Nato a Bari il 17 maggio 1925, il quasi centenario Vittorio Di Giuro ai tempi di Bompiani è stato fra i primi a leggere il manoscritto di “Il nome della rosa”, e ha portato in Italia Stephen King “per pochi soldi”…
Nato a Bari il 17 maggio 1925, il quasi centenario Vittorio Di Giuro, dopo essersi dedicato in gioventù al teatro, partendo dall’Accademia nazionale Silvio D’Amico di Roma (e con alle spalle una laurea a Napoli in archeologia mediterranea), sin dagli anni ’60 si è occupato di editoria libraria, lavorando per Feltrinelli, Sonzogno, Frassinelli e Bompiani (pubblicando, tra gli altri, Stephen King e Umberto Eco).
Di Giuro, che si è raccontato con lo scrittore Hans Tuzzi in un dialogo pubblicato dalle pagine culturali di Il Nordest Quotidiano, nel 1995 ha fondato (con Luca Formenton) Edizioni Sylvestre Bonnard.
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Di Giuro negli anni ’70
Tanti i temi e gli aneddoti che emergono dal dialogo fra Tuzzi e Di Giuro, che a proposito del manoscritto di Il nome della rosa, che ebbe modo di leggere tra i primi, ricorda: “Lo lessi, ovviamente, tant’è che una mia copia porta la dedica di Umberto ‘al primo lettore‘. Conoscevo e stimavo Eco da anni, ed eravamo entrambi bibliofili – ma non al livello che lui poté permettersi dopo il successo mondiale del romanzo. Eco in realtà aveva pensato a un’edizione per happy few presso FMR o Adelphi. Iniziai a leggerlo appena rincasato, e compresi subito d’avere fra le mani uno di quei rari libri che uniscono talento cultura letteraria e trama, un libro che cattura il lettore, insomma: un potenziale best-seller di altissima qualità. Gli feci cambiare idea: l’editore doveva essere il suo editore storico, Bompiani. E infatti, sostenuto da un entusiasta Valentino Bompiani, riuscii a imporre al ‘commerciale’ una prima tiratura inusuale per i libri di Eco: diecimila copie (non trentamila come afferma Wikipedia, che forse fa tutt’uno con le ventimila copie della quasi immediata ristampa: un caso, diremmo oggi, di sold out)…”..
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Quanto all’arrivo in Italia del re dell’horror King, l’editore, sempre nell’intervista a Il Nordest Quotidiano, spiega: “(…) Ebbi la direzione editoriale della Sonzogno. Forte del successo ottenuto con Liala, proposi le opere di Harold Robbins, autoraccio di gran successo, e feci uscire, primo in Italia, le opere di Stephen King. Mentre la pubblicazione delle opere di Robbins fu mero calcolo commerciale, con King – e precisamente con Carrie, Shining, Le streghe di Salem – feci anche un’operazione culturale. Ritengo infatti che King sia un buon autore, un solido e valido autore. Quando lasciai la Sonzogno, King, divenuto ormai un best-seller, passò a Sperling & Kupfer. Ma io lo avevo ‘preso con pochi soldi’, avevo fatto un’opera di scouting. Sperling invece fece un investimento commerciale e sborsò un bel pacco di dollari…”.
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C’è spazio anche per uno sguardo sul presente dell’editoria: “(…) Oggi mi sembra che, complici la civiltà delle immagini e l’analfabetismo di ritorno, gli editori debbano iniziare a pensare a due mondi paralleli: l’editoria spesso facile dei grandi numeri e quella ‘di qualità’, che vende, in Italia, come negli anni Trenta del secolo scorso. Un bivio dinanzi al quale si possono compiere scelte molto diverse…”.
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