“La 18 App deve continuare a essere a favore di ogni ragazzo e ragazza che diventa maggiorenne, senza alcuna distinzione, perché la cultura è libertà ed è per tutti, così come lo è la scuola pubblica”. Autori, editori, librai, cartolibrai, bibliotecari si mostrano critici di fronte alle ipotesi di legare l’elargizione dei 500 euro per consumi culturali al reddito familiare attraverso l’Isee. Interviene anche Renata Gorgani, direttrice editoriale Il Castoro: “I giovani tengono tantissimo a questo buono, è un rito di passaggio ormai acquisito… non si tratta di possibilità economica, ma di scoperta”

Prosegue il dibattito sul Bonus cultura per i neodiottenni, dopo che il mondo del libro nei giorni scorsi ha chiesto al parlamento e al governo di ritirare la proposta di cancellazione della 18 App (qui i dettagli).

Arriva un nuovo appello congiunto tutte le associazioni di settore: AIE – Associazione Italiana Editori, ADEI – Associazione degli Editori indipendenti, ALI – Associazione Librai Italiani, SIL – Sindacato Italiano Librai, Federcartolai Confcommercio, AIB – Associazione Italiana Biblioteche, SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori, SLC-Cgil Sezione Nazionale Scrittori, che risponde alle parole del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano che, interpellato dall’Ansa, ha da un lato frenato sullo stop ad App 18 (“L’emendamento è del Parlamento, ma reputo si debba fare una riflessione sul Bonus cultura, che così com’è mostra criticità. È necessario ridefinire e rinominare App 18, affinché questo strumento diventi realmente una modalità di consumi culturali per i giovani orientandoli alla lettura di libri, alla visita di mostre, ai corsi di lingua e alla musica”) e dall’altro ha auspicato l’introduzione di una soglia ISEE, “che escluda persone appartenenti a famiglie con redditi elevati”.

Nel nuovo appello ci si concentra proprio su quest’ultimo aspetto: “La 18 App deve continuare a essere a favore di ogni ragazzo e ragazza che diventa maggiorenne, senza alcuna distinzione, perché la cultura è libertà ed è per tutti, così come lo è la scuola pubblica”. Autori, editori, librai, cartolibrai, bibliotecari si mostrano dunque critici di fronte alle ipotesi di legare l’elargizione dei 500 euro per consumi culturali al reddito familiare attraverso l’Isee.

L’appello prosegue così: “La carta cultura per i neomaggiorenni è il primo momento in cui lo Stato entra in relazione con il ragazzo e la ragazza diventati adulti, è il modo in cui il Paese accompagna la sua nuova cittadinanza riconoscendone al contempo la libera espressione culturale, la sua capacità di prendere decisioni autonome. Legare la carta cultura al reddito, cancellarne il carattere universale, vuol dire svilirne la natura, che è quella di essere uno sprone verso ogni nuovo cittadino alla partecipazione attiva alla vita culturale”.

Si spiega inoltre: “Proprio l’universalità della misura, inoltre, è alla radice del suo successo nel promuovere la lettura, come certificato dall’Istat: nei primi tre anni il bonus ha permesso una crescita della lettura nella fascia d’età 18-21 anni dal 46,8% al 54%. Dopo la sua approvazione in Italia, che ha avuto un impatto positivo su tutta la filiera e sulla diversità e ricchezza della produzione libraria, misure simili, sempre universalistiche, sono state adottate in molti altri Paesi europei”.

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L’INTERVENTO DI RENATA GORGANI

In tanti nel mondo della cultura in questi giorni stanno intervenendo a proposito di 18 App. Per Renata Gorgani, direttrice editoriale Il Castoro, “è un grave errore cancellare il bonus per i diciottenni. È un grave errore anche cambiarlo per assegnarlo soltanto ai ragazzi sotto una certa soglia di ISEE, anche se potrebbe sembrare una forma di equità sociale. È un grave errore perché il bonus cultura per i diciottenni, la 18 App come la chiamano loro, non è un aiuto economico.  È un benvenuto che lo Stato dà a chi entra nella maggiore età, nella pienezza dei diritti e dei doveri dell’essere cittadino. È un invito a fare parte della comunità culturale, ad aprirsi a diversi saperi, mondi, esperienze”. Spiega Gorgani: “Conosco una ragazza che è andata per la prima volta a vedere un balletto alla Scala, un’altra che ha speso quasi tutto in manga. Il figlio di un amico è andato con gli amici a Firenze pagando musei, un concerto, tutto stupito che tornava con ancora un gruzzoletto da spendere. Un’altra ragazza, di famiglia che non ha fatto mai mancare soldi per libri, cinema o teatro, non osava spendere questo tesoro perché le sembrava così prezioso da dover trovare un’occasione davvero speciale per farlo.  Altri ragazzi, responsabilmente, per non pesare sulle loro famiglie, decidono di comprare testi per l’università e si costruiscono così un piccolo corpus personale di libri che forse non avrebbero se li avessero cercati in biblioteca, o chiesti in prestito. Qui non si tratta di possibilità economica, ma di scoperta. L’App18 cambierà il corso della vita di questi ragazzi? Non lo sappiamo.  Quello che sappiamo è che tengono tantissimo a questo buono, è un rito di passaggio ormai acquisito, e che probabilmente questa esperienza lascia loro il desiderio di continuare a fare qualcuna delle attività o degli acquisti che il buono consente.  E che sentiranno ancora una volta di non contare niente quando il nuovo governo tra una delle sue prime azioni lo abolirà. Ne vale la pena? È un investimento limitato ma dal grande valore simbolico e culturale. Ripensateci”.

 

 

 

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