Non si tratta di semplici illustrazioni, l’immagine diviene la vera protagonista della costruzione della storia, tanto che viene quasi voglia di invertire i nomi, perché questo, a ben vedere, è l’Uomini e Topi di Rébecca Dautremer, scritto da John Steinbeck – L’approfondimento sulla versione illustrata del capolavoro del 1937 (con la traduzione di Michele Mari)

È il caso di dirlo subito: questo Uomini e Topi di John Steinbeck illustrato da Rébecca Dautremer, appena pubblicato da Bompiani (nella splendida traduzione di Michele Mari), è un libro bellissimo. E viene quasi voglia di invertire i nomi, perché questo, a ben vedere, è l’Uomini e Topi di Rébecca Dautremer, scritto da John Steinbeck.

Quel romanzo del 1937, che racconta la storia di Lennie e George, due lavoratori agricoli stagionali nell’America della Grande Depressione, è riscritto ora, per via visiva, da Rebecca Dautremer: e non si tratta di semplici illustrazioni, l’immagine diviene qui la vera protagonista della costruzione della storia, il testo quasi si perde nei disegni che occupano le grandi pagine di questo volume; Dautremer crea dei disegni quasi per ogni frase del testo di Steinbeck, aggiungendo, specialmente alla fine dei capitoli, alcune sequenze autonome che riprendono, variano, amplificano le vicende e i temi della storia – e non stupisce che dal centinaio di pagine che contava il libro di Steinbeck, questa edizione (in un formato 20×24) arrivi a 420.

bompiani

 

Il testo di Steinbeck si presta, d’altronde, a un’operazione di questo genere, composto, com’è, quasi interamente di dialoghi, senza riflessione alcuna e poche e scarne descrizioni (la nota prosa non connotata, teorizzata dallo stesso scrittore in The Log from the Sea of Cortez nel 1941 e che ha fatto parlare molto spesso di paragoni con la cinepresa). Talvolta, così, Uomini e Topi diventa quasi un graphic novel con piccole scene in cui le parole dei personaggi fungono come da didascalia, altre volte la descrizione serve come punto di partenza per la composizione di ambienti, molto spesso ispirati alla pittura a guazzo o, al contrario, la sua mancanza permette libertà d’invenzione alla disegnatrice che così può suggerire altri sguardi, altre letture, grazie al complesso e dinamico rapporto testo-immagine che mette in gioco all’interno dell’opera.

Uomini e topi

Il dialogo che si instaura, infatti, fra la prosa di Steinbeck e la visualità di Dautremer è dinamico e complesso, proprio perché non siamo in presenza di una illustrazione, ma piuttosto ci muoviamo all’interno di un ambiente, una sorta di ecosistema verbo-visivo, in cui le immagini possono suggerire, alludere, talvolta scontrarsi, contraddire, amplificare le parole: possono evocare sogni, ricordi o fantasmi dei personaggi cui il testo, tuttavia, non fa riferimento; possono adottare uno stile visivo che contrasta con quello della scrittura (come nel caso di alcune tavole particolarmente grottesche che portano a riconsiderare la scrittura stessa), partecipare al ritmo della narrazione, accelerando o rallentando la velocità del testo, possono mostrare i non detti, agire per via simbolica, talvolta allegorica, metonimica, molto spesso ripetitiva, se non confusiva, contribuire a creare, per via di accumulazione o sottrazione, alcune impressioni di lettura; e partecipare, in definitiva, alla creazione della tensione emotiva generata dal testo.

Uomini e topi

La ricchezza di questa operazione è data anche (e soprattutto) dalla varietà (verrebbe da dire dalla polifonia, ma il termine non è adatto a un contesto così visivo) degli stili adottati da Dautremer che ripercorre in maniera assolutamente plurifocale e prismatica l’esperienza di George e Lennie: si incontrano così, vedute paesaggistiche a campo lunghissimo e zoom in su oggetti e dettagli; spesso la scrittura da camera eye di Steinbeck è trasposta in sequenze che sembrano quasi frame cinematografici; altre volte sono le strips di fumetti a venire alluse o rimodulate dalla disegnatrice. E si trovano ancora tavole che richiamano locandine di film o spettacoli teatrali, esperimenti di arte grezza che vogliono riprodurre la mente e l’immaginazione infantile di Lennie, riproposizioni di stile fotografico anni Trenta che raffigura realisticamente l’ambiente rurale dell’America di quel periodo (soprattutto con riferimento a Dorothea Lange, Mike Disfarmer e Walker Evans, non a caso fra i fotografi che più icasticamente hanno ritratto quella stagione), fino ad arrivare a scene (talvolta metonimiche o simboliche) sottoforma di cartelloni pubblicitari.

La funzione di questa moltiplicazione di stili è quella di amplificare la narrazione contribuendo alla caratterizzazione dei personaggi e delle vicende e, contemporaneamente, suggerire dei percorsi interpretativi anche rafforzando (talvolta forzando) alcuni aspetti che nel testo di Steinbeck rimangono sotto traccia o sono difficilmente intuibili. Funzionano in questo modo, per esempio, i molti finti cartelloni pubblicitari in grado di rendere, su un piano visivo che volutamente sorpassa la prosa del romanzo, la durezza di un mondo dominato dal potere del denaro e del capitalismo: anche le storie rurali e per nulla urbane dei personaggi di Uomini e Topi possono essere appropriate dal marketing. Su un livello completamente opposto, invece, i volti, i gesti, i corpi, la prossemica e soprattutto i colori sono utilizzati per approfondire le emozioni dei personaggi: emblematico, da questo punto di vista, è il trattamento visivo della solitudine, che fa un po’ da leitmotiv al racconto e che pure trovava un’esplicitazione verbale solamente nel racconto di Crooks, lo stalliere “negro” tenuto a distanza perché “dicono che puzzo”.

uomini e topi

La forza (la bellezza) di questo libro sta proprio nella complessità su cui viene costruita la relazione fra il testo e l’immagine, e forse non sarebbe nemmeno corretto parlare di relazione, in questo caso, perché i vari linguaggi si danno in una totalità inscindibile: si tratta forse di complicazioni (in senso fecondo, produttivo, godibile anche). Questo Uomini e topi è, allora, un libro nuovo, un organismo dinamico, un ambiente da attraversare e non semplicemente da leggere. E vale la pena dirlo anche alla fine: questo Uomini e Topi di Rébecca Dautremer e John Steinbeck è un libro bellissimo.

Libri consigliati