Addio a Goffredo Fofi, critico letterario e cinematografico, ideatore di riviste, saggista, intellettuale di riferimento per più di una generazione, venuto a mancare all’età di 88 anni

Il mondo della cultura italiana è in lutto per la morte, a 88 anni, di Goffredo Fofi, critico letterario e cinematografico, ideatore di riviste, saggista, intellettuale di riferimento per più di una generazione.

Nato a Gubbio 15 aprile 1937, appena maggiorenne va a Palermo, per seguire il filosofo e attivista Danilo Dolci: è l’inizio di tante battaglie, tra politica e cultura.

Negli anni 1960 Fofi si sposta Parigi, dove lavora nella rivista di cinema Positif. Tornato in Italia, fonda la rivista Quaderni piacentini con Piergiorgio Bellocchio e Grazia Cherchi, e firma l’inchiesta L’immigrazione meridionale a Torino, rifiutata da Einaudi e pubblicata da Feltrinelli.

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Nel 1967 dà vita, a Torino, alla rivista Ombre rosse, tra cinema e impegno politico.

Sempre a Fofi si dovrà, 30 anni dopo, un altro progetto, quello legato a Lo Straniero, rivista che resiste fino al 2016. Negli ultimi anni il critico ha inoltre diretto la rivista Gli asini e scritto per diverse testate, tra cui Internazionale.

“Sempre fuori dal coro, dall’ufficialità, dall’accademia”

Sul Corriere della Sera Antonio Carioti lo descrive così: “(…) Sempre fuori dal coro, dall’ufficialità, dall’accademia, dalle strutture organizzate. E non certo per il gusto di essere un cane sciolto. Era anzi ostile all’individualismo, prediligeva il lavoro di gruppo e l’intervento concreto nella società, tra la gente. A mandarlo letteralmente in bestia era la riduzione della cultura a spettacolo effimero, a chiacchiera inconcludente, a esibizionismo sterile…“.

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Tanti ricordi

Nicola Lagioia lo ricorda così: “È un grande dolore. È stato il padre, il maestro di molti di noi. Le buone pratiche, la generosità, l’intelligenza, l’altruismo, la capacità di immaginare il futuro, persino di costruirlo. La bellezza vera. Tutto quello che oggi non stiamo riuscendo a fare. (1937-2025). Ciao Goff. Grazie. Scusaci di essere così poco all’altezza”.

Sandro Ferri, fondatore delle Edizioni E/O, con Fufi ha molto collaborato negli ultimi anni, scrive: “Su Goffredo leggeremo tante cose, perché era un uomo dalle tante vite, dalle tante passioni, dalle tante amicizie, dai tanti umori addirittura. Lo voglio ricordare solo per un paio di queste cose straordinarie che erano sue e che ha sempre trasmesso agli altri. Mi faceva ridere. Negli ultimi anni abbiamo lavorato assieme alla collana Piccola Biblioteca Morale, che lui dirigeva per la nostra casa editrice. Abbiamo trascorso insieme molto tempo e i ricordi più belli sono quelli delle cento storie buffe che mi ha raccontato. Aneddoti con personaggi famosi come Luis Buñuel, Elsa Morante, Bianca Guidetti Serra, Fabrizia Ramondino, Alex Langer, Federico Fellini e moltissimi altri. Sempre divertenti, dissacranti ma con un lato di empatia. Coglieva gli aspetti contraddittori delle persone, i loro difetti e debolezze, ma con umanità. Era così: ti attaccava violentemente, ma poi ti abbracciava. Ti faceva morire dal ridere e, al tempo stesso, morire per una visione tragica che aveva del mondo. Era un contadino cresciuto nelle campagne povere dell’Umbria ed era anche un intellettuale cosmopolita, capace di confrontarsi con l’immensa varietà del mondo. Non ho mai conosciuto un’altra persona come lui, in grado di tenere insieme tante visioni ed emozioni diverse e di trasmetterle agli altri. Ha sempre pagato il prezzo di questo anticonformismo e di questo coraggio e di questo rifiuto di chiudersi dentro gli asfittici recinti del nostro mondo intellettuale. Onore a te, Goffredo. Continueremo a ridere della follia e della meschinità del mondo”. Ed Eva Ferri aggiunge: “Quando avevo sette anni ho perso in aeroporto un bastone che con i miei genitori gli avevamo preso in Africa in un banchetto sul ciglio della strada e che mi era stato affidato mentre i Sandri cercavano di recuperare le valigie, e non ho mai smesso di sentirmi in colpa. Lui in cambio quando lo incrociavo in ufficio mi gridava di non essere borghese, apriva porte e tracciava sentieri, ci abbracciava soffocandoci. Lo incrociavo, spessissimo, su qualche soglia”.

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