Un estratto dal racconto di Marco Vichi per l’antologia “Selva oscura”

Lorenzo Chiodi, Leonardo Gori, Emiliano Gucci e Marco Vichi sono tutti nati a Firenze tra la fine degli anni ’60 e la prima metà degli anni ’80. Nell’antologia di racconti “Selva oscura” (Tea) raccontano quattro storie nere e inquietanti, legate a una Firenze diversa dalle immagini da cartolina che incantano il mondo.

Selva Oscura

Per gentile concessione dell’editore, Il Libraio vi propone un estratto dal racconto di Vichi*…

Cucina a domicilio 

Entrò nel suo ufficio e si lasciò andare sulla sedia con un sospiro. Si asciugò la fronte sudata con il
fazzoletto. Doveva decidersi a dimagrire un po’. Avere tutto quel grasso era faticoso e scomodo, soprattutto quando scopava. Non con sua moglie, quella bagascia erano anni che non la toccava con un dito. Era stata bella, da giovane, ma adesso come donna non valeva più niente. Magda lo aveva sposato per i soldi, ne era sempre più convinto, ma a lui adesso andava bene così. Pagava e la teneva fuori dai coglioni più che poteva. Lei e i due bambini. In quel momento erano tutti e tre in Sicilia in un albergo a cinque o sei stelle, in una grande camera che si affacciava sul mare più bello del mondo.
Erano già le undici. Ma il capo era lui e poteva arrivare quando voleva. Non come quando aveva cominciato e faceva il galoppino per un importante avvocato che lo trattava come un imbecille. Quelli ormai erano tempi lontani e ci poteva ridere sopra. Ora sulla targa di ottone murata accanto al portone del palazzo c’era scritto: avv. bollini. Da più di dieci anni aveva uno studio tutto suo e guadagnava soldi a palate. Si occupava di ogni tipo di cause, dai divorzi alle controversie ereditarie, dalla lite condominiale agli infortuni. Il suo lavoro lo appassionava, lo trovava affascinante. Scomodare grandi pensatori, alti principi filosofici, eterni ideali umanistici per costruire un discorso che trasportasse i concetti sopra il grande fiume delle emozioni… tutto per arrivare a dire dammi i soldi. Non riusciva a immaginare nulla di più bello. Si considerava l’avvocato più stronzo della terra, e se gli avessero detto che non era vero avrebbe sofferto. Viveva in una villa vicino al piazzale Michelangelo, con vista su Firenze e un parco bello grande. L’aveva comprata in contanti. Nel suo garage c’erano due Mercedes, una Porsche, una Range Rover e una Panda 4×4. Non si poteva lamentare. Avrebbe solo voluto essere un po’ meno grasso, ma prima o poi ce l’avrebbe fatta. Non era mica vecchio. Anzi, si sentiva un leone. Aveva ancora il colpo in canna. Quella notte ad esempio aveva fatto molto tardi al Blue Moon, per cercare di portarsi a letto una ballerina brasiliana, anche se poi gli era andata buca. Aveva dovuto ripiegare su una puttana slava, e l’aveva ripassata da capo a piedi.
Dalla grande finestra che dava sul lungarno Torrigiani entrava con violenza la luce del sole. L’avvocato Bollini continuava a sudare come un porco. Era il luglio più caldo che si ricordasse. Guardò il climatizzatore, che la sua segretaria personale, Gisella, aveva ordine di accendere alle otto e mezzo. Segnava diciannove gradi. Prese il telecomando e lo abbassò a diciassette. Come sempre trovò i quotidiani appoggiati sulla scrivania, insieme ai fascicoli dei processi che stava seguendo. Tutto come lui voleva. Gisella era molto efficiente. Tra un po’ avrebbe bussato alla porta per chiedergli se gradiva un caffè o qualcos’altro. Era anche una gran bella ragazza, alta e bionda, con due belle tette. Prima o poi doveva invitarla a cena e offrirle un aumento di stipendio, magari appena si lasciava con quel deficiente del suo fi danzato. Non aveva nessuna voglia di perdere tempo dietro a seccature che si potevano scansare. Con le donne aveva imparato ad avere pazienza. Il momento giusto sarebbe arrivato, prima o poi. Sorrise all’idea, e aprì il primo quotidiano. Lesse i titoli della prima pagina, borbottando commenti e scuotendo la testa, poi andò avanti. Quando aprì la pagina della cronaca gli venne un colpo. MISTERIOSO OMICIDIO A PARIGI. ASSASSINATO IMPRENDITORE ITALIANO. E sotto c’era la foto di… Giorgio Tramonto, un suo vecchio e caro amico che non vedeva da qualche anno. Non gli sembrava possibile che fosse morto. È vero che si erano persi un po’ di vista, ma Giorgio faceva parte della sua vita più di quella gallina di sua moglie. Si conoscevano dai tempi delle scuole medie. Loro due e Gigi Cattani avevano formato per un sacco di tempo un terzetto affiatato. Insieme avevano vissuto molte avventure, alcune anche pericolose. Nemmeno frequentare facoltà diverse li aveva divisi. Adesso erano tutti e tre professionisti affermati… anzi erano rimasti in due, povero Giorgio.
Avido di conoscere i particolari si buttò a leggere l’articolo, e dopo poche righe il sudore gli si ghiacciò sulla fronte. Giorgio era stato ucciso in un modo orribile. La polizia aveva dato la notizia in ritardo, per avere qualche ora di tranquillità. Era cominciato tutto con una telefonata alla Gendarmerie di Belleville. Alle sei di mattina una voce femminile con accento inglese aveva detto che al 32/bis di rue Lepic, all’ultimo piano, era stata cucinata una ricetta molto particolare. La polizia aveva pensato a uno scherzo, ma la voce aveva aggiunto che in quella casa c’era anche un cadavere, e alla fine erano andati a controllare. Avevano suonato al campanello e…
Bussarono alla porta del l’ufficio. L’avvocato urlò che non c’era per nessuno e andò avanti a leggere.
… Avevano suonato al campanello di Giorgio Tramonto, e non aveva risposto nessuno. Allora i pompieri avevano sfondato la porta, e la polizia era entrata in un appartamento lussuoso che aveva una magnifica vista su Parigi. Avevano avvertito nell’aria un buon odore di carne cotta, poi erano entrati in cucina e si erano trovati davanti uno spettacolo impressionante. Il giornalista avvertiva che le righe successive erano poco piacevoli, e invitava le persone impressionabili ad astenersi dalla lettura. L’avvocato Bollini inghiottì un paio di volte e continuò. Avevano trovato il cadavere di Giorgio Tramonto in cucina, disteso bocconi sul tavolo, completamente nudo. Aveva un forchettone in acciaio a due punte conficcato alla base del collo, una grossa carota infilata nell’ano e una mela in bocca. I suoi occhi erano sbarrati e conservavano il terrore che doveva aver provato. Il pavimento era ricoperto di sangue in parte già secco. Ma la cosa più spaventosa non era quella. Sui fornelli c’era una padella ancora tiepida, chiusa con un coperchio, e accanto c’era un foglio stampato con il computer: Testicoli e lingua di maiale con salsa di cipolle caramellate. Seguiva la ricetta dettagliata. Un poliziotto aveva alzato il coperchio della padella e avevano trovato… i testicoli e la lingua di Giorgio Tramonto immersi in una salsa scura. La macabra ricetta era stata eseguita sul posto. In tutta calma, a giudicare dal risultato. Questo particolare rendeva ancora più sconcertante quel terribile delitto.
[…]
Quasi un anno dopo, un mercoledì di maggio, l’avvocato Bollini telefonò a un famoso ristorante del
centro e si fece portare a casa una bella cena per due a base di carne. In realtà era solo, ma aveva molta fame e il suo stomaco era bello grosso.
[…]
© 2014 TEA S.r.l., Milano

* Il racconto Cucina a domicilio di Marco Vichi è già apparso nel volume Firenze nera di Marco Vichi ed Emiliano Gucci, Aliberti 2006

(continua in libreria)

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