È venuto a mancare nei giorni scorsi Carlo Martegani, classe ’46, che per circa quarant’anni ha lavorato alla Libreria Hoepli di Milano. Aveva una corte di clienti che si fidava solo di lui, e amava consigliare nuovi libri e autori. Così lo ricorda Alberto Saibene

Quando vanno in pensione i librai della Hoepli si dividono in due categorie: chi sparisce per sempre e chi torna regolarmente a salutare i colleghi. Carlo Martegani apparteneva a questa seconda categoria.

“Io leggo! Devo fare rifornimento”. In realtà, complice la pandemia, i suoi rapporti con la Libreria Hoepli, dove ha lavorato per circa quarant’anni, si erano allentati negli ultimi tempi. Quindi è particolarmente dolorosa la notizia che non è più tra noi.

Aveva cominciato attorno al 1964, segnalato da due giovani signore (Olga Eigenmann e Fausta Malingri) che, un po’ sventatamente, avevano aperto una libreria-edicola in una zona senza passaggio del centro che rapidamente fallì. Ebbero però la prontezza di segnalare le doti di un ragazzino molto sveglio che collaborava con loro.

Quando Carlo entrò in Hoepli da un paio d’anni si era congedato Cesarina Branduani, il principe dei librai che, si diceva, decretasse il successo di un libro con due frasi: “l’è bun”, l’è minga bun”. Altri tempi.

I tempi di Carlo furono da subito diversi: la Hoepli era da qualche anno una libreria a scaffale aperto, una delle prime in Italia e, dal 1965, nacquero le collane di tascabili. Pensate per l’edicola, ci si rese rapidamente conto che il loro habitat naturale era la libreria.

La Hoepli è sempre stata una libreria divisa per settori e per piani, dove il singolo libraio, se dotato di iniziativa, era (ed è) in grado di costruirsi la propria autonomia. Quello di Carlo divenne un piccolo principato indipendente dove regnava incontrastato.

I miei primi ricordi risalgono alla metà degli anni Settanta, quando il suo settore, dedicato ai tascabili, occupava l’intero ammezzato (oggi +1) e dove cominciò a instradarmi nel mio percorso di lettore. La sua era una maieutica sottile: “Se ti è piaciuto Tre uomini in barca, perché non provi a leggere Wodehouse”. O, più grandicello, “Non c’è solo Stevenson. Conosci Conrad?”. È così via. Suggeriva, indirizzava, raramente proponeva.

Aveva una corte di clienti che si fidava solo di lui. Ricordo Giulia Maria Crespi ascoltare i suoi consigli, per una volta senza contraddire chi aveva davanti. Ma anche tanti scrittori e critici. Così, alla rinfusa, Sergio Ferrero, Giorgio Zampa, Giuseppe Pontiggia. Insomma, lettori dai gusti raffinati.

A Carlo piaceva però soprattutto esercitare le sue doti su bambini e ragazzini, che tornavano a trovarlo, mano a mano che crescevano. Ulrico Carlo Hoepli, che lo proteggeva e gli era amico, gli concedeva molte libertà. Si arrabbiava solo quando lo beccava a fumare di nascosto. Carlo stava seduto alla scrivania dietro una montagna di libri, con davanti un cassetto aperto dove nascondeva la sigaretta. Le lavate di capo passavano in fretta. Anzi, erano un gioco tra loro due.

Quando andò in pensione i colleghi gli regalarono una bicicletta che graziosamente accettò, facendo poi piccole evoluzioni all’interno della Libreria.

La sua grande passione era la danza classica che seguì per un certo periodo anche in modo professionale. Era tuttavia molto riservato è così si sa pochissimo del periodo, in crisi con la Libreria, che trascorse in una fattoria in Spagna. Credo fosse verso la metà degli anni Settanta. Difficile immaginarselo in salopette, con la sua corporatura minuta e gli occhialini da intellettuale, a mungere una mucca. Ma forse era bravo anche in quello.

Ciao Carlo, ti abbiamo voluto bene.

 

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