Sonia, attrice anglo-palestinese di casa a Londra, decide di rifugiarsi a casa della sorella ad Haifa, Israele. Sta scappando da delusioni professionali e sentimentali ma, senza neanche saperlo, si sta riappropriando delle sue radici e della sua storia. Mettendo in scena un “Amleto” arabo, si troverà a contatto con la storia del popolo palestinese, con le violenze israeliane e con la crudeltà dei territori occupati. Isabella Hammad, autrice di “Entra il fantasma”, ci offre così uno spunto di lettura, laterale, ma più che mai profondo, sulla tragedia a cui stiamo assistendo…
È il 14 maggio del 1948 quando il presidente del Consiglio nazionale ebraico Ben Gurion proclama la fondazione dello Stato di Israele. Il giorno successivo, il 15 maggio del 1948, ha inizio la Nakba.
Con la fondazione dello Stato di Israele, molti degli ebrei perseguitati che, negli anni, si erano sparsi in Europa e nel mondo, iniziano a fare ritorno in Palestina. Palestina che l’ONU aveva ripartito così: il 56% del territorio sarebbe dovuto andare agli ebrei, negli spazi del nuovo Stato; il restante ai palestinesi, con Gerusalemme come territorio neutrale.
La leadership ebraica aveva accettato questa soluzione, mentre quella palestinese no.
Nei giorni successivi alla nascita dello Stato di Israele, dunque, una coalizione di Stati arabi aveva attaccato il Paese neonato che, a sua volta, aveva contrattaccato, conquistando grandi porzioni di territorio che sarebbero spettate ai palestinesi. In seguito alla vittoria israeliana, centinaia di villaggi vengono rasi al suolo e circa 700mila palestinesi sono costretti a emigrare.
Ecco l’inizio della Nakba, letteralmente “catastrofe“, più chiaramente “esilio“.
Tra i simboli della Nakba c’è anche la città di Haifa, scenario in cui è ambientata la storia di Entra il fantasma (Marsilio, traduzione di Maurizia Balmelli), il nuovo romanzo dell’autrice di origini palestinesi Isabella Hammad.

Scopri il nostro canale Telegram
Ogni giorno dalla redazione de ilLibraio.it notizie, interviste, storie, approfondimenti e interventi d’autore per rimanere sempre aggiornati
“La città di Haifa viene spesso assunta a modello di convivenza civile tra palestinesi e israeliani, ma la realtà dei fatti è differente“, ha raccontato alla giornalista Chiara Cruciati l’attivista palestinese Bilal Dirbas.
“Alla città vecchia si accedeva da due porte, la Porta Orientale e la Porta Occidentale, ma oggi non ci sono più, sono state distrutte dopo il 1948. Il 21 aprile 1948 le truppe inglesi lasciarono la città a bordo delle navi. Il giorno dopo, il 22 aprile, Haifa fu occupata da 5mila soldati delle milizie sioniste. Prima di quel giorno vivevano qui 70mila palestinesi, dopo ne rimasero circa il 7 per cento: 5 mila persone”.
Haifa, oggi parte dello Stato di Israele, è “la città del ritorno”, un posto in cui molti dei palestinesi fuggiti durante la Nakba, e dei loro discendenti, sono tornati per riappropriarsi delle loro radici. Tra queste persone c’è Haneen, sorella della protagonista di Entra il fantasma.
Può interessarti anche
Nate entrambe a Londra da genitori palestinesi, Haneen si è costruita una vita in Israele insegnando all’Università di Tel Aviv, mentre Sonia, la protagonista del libro, è sempre rimasta nella capitale inglese per concentrarsi sul suo lavoro di attrice.
Lavoro che non va bene, così come l’amore. Con un divorzio alle spalle, una relazione tossica in corso e scarse prospettive di carriera, Sonia, dopo anni di lontananza dalla terra della sua famiglia, sceglie di rifugiarsi ad Haifa dalla sorella. L’obiettivo è quello di fuggire, almeno per un po’, dalle delusioni della sua vita londinese.
Arrivata ad Haifa, Sonia conosce Mariam, una cara amica di Haneen. Mariam è schietta, decisamente idealista e politicamente molto impegnata. Regista di una produzione araba che porta in scena Amleto in Cisgiordania, Mariam propone a Sonia di interpretare Gertrude nel suo spettacolo.
Può interessarti anche
Inizialmente riluttante, Sonia si ritrova presto coinvolta. Ma fare arte sotto l’occupazione israeliana comporta sfidare posti di blocco, arresti e interrogatori e agire costantemente di fronte allo sfondo delle proteste di massa.
La domanda è sempre: “Gli israeliani ci permetteranno di mettere in scena la nostra performance?“. La risposta di Mariam è sempre: “Se lasciamo che il disastro ci ostacoli, non faremo mai nulla. Ogni giorno qui è un disastro“.
Così, il palco diventa lo spazio per mettere in scena la storia di un intero popolo, quello palestinese, e per affrontare in maniera collettiva le violenze subite nel corso dei decenni.
Scopri la nostra pagina Linkedin
Notizie, approfondimenti, retroscena e anteprime sul mondo dell’editoria e della lettura: ogni giorno con ilLibraio.it
In Entra il fantasma, infatti, non c’è solo Haifa, ma ci sono anche i territori occupati. Nella scrittura di Hammad i territori assegnati a Israele vengono chiamati “inside” (dentro) o “in ’48”, mentre i territori occupati vengono indicati come insediamenti o colonie. Ecco, tra i territori occupati c’è Ramallah, dove Sonia arriva per uno dei suoi spettacoli.
Inizialmente, è colpita dalla normalità della vita nei territori occupati. La sua prima impressione è che Ramallah “non sembri particolarmente devastata dalla guerra. Le è sembrata anche straordinariamente familiare”. Ben presto, però, le sue percezioni si approfondiscono. I suoi colleghi attori – alcuni palestinesi della Cisgiordania, altri nati nei territori “inside”, ovvero quelli assegnati a Israele – vogliono che Amleto rappresenti chiaramente la storia della Palestina. Sonia all’inizio respinge questa lettura, ma poi capisce quanto sia fondamentale per i suoi colleghi, perché possano interpretare efficacemente i loro ruoli. In una scena molto toccante, Mariam insegna a Wael, il giovane attore che interpreta Amleto, a incanalare il lato oscuro del personaggio incarnando una delle guardie di frontiera israeliane che lo molestano con insistenza.
Può interessarti anche
Nelle pagine del romanzo, nei dialoghi di Sonia con i suoi colleghi e con la sua famiglia, nelle domande che la protagonista si pone sul suo passato e su quello del suo popolo, viene fuori un’unica grande consapevolezza: la vera risoluzione, sia politica che personale, non può iniziare finché i fantasmi di tutti non sono emersi dall’oscurità. E l’arte è lo strumento più potente per convincere questi fantasmi a uscire allo scoperto.
Al telefono, l’anziano padre di Sonia le dice: “La Palestina non c’è più. L’abbiamo persa molto tempo fa“. Se sia sia giusto comportarsi come se ciò fosse vero, indipendentemente dal fatto che ci si creda o meno, è una delle grandi domande che questo romanzo pone ai suoi personaggi e, di conseguenza, a noi. Perché, anche se le nostre radici non sono in Palestina, la responsabilità di mantenerle in vita, oggi, è anche nostra.
Scopri le nostre Newsletter
Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it
Fotografia header: Isabella Hammad nella foto di Elizabeth Van Loan