“Gli eventi dei giorni nostri (Trump e non solo, ndr) stanno influenzando la letteratura. Da spettatrice, mi sembra che per gli americani abbiano un’educazione alla scrittura come modo per raccontare lo stato delle cose”, racconta a ilLibraio.it Tiziana Lo Porto, traduttrice e ora anche curatrice di Rive Gauche, la nuova collana che Clichy dedica alla letteratura americana meno conosciuta. Nell’intervista Lo Porto tra le altre cose parla degli autori Usa da tenere d’occhio e nota una nuova tendenza: “Lo sconfinamento da un genere all’altro. La prosa che sconfina in poesia, il romanzo in memoir…”

Tiziana Lo Porto, traduttrice, giornalista e coautrice di Super Zelda, il fumetto sulla vita di Zelda Fitzgerald, ora è anche curatrice di Rive Gauche, la nuova collana di Clichy dedicata a opere di narrativa che “appartengono alla sponda inesplorata dell’editoria americana”.

Sono solo quattro le uscite all’anno, ma sono tutte curate con attenzione, a partire dai primi due titoli annunciati per il 2017, Figlie di Brooklyn di Jacqueline Woodson e Dovrei proteggerti da tutto questo di Nadja Spiegelman. A fine 2017, invece, è attesa un’opera di Leopoldine Core.

Che cosa unisce i titoli pubblicati nella collana Rive Gauche?
“Si tratta di letteratura americana, ma non solo di romanzi tradizionali. Quelle che ho cercato di inserire sono opere in cui narrativa e memoir si incontrano”.

Come ha operato per lo scouting degli autori e dei titoli?
“Solitamente ci sono relazioni tra la casa editrice e gli agenti letterari, ma in questo caso, siccome Clichy è una piccola realtà, ho avuto la possibilità di proporre direttamente io le opere che ritenevo interessanti. Per me, il parametro per capire se un libro va pubblicato o meno, è l’innamoramento. Anche come traduttrice decido di dedicarmi a un’opera se leggendola me ne innamoro. Per conoscere opere e autori, quando vado a New York trascorro molto tempo alla libreria Strand in cerca di titoli inediti in Italia”.

Visto questo suo interesse per gli autori americani, chi sono i nomi da tenere d’occhio?
“Presto arriveranno in Italia le opere di Rebecca Solnit, così come il nuovo di Colson Whitehead, La ferrovia segreta, che gli è valso il Pulitzer. Per la poesia Anne Carson”.

Quali sono le nuove tendenze della letteratura americana?
“Lo sconfinamento da un genere all’altro. La prosa che sconfina in poesia, il romanzo in memoir. A me piace molto questo rapporto tra realtà e fiction: non a caso i miei autori preferiti sono Fitzgerald, che è un mostro irraggiungibile dell’autofiction, e Truman Capote. Quest’ultimo in A sangue freddo riesce a stravolgere la forma dell’opera per adattarla al contenuto. Ecco, in questo periodo si sta parlando molto di questi temi”.

La presidenza di Trump e gli eventi di cronaca stanno influenzando la produzione letteraria?
“Per fortuna sì. Proprio come è successo con l’undici settembre che è entrato in opere come quella di Nadja Spiegelman o nel memoir di Kim Gordon, anche gli eventi dei giorni nostri stanno influenzando la letteratura. Da spettatrice, mi sembra che gli americani hanno un’educazione alla scrittura come modo per raccontare lo stato delle cose. Invece non credo che la situazione politica porti a una censura nei confronti della letteratura”.

Parlando invece del suo lavoro di traduttrice, cosa significa ricostruire in un’altra lingua la voce di personaggi celebri?
“Penso a Kim Gordon e Patti Smith di cui ho tradotto i memoir e nel loro caso non ho trovato difficoltà nel rendere le loro voci, nonostante esse siano presenti nell’immaginario comune. Tra i loro dischi e le opere letterarie c’è una grande differenza. Nel caso di Kim Gordon Girl in a band è un’opera scritta per riappropriarsi di sé dopo i Sonic Youth. In M Train, invece, Patti Smith non parla mai di musica. Con lei, però, mi è successo qualcosa di molto curioso: mesi prima dell’uscita del memoir ho intervistato Patti Smith e siamo finite a parlare di serie tv, libri… tutti elementi che ho poi ritrovato nell’opera quando l’ho tradotta”.

Quindi ha rapporti con gli autori di cui traduce le opere?
“Con alcuni di loro sì. Tradurre è un lavoro fisico, talvolta faticoso, che mi porta ad avvicinarmi molto all’autore. Per esempio con James Franco, di cui ho tradotto alcune opere, sono amica e ci scambiamo spesso libri e consigli di lettura. Oppure, dopo aver lavorato a Jim entra nel campo di basket di Jim Carrol, nonostante l’autore fosse già scomparso, ho avuto la possibilità di entrare in contatto coi suoi vecchi amici, che ora sono anche amici miei”.

 

 

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