Come spesso accade riguardo a importanti fenomeni storici, il tempo trascorso dalla loro fine permette di assumere un certo distacco utile per poterli narrare. In questo caso il fascino decadente della famiglia imperiale russa invade lo schermo e l’interesse di molti spettatori, portando alla luce una nuova serie docu-drama firmata Netflix dedicata ai Romanov, che unisce il documentario storico a momenti di reenactment: “The Last Czars”. Che fa seguito a “Romanoffs”, uscita su Amazon Prime Video con la firma di Matthew Weiner – L’approfondimento

Come spesso accade riguardo a importanti fenomeni storici, il tempo trascorso dalla loro fine permette di assumere un certo distacco utile per poterli narrare. In questo caso il fascino decadente della famiglia imperiale russa invade lo schermo e l’interesse di molti spettatori, portando alla luce una nuova serie docu-drama firmata Netflix dedicata ai Romanov, che unisce il documentario storico a momenti di reenactment: The Last Czars.

La serie, ambientata in Russia nel periodo che va dal 1894 al 1918, mette in scena gli eventi privati precedenti la Rivoluzione d’Ottobre e permette di calarsi nel contesto che causò quella che tutt’ora viene considerata la rivoluzione più significativa della Storia europea, e che getta ancora oggi i suoi effetti sulla contemporaneità.

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Se fino a questo momento a prendere il sopravvento nella trasposizione cinematografica è sempre stata la versione romantica della storia dei Romanov, in primis la vicenda dell’unica sopravvissuta Anastasija Romanov, come nel celebre film di Anatole Litvak del 1956 in cui il ruolo della principessa venne affidato a Ingrid Bergman; in questa serie la vicenda di Anastasija occupa il posto di seconda storyline del racconto, preferendo concentrare l’attenzione sugli aspetti storici che hanno portato lentamente al declino del potere aristocratico di questi monarchi completamente distaccati dalla realtà che li circondava, troppo presi da loro stessi e dai fantasmi personali per accorgersi delle istanze rivoluzionarie tutt’attorno.

The Last Czars è il secondo prodotto seriale in poco meno di un anno a rievocare la nobile casata pre-sovietica. Il primo è la serie antologica Romanoffs, uscita su Amazon Prime Video con la firma di Matthew Weiner (creatore già di Mad Men), in cui otto storie affrontano il tema della discendenza in perfetta armonia con il modello narrativo iconico di Anastasija, ma lo fanno senza alcuna magia. I protagonisti, che sono o credono di essere discendenti della nobile famiglia russa, sono immersi in una contemporaneità spiazzante in cui la ricerca delle proprie radici si riduce a spettro, mania artefatta o cartina tornasole di un momento storico in cui conta più chi diciamo di essere rispetto alla verità delle nostre origini.

romanoffs

Una delle sfumature più accattivanti dell’intero progetto di The Last Czars risiede nell’ambiguo sentimento empatico che lo spettatore non può far a meno di provare nei confronti della coppia reale. L’amore profondo tra lo Zar Nicola II e la Zarina Alexandra, così come la compassione che ne deriva, si contrappone agli errori commessi da entrambi nell’amministrazione di una nazione. Le disfatte belliche e l’influenza quasi mefistofelica di Rasputin, il monaco burattinaio di un distratto Nicola II, alimentano ancora di più l’inquietante attesa del massacro che è a conoscenza di tutti, ma che proprio perché già annunciato dalla Storia, aleggia ancora più minaccioso sulle vicende raccontate.

Così, lungo tutto l’arco drammaturgico della serie lo spettro della rivolta si muove trasversale alla narrazione, creando un conflitto quasi straniante tra l’alienazione dei nobili e il malcontento della classe operaia. L’uso del materiale d’archivio, le interviste posate di alcuni storici della famiglia Romanov e della Rivoluzione, contribuiscono a costeggiare questo senso di contrasto tra l’avvicendarsi di due ere: quella moderna, che prese le mosse proprio quell’8 ottobre del 1917, e quella ancorata alle vecchie aristocrazie.

Come testimoniato già da grandi prodotti audiovisivi del passato, per esempio il caposaldo della cinematografia europea La grande illusione di Jean Renoir, la narrazione di un periodo storico di passaggio può fungere da costante paragone con il presente. Il volgere lo sguardo altrove, così come fecero molti dei membri della famiglia reale russa, non può far altro che creare sacche di risentimento in un popolo che assume allora una volontà e rivendica i suoi diritti; ma è quando questi diritti vengono distorti e assorbiti da leader populisti, che il popolo può trasformarsi in folla, e venire plasmato come forza di detrimento e inviluppo. Questo il monito sotto traccia che, narrando il passato aristocratico di una famiglia in decadimento, ci parla del presente più che mai.

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