Con Mondadori una nuova collana, che mette insieme gli autori di oggi e i grandi della letteratura di ieri, per riscoprire le emozionanti storie delle eroine romantiche: Chiara Gamberale e “Cime tempestose”, Valeria Parrella e “Jane Eyre”, Fabio Geda e “Romeo e Giulietta”. Su ilLibraio.it proponiamo la presentazione di Nadia Terranova a “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen…

In occasione della Fiera di Bologna, con gli Oscar Junior di Mondadori arriva in libreria una nuova collana, che mette insieme gli autori di oggi e i grandi scrittori della letteratura di ieri. Autori contemporanei, dunque, per scoprire e riscoprire le più emozionanti storie delle eroine romantiche.

cime tempestose

Chiara Gamberale presenta Cime tempestose di Emily Brontë, “uno dei romanzi più perfetti della letteratura di tutti i tempi…”; Valeria Parrella, dal canto suo, racconta Jane Eyre di Charlotte Brontë (“io oggi ho 41 anni, ma dentro di me c’è ancora una Jane Eyre che sta lì e mi guida nelle scelte difficili”).

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E poi Nadia Terranova, che introduce Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen.

jane eyre

Fabio Geda, dal canto suo, si cimenta con William Shakespeare e la sua tragedia più famosa, Romeo e Giulietta, «mi arrivò tutto. Ogni emozione. Ogni dolore. Ogni palpito. Era la magia delle storie: l’empatia».

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Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it pubblichiamo la prefazione della scrittrice Nadia Terranova a Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen

La prima volta che ho aperto Orgoglio e pregiudizio aveva una copertina azzurra e io andavo ancora a scuola. Cominciai con diffidenza: quella storia ottocentesca di balli, fanciulle e reggimenti era una ben strana deviazione per un’adolescente in rivolta, certo non sarebbe stata una lettura di cui vantarsi, da mostrare con orgoglio ai coetanei per impressionarli o influenzarli, non ne avrei declamato a memoria brani interi come facevo con i versi dei poeti maledetti o i racconti degli Scapigliati. Loro sì erano come me, come noi: anticonformisti, solitari, spettinati, tiratardi, avvelenati, in conflitto con la generazione precedente. Ci somigliavano, sebbene da un altro secolo. Che m’importava di una zitella inglese vissuta sempre in casa, in campagna, che probabilmente non aveva mai baciato un uomo? Quando il mio innamorato di allora vide il romanzo più famoso di Jane Austen sbucare dal mio zaino, com’era prevedibile mi prese in giro. A me stava piacendo un sacco, però mi piaceva anche lui e non volevo deluderlo.
«È un classico» sorvolai, caricando quella parola a pallettoni.
«Un romanzetto da strapazzo» insisté, «roba per signorine annoiate.»
Ovviamente, non l’aveva letto.

L’ultima volta che ho aperto Orgoglio e pregiudizio aveva una copertina rosa ed era la settimana scorsa. Ho trovato su una bancarella un’edizione tascabile, molto femminile, stampata in un’epoca in cui non ero nata, l’epoca di mia madre, forse di mia nonna. Ho ripensato con un sorrisetto alle parole di quel ragazzo: che male ci sarà poi a essere signorine, e a sentirsi annoiate? Dalla noia, dal tedio, vengono fuori le migliori letture e le più originali opere d’arte – lo dicevano pure i maledetti e gli Scapigliati. Le signorine intelligenti sono abbastanza sicure di sé da leggere tutti i libri che vogliono, senza badare troppo al colore della copertina. Quell’edizione nascosta fra cartoline postali, soprammobili e vecchie riviste di musica costava pochi euro, più o meno il prezzo di un ebook in offerta, però insieme alla polvere custodiva il fascino di una traduzione studiata per altre generazioni (con i nomi propri italianizzati, come si usava un tempo: Jane diventava Gianna e Lizzy Lisetta), esibiva la stranezza di un formato minuscolo, adatto a passare veloce di borsetta in borsetta. E ora eccolo, brilla sullo stesso scaffale del tomo azzurro della mia adolescenza e di quello che stringete tra le mani: nascondere il primo Orgoglio e pregiudizio nello zaino è stato il gesto con cui negli anni sono diventata un’austeniana militante, una discreta collezionista delle edizioni che mi piacciono di più, una periodica rilettrice dei sei romanzi che quella straordinaria signorina ci ha lasciato e anche dei suoi testi meno noti. In questo lungo e divertente percorso ho incontrato lettori, critici, scrittori e traduttori più esperti di me, veri e propri luminari in quella stramba materia che è l’austenologia. Molti sono maschi.

In Orgoglio e pregiudizio c’è il pacchetto completo di istruzioni per cominciare la vita dopo l’infanzia, ecco perché è un libro adatto a chiunque stia per diventare grande, uomo o donna. I bambini molto piccoli non hanno spazio nell’opera di Jane Austen, compaiono raramente e restano sempre sullo sfondo, la loro reale dimensione rimane inaccessibile al lettore che non ne sente neppure la mancanza, impegnato com’è a star dietro a giovani adulti immaturi. Non direi che a Jane Austen non interessassero i primi anni di vita – era abile nel tratteggiarli in poche righe ogni volta che voleva raccontare la formazione di un personaggio; non aveva figli e forse non voleva inoltrarsi in un universo che sentiva di non conoscere fino in fondo, come non troviamo mai nei suoi romanzi un dialogo fra soli uomini che non preveda la presenza di una donna: sarebbe stato impossibile per lei essere certa di cosa fosse l’intimità maschile, voleva raccontare solo ciò che conosceva bene, che aveva vissuto e sperimentato su di sé. E poi, semplicemente, sembra che più dell’infanzia le interessasse un bivio preciso, quello al quale siamo ex bambini ma non del tutto adulti. Oggi lo chiamiamo adolescenza. Leggere Orgoglio e pregiudizio con l’infanzia appena alle spalle significa capire chi stiamo per diventare, cosa sta per succederci, quali errori faremo e come potremo provare a ripararli. In seguito torneremo a consultarlo spesso, come un amico che ci ha aiutato in un periodo difficile, vorremo scoprire a tutti i costi quale sia la sua magia: scopriremo che è insieme manuale di economia, racconto di formazione, impietoso ritratto di famiglia. In apparenza parla la lingua del romanzo sentimentale, ma solo per chi vuole farsi ingannare: dentro ha una bomba a orologeria che sovverte tutto, un cuore cupo, disincantato, tagliente. Certo, c’è l’amore, ma le relazioni devono tener conto anche dei movimenti di dote e di soldi – è così che va il mondo, sembra dire l’autrice, e chi può negarlo. Mentre la signorina Austen si diverte a mettere i suoi protagonisti davanti alle sciagure peggiori, a farli inciampare, tremare, balbettare, litigare, noi tifiamo perché Lizzy e Darcy imparino ad ascoltare le proprie emozioni, superino i problemi finanziari, s’inventino i giusti compromessi sociali e convolino a meritate nozze. Tifiamo perché Lizzy capisca che la freddezza di Darcy nasconde un’interessante sintesi di goffaggine e pragmatismo, tifiamo perché Darcy si persuada che, certo, i parenti di Lizzy sono imbarazzanti e cialtroni, ma in fondo ama lei, è lei che vuole sposare, è con lei che passerà la vita, non con i suoi nevrotici genitori. Jane Austen sconsacra tutto: nella maggior parte dei romanzi dell’epoca papà e mamma venivano idealizzati, erano gli intoccabili sempre dalla parte della ragione, i saggi a cui chiedere consiglio; qui invece abbiamo una madre preoccupata per il futuro delle figlie fino all’invadenza e all’irrazionalità, e un padre ironico e intelligente in biblioteca ma debole e vittima della moglie nelle scelte cruciali. Altro che antica autorevolezza, sembra il nucleo di una sballata famiglia contemporanea. Per non parlare delle sorelle: Lydia, la piccola Lydia, è così oca da disonorare tutti con una fuga passionale e un matrimonio riparatore, eppure di nascosto ammiriamo la sua sfacciataggine. Com’è liberatorio sbagliare in pace, alla faccia di convenzioni e regole! Con Orgoglio e pregiudizio ci divertiamo, ci commuoviamo, sentiamo che in quella storia apparentemente comune c’è qualcosa di non ordinario, l’inquietudine di una società mai pacificata, il faro puntato su un dettaglio scomposto. È tutta lì la differenza fra questo capolavoro che immortalando la propria epoca le sopravvive e gli scialbi romanzi color rosa qualunque, che tanto andavano di moda nello stesso periodo ma di cui si è persa traccia. I libri della Austen raccontano una società che non esiste più ma somiglia alla nostra: merito di una scrittura feroce che svela affetti fragili e amori difettosi di ogni tempo. Certo, vogliamo che tutto si aggiusti, sogniamo se non un lieto fine almeno una fine lieta, ma la morale di Orgoglio e pregiudizio non è “l’amore trionfa”, bensì “a questo mondo te la cavi meglio con un po’ di sarcasmo”. La signorina Austen ne aveva da vendere.

Come la maggior parte dei libri importanti, Orgoglio e pregiudizio incontrò iniziali resistenze: “Egerton lo paga 110 sterline” scrive l’autrice in una lettera.* “Avrei voluto averne 150, ma non potevamo essere entrambi soddisfatti, e non sono affatto sorpresa che abbia preferito non rischiare troppo.” Il successo di pubblico fu immediato, tanto da convincere quell’editore guardingo a ristamparlo già nello stesso anno. L’autrice, del resto, era consapevole del valore del suo romanzo: scrivendo alla sorella Cassandra lo chiama “il mio adorato Bambino” e, a proposito delle prime lodi ricevute, precisa vezzosamente che i lettori devono amare Lizzy e Darcy, per il resto possono detestare tutti gli altri personaggi. In realtà, nel quadro perfetto della storia, non ce n’è uno fuori posto – anche se i protagonisti sono innegabilmente quei due ragazzi che dell’amore sbagliano i tempi, i modi, le previsioni. È difficile non maledire il loro orgoglio e i loro pregiudizi quando, la prima volta, lui la chiede in moglie in modo inelegante e offensivo, ricevendo in risposta un giusto attacco d’ira. Rigirando la scena, però, vediamo il contrario: un uomo onesto e timido che cerca di esprimere ciò che prova, e la risposta presuntuosa di una ragazza sopra le righe che non sa nulla della vita. Il gioco di cambiare prospettiva funziona anche per le scene minori, ecco perché Orgoglio e pregiudizio si presta a infinite riletture: lo si potrebbe ricominciare ogni volta seguendo il filo di un personaggio diverso, la trama risulterebbe illuminata da un nuovo punto di vista, da un’inedita visione di come sono andate le cose.
È un gioco che si può fare per tutta la vita.

(continua in libreria…)

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