incontrato”.

Può farci un esempio di un autore di narrativa che nei suoi romanzi parla “tra le righe” del nostro presente?
“Uno dei miei maestri, da questo punto di vista, è José Saramago. In Cecità e ne Le intermittenze della morte lo scrittore portoghese mi ha fatto provare sensazioni nuove. Mi rendo conto che aver letto quei libri – e quindi essermi messo sotto uno sguardo autocritico – mi ha preparato al momento in cui avrei vissuto determinate esperienze (il parallelismo fra Cecità e la pandemia è evidente, nda). Ecco allora che diventa fondamentale tornare a guardare alla letteratura non più come a un divertissement, mera evasione, ma come un vero e proprio allenamento alla futura fatica e ai futuri desideri. Quando ne parlo, a molti giovani si apre davanti un mondo, perché non hanno mai inteso la lettura in questo modo…”.

Durante il dialogo con il temuto conte Dracula, quest’ultimo la definisce, con malcelato dubbio e imbarazzo, “filosofo digitale”. Il Rick personaggio non si oppone (e chi lo farebbe mai), ma come definirebbe il suo lavoro senza un paio di canini insanguinati davanti gli occhi?
“Ammetto di essere diventato un po’ allergico alle etichette… Mi sono reso conto che sono soltanto un’arma che dai agli altri per farti del male. Nel tempo ho ‘lottato’ per far sì che la mia figura di divulgatore digitale fosse percepita come quella di un filosofo. In fin dei conti, il mio primo libro, Elogio dell’idiozia, è di filosofia. La stessa cosa vale anche per Seneca tra gli zombie e per tanti video dove espongo ragionamenti filosofici. Ho combattuto per dire: ‘No, io voglio che il mio lavoro – per quanto sviluppato sul web – venga riconosciuto come quello di un filosofo, di un intellettuale e via dicendo…’. Mi sono accorto però di due cose…”.

Quali?
“La prima è che chi mi criticava andava a toccare, come primo punto, proprio il fatto che, a detta loro, non sono un filosofo; in secondo luogo, mi sono reso conto che in realtà non me ne importa nulla di come vengo definito. Ho quindi cominciato a lasciare le etichette agli altri. Se uno mi vuole definire filosofo bene, se uno vuol definirmi divulgatore ottimo e se invece vogliono darmi dell’ornitorinco… a me sta benissimo! Insomma, da quando ho smesso di definirmi, sto molto meglio. Mi definisco solo come un essere umano che ha la fortuna di vivere grazie alle proprie passioni, la filosofia e la letteratura. Quanto a Dracula, quindi, può pure chiamarmi come vuole, anche lauto pasto…”

Parlando di filosofia. In che modo può essere una chiave di lettura dell’attualità e uno strumento di analisi per il presente (dalla politica fino ai fenomeni pop)?
“Rispondo con una provocazione: questa è una domanda che non verrebbe mai posta a un idraulico, a un elettricista o a un fisico teorico. In questi casi noi vediamo immediatamente la diretta applicazione. La domanda denota il fatto che noi, spesso e volentieri, abbiamo difficoltà a capire qual è l’impatto concreto di questa disciplina sulla realtà. Ma la filosofia è veramente come l’idraulica e possiede una serie di strumentazioni e un linguaggio che ci serve per affrontare i problemi che incontriamo ogni giorno. Come faccio a fidarmi di vivere esperienze reali e non fantasie? O ancora, come faccio a fidarmi del ricordo che sto ripercorrendo? Queste sono domande che, pensandoci bene, ci poniamo tutti almeno una volta nella vita. Come le definisco nel mio Seneca dagli zombie, si tratta di problemi illimitati, cioè le cui variabili sono potenzialmente inesauribili. E la filosofia fa esattamente questo: cerca di darci strumenti ponendo delle domande in modo non banale, analizzando questi problemi sotto prospettive continuamente diverse. Questo è un approccio molto concreto, che impatta direttamente le nostre vite e che ci permette di sviluppare l’atteggiamento giusto per non cadere in convincimenti sbagliati e illusioni superstiziose. La filosofia è quindi un tentativo di smascherare i trappoloni, un modo per ricordarsi sempre che ciò che ci aspettiamo dalla realtà non è quello che la realtà poi ci presenterà…”

Nelle sue cogitate vis-à-vis spesso pone agli ospiti la fatidica domanda: “Quali sono 3 libri che ti hanno cambiato la vita?”. Dato che oggi è nostro ospite, vorremmo porgliela noi: quali sono i tre libri che Rick Dufer consiglia?
“Questa domanda la pongo ai miei ospiti così che loro non possano porla a me… ma va bene, questa volta accetto! Ovviamente, qui mi tocca premettere che dovrei citare almeno 30 libri che mi hanno cambiato la vita. Sceglierò due romanzi e un libro di filosofia”.

Cominciamo dai romanzi.
“Il primo è presente anche ne La parola a don Chisciotte, si tratta di Solaris di Stanisław Lem. È il mio romanzo preferito, un libro che mi ha cambiato la vita in molti modi e che rileggo ogni anno. Il secondo romanzo che consiglio è Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut, un testo che mi ha stravolto e che mi ha permesso di guardare alle mie esperienze con un occhio diverso. Mi viene in mente quella frase che l’autore stesso cita spesso: ‘Quando siete felici fateci caso’. La felicità non è la regola, ma l’eccezione di un’esistenza che in realtà ha a che fare con la fatica, con la sofferenza e con le contraddizioni. È un romanzo straordinario, che peraltro parla della guerra in un modo in cui nessun altro ha mai parlato. Sui libri di filosofia è altrettanto difficile quindi barerò, ne dico due, faccio fatica a dirne solo uno…”.

Prego.
“Il primo è il Trattato teologico-politico di Baruch Spinoza. Quando l’ho letto mi ha permesso di compiere un’autoanalisi e mi ha fatto capire quante volte nella vita cado nella superstizione. È un testo veramente totale, liberatorio e che dà tanti indizi su cosa vuol dire ragionare. L’altro libro è Lettere a Lucilio di Seneca. Un’opera che ho sempre sul mio comodino e che spessissimo, prima di addormentarmi, rileggo. Mi aiuta a riordinare la catastrofe che a volte è la vita. Mi permette di guardare ai problemi e alle possibili soluzioni, di guardare alle cose in un modo diverso rispetto a quello a cui siamo abituati…”.

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