A sette anni dall’uscita di “Le ragazze”, Emma Cline torna con “L’ospite”, la storia di una prostituita ventiduenne, che fugge dalla sua vita a New York verso i fasti e le ricchezze di Long Island. La lingua di Cline ci accompagna in un inseguimento straniante, fatto di inquietudini e angosce e di parole messe sempre, esattamente, nel posto giusto…

L’ospite (Einaudi Stile Libero, traduzione di Monica Pareschi) è Alex, prostituta ventiduenne con un lavoro in crisi e molti affitti in arretrato.

Quando il libro si apre Alex è a Long Island insieme a Simon, un uomo ricco di trent’anni più grande di lei, con cui ha recentemente iniziato a frequentarsi “in città”.

“In città” si riferisce a New York. È lì che Alex viveva prima di essere cacciata dai suoi coinquilini, stanchi dei furti di farmaci dall’armadietto del bagno e degli affitti non pagati. Ed è li che vive Dom, i cui messaggi insistenti e minacciosi illuminano il cellulare di Alex a ritmi regolari. Ma “Dom si trovava in un altro universo, un universo che lei poteva quasi fingere non esistesse più”. Di Dom sappiamo che era un cliente ricorrente di Alex, che aveva recentemente optato per un anno di esilio volontario a causa dell’ennesimo guaio con la legge, che era stato arrestato più volte ma che – alla fine – in carcere non ci era mai finito e che Alex gli aveva rubato dei soldi, e lui adesso li rivoleva indietro.

L'ospite il libro di Emma Cline

Ed ecco il perché dei messaggi insistenti e pure di Long Island. Alex si trova in questa terra di ricchezza e opulenza nel tentativo di fuggire da tutto quello che abita a New York: Dom, i suoi coinquilini, una serie di alberghi e ristoranti dove non è più la benvenuta e un lavoro che non stava andando bene.

Così, quando Simon – incontrato una sera in città – le propone di trascorrere il mese di agosto nella sua casa estiva negli Hamptons, lei molla tutto e decide di insinuarsi in quella vita lussuosa che stava iniziando a intravvedere.

Le cose, però, non vanno lisce come Alex sperava e, a causa di un passo falso durante una festa a casa di amici, Simon le compra un biglietto di sola andata per tornare in città. Lei però non ha nessuna intenzione di prendere quel treno e rimane a Long Island con un piano: riconquistare la fiducia di Simon durante la sua festa per il Labor Day, da tempo progettata e che, forse, lo troverà più indulgente. Ma al Labor Day mancano cinque giorni e quel tempo si riempirà di tutta l’astuzia di Alex, di case condivise, di barbecue e di beach club.

È nelle parole di Cline e nelle scelte di Alex, che la protagonista si delinea come una fuggiasca in continuo movimento tra forze contrastanti che la rendono – insieme – ingenua e perspicace, profonda e superficiale. Quello che però, senza incertezze, percepiamo durante l’intera narrazione è un senso di vuoto, di inquietudine. Uno stordimento dato dal trovarsi di fronte a un essere spettrale, inumano.

“Eccola lì, con una sensazione familiare, una sensazione ovattata che le riusciva fin troppo facile evocare. In quei momenti sapeva con certezza di non esistere”.

Un costante stato di disagio, infatti, tormenta Alex in ogni sua giornata di fuga e, di conseguenza, chiunque entri in contatto con lei. Sotto il rigoroso comando di Cline, Alex è ospite gradita e sgradita, forza destabilizzante per chi la accoglie e per chi ne legge.

“Ed è questo che rende L’ospite così accattivante. Cline avrebbe potuto scrivere un libro su una ragazza attraente e triste, ma l’ha messa in un’auto diretta verso un brutto incidente e noi non possiamo distogliere lo sguardo”, ha scritto in proposito la rivista Time.

L’autrice ha raccontato a la Repubblica: “Non miro a mettere volontariamente a disagio il lettore, ma non mi sorprende che accada. Scrivendo avevo in mente la sgradevolezza seducente e manipolatoria del protagonista de Il talento di Mr. Ripley abilmente tracciato da Patricia Highsmith. Un personaggio che piace e repelle allo stesso tempo. D’altronde non aspiro a dare messaggi morali. Anzi, rifiuto l’idea che le storie contengano un qualunque messaggio”.

A me, l’inquietudine de L’ospite ha ricordato quella de Il Grande Gatsby – sarà per Long Island, sarà per i salotti inamidati, sarà per una corsa verso la ricchezza che non prevede dignità. Come per la storia di Francis Scott Fitzgerald, ho avuto la sensazione che, qui, avrebbe vinto il dolore, avrebbero vinto le paure.

L’ospite arriva a sette anni da Le ragazze, romanzo di enorme successo che nel 2016 consacrò, a ragione, Emma Cline tra le giovani scrittrici più talentuose d’America. La protagonista di Le ragazze è Evie, quattordicenne californiana che entra a far parte della Mason Family, la comunità di hippy assassini responsabili dell’omicidio di Sharon Tate. L’ospite, che apparentemente si muove lungo binari diversi, mantiene del precedente romanzo lo stretto legame tra amore, morte e sesso e non si limita nell’utilizzo di parole dure e crudeli.

“Nelle mani di Emma Cline ogni frase diventa affilata come un bisturi”, ha scritto The New York Times. E non avrebbe potuto dirlo meglio. Che spettacolo leggere pagine tanto precise.

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