“Non credo di aver scritto un romanzo nostalgico. ‘Quando’ è immerso nelle contraddizioni di questi anni, ed è rivolto anche al futuro”. Walter Veltroni racconta a ilLibraio.it il suo nuovo libro, in cui il protagonista si risveglia dal coma a 33 anni dalla morte di Berlinguer. Nell’intervista si parla, tra l’altro, del rapporto tra cinema e serie tv, di scrittori contemporanei, di pregiudizi e, inevitabilmente, della crisi del Pd: “Sono anch’io molto preoccupato, soprattutto per il rischio ingovernabilità nel Paese, oltre che per la divisione nella sinistra”

Giovanni, protagonista di Quando (Rizzoli), il nuovo romanzo di Walter Veltroni, si risveglia dal coma nel luglio del 2017, a 33 anni dalla morte di Berlinguer. Il suo ultimo, indimenticabile ricordo è proprio legato alla cerimonia collettiva a cui aveva preso parte il 13 giugno 1984, a Roma, assieme al padre e alla fidanzata, in occasione dei funerali dell’amato segretario generale del Partito Comunista.

L’Italia che ritrova è completamente cambiata, è praticamente irriconoscibile. A livello politico, economico, sociale, culturale. Senza dimenticare l’impatto nella vita di tutti i giorni delle nuove tecnologie, e di internet in particolare.

Con lui non ci sono più i genitori e la fidanzata Flavia, con cui condivideva la passione politica. Non ci sono più nemmeno gli amici della giovinezza. Ma Giovanni non è solo: ad accompagnarlo in questa “rinascita”, inevitabilmente traumatica ma anche ricca di stupore, troverà una nuova “famiglia”, composta da suor Giulia (pure lei cresciuta in una famiglia comunista), con cui negli anni del lungo sonno si è creato un legame speciale, e Daniela, una psicologa altrettanto speciale.

quando veltroni

Veltroni, il suo nuovo libro è un romanzo sulle complessità del nostro presente, oltre che una narrazione che fa i conti con la memoria, e che si confronta inevitabilmente con la fine dei valori del ‘900.
“Amo intrecciare la vita individuale e la grande Storia. In Quando l’ho fatto attraverso lo sguardo libero di un uomo che riviene al mondo a 53 anni. Il protagonista deve provare a capire e interpretare il presente in cui si ritrova catapultato”.

Probabilmente, se Renzi leggesse Quando, rischierebbe di trovarlo un libro “nostalgico”…
“Non credo di aver scritto un romanzo nostalgico; non è scontato che un uomo che arriva dal passato dimostri di avere un atteggiamento per nulla nostalgico verso il presente. Quando è immerso nelle contraddizioni di questi anni, ed è rivolto anche al futuro”.

Quando l’ha spinta a rileggere gli ultimi decenni dell’Italia?
“Scrivendo il romanzo ho avuto conferma che gli anni dal 1978 al 1984, dalla tragica morte di Moro, che resta una ferita drammatica, a quella di Berlinguer, abbiano rappresentato uno spartiacque nella storia italiana”.

Il libro rappresenta una sorta di autobiografia collettiva di una generazione, come ha scritto Mirella Serri su La Stampa?
“Credo che una generazione di lettori si possa rispecchiare; mi riferisco ai lettori che hanno una cultura politica, musicale, cinematografica e letteraria comune. Ma Quando è anche un romanzo scritto per i giovani, che possono leggerlo con uno sguardo puro, privo di pregiudizi”.

Sta pensando a una trasposizione cinematografica?
“So che c’è già un certo interesse verso questo libro. Nel caso, però, non sarei io il regista”.

In una recente intervista a ilLibraio.it in occasione dell’uscita della sua raccolta di racconti, Dario Franceschini, a proposito dei pregiudizi che accompagnano la sua carriera letteraria, ci ha confidato: “Solo in Francia mi è concesso di provare l’ebrezza di essere solo uno scrittore. Quanto all’Italia, temo che i pregiudizi siano inevitabili, e non mi pesano, anzi li capisco. Anch’io, quando vado in libreria, istintivamente tendo a propendere per l’acquisto dell’ultima novità di un romanziere di professione. Certo, mi piacerebbe che chi leggesse un mio libro non fosse condizionato dal mio essere un politico. In passato ho anche pensato di scrivere sotto pseudonimo…”. Anche lei?
“Ho scritto tantissimo nella mia vita, scrivere fa parte del mio dna. E dopo tanti libri, film e articoli sinceramente non percepisco questi pregiudizi. Se ci fossero, non li capirei; tra l’altro non credo debba esserci incompatibilità tra la passione politica e quella per l’arte”.

Lasciata la segreteria del Partito democratico, lei in questi anni ha continuato a dedicarsi alla letteratura, ma anche al cinema e alla televisione: anche se indirettamente, nei suoi prossimi progetti la politica continuerà ad avere un ruolo centrale?
“Nella forma della passione senza dubbio sì, e non potrebbe essere altrimenti. Allo stesso tempo, mi colpisce il fatto che qualcuno non accetti che si possa avere passione politica senza il desiderio di ruoli politici”.

A proposito di politica, il risultato in Sicilia ha confermato la crisi di Renzi, del suo Pd e di un centro-sinistra sempre più diviso…
“Sono anch’io molto preoccupato, soprattutto per il rischio ingovernabilità nel Paese, oltre che per la divisione nella sinistra”.

Da ex segretario del Partito Democratico, cosa si sente di consigliare a Renzi in questa fase?
“Non do consigli, ma mi auguro che vengano fatte le scelte più giuste”.

Torniamo alla cultura. Lei ha sempre avuto un grande amore per il cinema (in Quando non mancano le citazioni cinematografiche): cosa pensa dell’ascesa delle serie tv? Per molti critici, oltre che nell’immaginario delle nuove generazioni, sembrano aver preso il posto dei film…
“La cosa non mi spaventa. Penso che le serie tv siano la prosecuzione del cinema con altri mezzi. Ad esempio, Stranger Things è un omaggio molto riuscito alla cultura pop degli anni ’80. Su questo tema la vedo come Bertolucci: le serie stanno dando vita a un nuovo linguaggio cinematografico. Il cinema resisterà, anche se deve fare i conti con importanti problemi industriali”.

Chiudiamo con la sua passione per la lettura: ci sono autori che ha scoperto e a cui si è appassionato in questi anni (in esergo, il lettore trova una frase da Le nostre anime di notte di Kent Haruf)?
“Gli autori contemporanei che amo sono tanti. È nota la mia passione per Ian McEwan, ma apprezzo anche Herman Koch, che è appena tornato in libreria con Il Fosso“.

E tra gli italiani?
“Leggo con interesse scrittori come Sandro Veronesi, Melania Mazzucco e ho amato un libro come L’ultimo ballo di Charlot di Fabio Stassi”.

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