Mary Chamberlain insegna storia a Oxford. Nell’estate del 2014, mentre sfoglia un saggio sulla Seconda Guerra Mondiale, si imbatte nel mistero del vestito da sposa di Eva Braun, l’amante di Hitler, disegnato da una sarta sconosciuta. Da lì nasce l’idea per il suo primo romanzo… – L’intervista

Mary Chamberlain insegna storia a Oxford. Nell’estate del 2014, mentre sfoglia un saggio sulla Seconda Guerra Mondiale, si imbatte nel mistero del vestito da sposa di Eva Braun, l’amante di Hitler, disegnato da una sarta sconosciuta. E allora la sua fantasia comincia a viaggiare, immaginando una ragazza deportata in un campo di concentramento che ha il sogno di diventare stilista. Da qui nasce La sarta di Dachau, il suo primo romanzo, caso editoriale ancora prima di essere pubblicato, e che ora arriva nelle librerie italiane per Garzanti.

Chamberlain1L’autrice

La trama? Siamo nella Londra del 1939 e Ada Vaughan non ha ancora compiuto diciotto anni quando capisce che basta un sogno per disegnare il proprio destino. E il suo è quello di diventare una sarta famosa, aprire una casa di moda, realizzare abiti per le donne più eleganti della sua città. Un viaggio imprevisto a Parigi le fa toccare con mano i confini del suo sogno: stoffe preziose, tagli raffinati, ricami dorati. Ma Ada rimane intrappolata in Francia a causa della guerra, senza la possibilità di ritornare a casa. Ada non ha colpe ma viene deportata nel campo di concentramento di Dachau dove, per sopravvivere, si aggrappa all’unica cosa che le rimane, il suo sogno. La sua abilità con ago e filo le permette di lavorare per la moglie del comandante del campo e gli abiti prodotti nei lunghi anni di prigionia sono sempre più ricercati, nonostante le ristrettezze belliche. La sua fama travalica le mura di Dachau e arriva fino alle più alte gerarchie naziste: le viene commissionato un abito che dovrà essere il più bello della sua carriera. Ma Ada non sa che quello che le sue mani stanno creando non è un abito qualsiasi: sarà l’abito da sposa di Eva Braun, l’amante del Führer.

Mary Chamberlain, questo è il suo primo romanzo. Come nasce e si sviluppa la storia? Qual è il vero scopo della narrazione?
“La sarta di Dachau prende vita dal mio desiderio di esplorare la società britannica in un periodo così complesso e articolato come quello della Seconda Guerra Mondiale. Volevo dar voce a chi nella storia è passato sotto silenzio, ossia le donne. E l’ho fatto proprio attraverso Ada Vaughan, la protagonista, una giovane donna che sogna di diventare una sarta famosa e aprire una casa di moda, ma deve necessariamente scontrarsi con un mondo crudele e minaccioso”.

Ada si troverà a realizzare l’abito da sposa di Eva Braun. Cosa ha ispirato questa idea?
“Sappiamo che Eva Braun indossò per il matrimonio il suo abito che piaceva di più a Hitler, di seta nera con rose rosse attorno alla scollatura. Non esistono notizie sicure o fonti storiche certe riguardo la fabbricazione dell’abito. Questo ha dato spazio alla mia immaginazione”.

Come prende vita il personaggio di Ada Vaughan?
“La storia della mia famiglia ha avuto un ruolo cruciale nella realizzazione del romanzo, e in particolare del personaggio di Ada. La mia ispirazione diretta viene dalle mie zie: zia Violet e zia Ada. Violet era una suora, fu internata dai tedeschi e passò gli anni della guerra a curare gli anziani in un ospizio. Era sopravissuta, ma non parlava mai delle sue esperienze e io non le feci mai domande. Negli anni dopo la guerra la gente aveva un disperato desiderio di lasciarsi alle spalle le privazione e le sofferenze. È dovuta passare più di una generazione prima che si potessero raccontare alcune di queste storie. Zia Ada invece se ne andò di casa lasciando il marito e i due figli, che furono allevati dalla nonna. Una cosa scioccante e imperdonabile per quegli anni. In famiglia non si parlò più di lei. Venimmo solo a sapere che aveva sposato l’erede di un ricchissimo industriale, era scappata con un conte ungherese, era stata salvata dietro le linee nemiche e portata oltre la Cortina di Ferro. Dall’unione di queste due storie nasce la mia Ada Vaughan, con i suoi sogni, le sue ambizioni e il suo desiderio di riscatto e di libertà”.

Ada riesce ad andare avanti proprio grazie alla sua passione per la sartoria. Quanto conta essere ambiziosi e credere nei propri sogni?
“I sogni offrono la prospettiva di una vita diversa, ci permettono di credere in un futuro che molto spesso appare incerto. Bisogna poi ricordare che all’epoca in cui è ambientato il romanzo, per una donna credere nei propri sogni era difficile, soprattutto se apparteneva alla classe operaia come Ada. Ma lei è una figura esemplare da questo punto di vista. Cerca sempre di migliorarsi, è ambiziosa e piena di talento, una grande lavoratrice. In ogni caso coltivare le proprie passioni è l’unica fonte di sopravvivenza. Abbiamo bisogno di tornare a sognare insieme”.

Ma a un certo punto della storia il sogno di Ada diventa quasi un vero e proprio istinto di sopravvivenza?
“La passione di Ada per la sartoria è molto più di una semplice passione per l’eleganza in generale. Realizzare vestiti le permette di porre una barriera tra lei e la brutalità del mondo che la circonda. È una metafora della sopravvivenza nel bel mezzo della distruzione. È una forma di resistenza e richiede davvero molto coraggio, molto più di un semplice sogno”.

Si vede simile al personaggio di Ada o la sente molto diversa da lei?
“Sì, in parte mi vedo simile. Amo i vestiti e mi piace realizzarli personalmente, ma non ho mai desiderato diventare una fashion designer, al contrario di mia sorella, che realizza modelli splendidi. Ada però è una vera ribelle, e nonostante speri di esserlo anche io, non so se avrei avuto tutto il suo coraggio e tutta la sua intraprendenza. Ma in fondo il bello della letteratura è proprio il fatto che puoi immaginare per un attimo di essere chi vuoi”.

Sta già pensando a un nuovo romanzo?
“Sì, il mio nuovo romanzo è ambientato sulle isole della Manica, sotto l’occupazione tedesca, un periodo della storia britannica ancora molto nebuloso, controverso e poco studiato. Il mio interesse resta comunque legato ai temi e ai dilemmi della resistenza e del collaborazionismo. Ma non voglio dare troppe anticipazioni. È ancora tutto da costruire”.

 

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