“Quando mi sposai mio papà mi disse: ‘Se devi parlare inglese, mi auguro che tu lo faccia con accento siciliano’. Gli risposi: ‘Papà, come faccio a parlarlo con un altro accento?”, ci racconta la scrittrice Simonetta Agnello Hornby, intervistata in occasione della nuova edizione del suo romanzo d’esordio, “La Mennulara”. E sul motivo della nuova uscita di un libro amato dai lettori, confessa: “Ho sentito un senso di dovere nei confronti della povera protagonista: non descrivevo il suo modo aperto e moderno di vedere la vita. E così ho deciso di riscrivere quei capitoli perduti” – L’intervista (in cui parla anche dei suoi prossimi progetti, compreso un libro con Mondadori…)

Simonetta Agnello Hornby è diventata scrittrice quasi per caso: avvocato a Londra, a causa di un ritardo di un volo della British Airways si trova bloccata a Fiumicino. In quelle ore le passa davanti agli occhi una storia, quella della Mennulara. Tornata a casa, inizia a scriverla, e nel giro di poco tempo diventa un’autrice amatissima dal pubblico. Dall’uscita del suo primo romanzo (con Feltrinelli) sono passati sedici anni e quasi una ventina di pubblicazioni, tra romanzi e libri di cucina…

la mennulara

Simonetta Agnello Hornby, la nuova edizione de La Mennulara include dei nuovi capitoli: da dov’è nato il bisogno di ampliare una storia già pubblicata e molto amata dai lettori?
“Ho scritto il romanzo ‘da avvocato’, come quando preparo una causa, un soggetto dopo l’altro: questioni famigliari, sessuali… Ogni soggetto in un file, che va poi a far confluire nel documento finale, da sottoporre al giudice, alla controparte e ai soggetti coinvolti. Così ho fatto per La Mennulara. La sezione che ho aggiunto in questa nuova edizione era racchiusa nel file dedicato al sesso. Siccome scrivevo su un pc, quando sono passata a un Mac, alcuni file sono andati persi, tra cui proprio questo. Quando ho scritto il libro ho pensato che non fosse poi una gran perdita, anche perché non credevo che avrebbe avuto successo”.

Invece…
“Già anni fa l’editrice dell’edizione francese, la prima traduzione de La Mennulara, in un incontro a Parigi mi aveva confessato di aver trovato la seconda parte un po’ stringata. Ovvio che lo era: avevo perso la cartella con le scene d’amore! L’anno scorso ho sentito un senso di dovere nei confronti della povera Mennulara: non descrivevo il suo modo aperto e moderno di vedere la vita. E così ho deciso di riscrivere quei capitoli perduti”.

Lo scorso anno La Mennulara era già stata al centro di un rinnovamento, come graphic novel (pubblicato da Feltrinelli Comics, ndr). Com’è stato vedere i suoi personaggi diventare illustrazioni?
“Bellissimo! Poi io non ho fatto niente. Massimo Fenati, che è un amico, un giorno mi ha confessato un segreto: voleva fare una graphic novel tratta dal mio romanzo. Ha pensato a tutto lui: sceneggiatura, dialoghi, illustrazioni… Per quattro ore al mese andavo da lui a vedere come procedevano i lavori. Ma è stato tutto merito suo!”.

Fin da questo primo libro è stata indicata spesso come una portavoce della “sicilianità” nel romanzo: qual è il legame con la sua terra d’origine, tenendo conto che da più di 40 anni vive a Londra?
“Ci si forma nei primi otto anni di vita, dicono i gesuiti. Io in Sicilia ho trascorso i primi ventun’anni, e poi ci sono tornata spesso, oltre a ricevere le visite frequenti di mia madre e di mia zia a Londra. Tuttora il legame è forte come prima. Certo, alcuni ricordi sono legati a una Sicilia ‘vecchia’. Ma ancor oggi ci vado tre, quattro volte all’anno e tra nipoti e amici ho spesso ospiti siciliani a casa. Sono una siciliana che non vive in Sicilia, quindi non sperimento i lati negativi né quelli positivi del viverci. Ma sono sempre siciliana. Quando mi sposai mio papà mi disse: ‘Simonetta, se devi parlare inglese mi auguro che tu lo faccia con accento siciliano’. Gli risposi: ‘Papà, come faccio a parlarlo con un altro accento?’”

E’ ancora così?
“Certo, l’accento non si perde mai: l’inglese lo parlo da straniera”.

A proposito della Gran Bretagna: un anno fa ci ha detto che si augurava un nuovo referendum. Ora che la possibilità sembra lontana, cosa si aspetta?
“È un momento di crisi in tutta Europa. In inglese si usa un’espressione terribile per momenti di caos come questo: si dice che la gente si muove come headless chickens, polli decapitati. Stiamo vivendo il collasso del liberalismo e siccome non conosciamo un’alternativa, giriamo in tondo senza saper cosa fare. Il liberalismo ci ha dato sessant’anni di pace in Europa: ora non sappiamo come muoverci. Inglesi, italiani, francesi, siamo tutti nella stessa situazione. Triste, ma la supereremo”.

Tornando alla letteratura: al momento su cosa sta lavorando?
“Ho quattro progetti all’attivo. Due romanzi per Feltrinelli, che saranno i sequel di Caffè amaro: vedremo i personaggi del romanzo ai giorni nostri. Sempre per Feltrinelli sto lavorando a un’opera teatrale sulla violenza domestica che si intitola Credevo che. Un testo che con Filomena Campos abbiamo già portato al festival di Gavoi e a quello di Mantova. Ora ci piacerebbe farlo conoscere in tutta Italia, perché la violenza domestica, un tema che mi sta molto a cuore, si può combattere. E bisogna farlo. Poi sto facendo un piccolo libro su Palermo con Mimmo Cuticchio. Uscirà per Mondadori, sotto la supervisione di Alberto Rollo, l’editor che da sempre segue i miei romanzi”.

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