In occasione dell’uscita de “L’avventurosa storia dell’uzbeko muto”, il grande autore cileno spiega a IlLibraio.it: “Il racconto è una sfida, devi raccontare una storia in modo coinciso, con le parole giuste, non una di più e una di meno…”

“Scrivo racconti perché è il genere più difficile, il racconto è una sfida, devi raccontare una storia in modo coinciso, con le parole giuste, non una di più e una di meno. E a me piacciono le sfide”. A spiegarlo a IlLibraio.it è Luis Sepúlveda, lo scrittore cileno classe ’49, che torna in libreria per Guanda con la raccolta di racconti L’avventurosa storia dell’uzbeko mutoe che per l’occasione torna anche nell’amata Italia: dal 7 al 14 marzo a Pordenone per il festival “Dedica”, e il 15 marzo a Roma per “Libri Come”.

GuandaLa raccolta di racconti in uscita

In questo nuovo libro l’autore de Il vecchio che leggeva romanzi d’amore racconta i sogni di una generazione. E lo fa attraverso la lente dell’affetto e dell’ironia, che stempera le tensioni e ci riporta intatti le passioni e i momenti di entusiasmo della sua giovinezza militante. A partire dal personaggio più vistoso del libro, l’uzbeko muto, che non è né uzbeko né muto. Si tratta infatti del peruviano Ramiro, vincitore di una borsa di studio all’Università Lomonosov, che sogna, come tanti studenti del Terzo Mondo, un’istruzione sovietica nella Patria del Socialismo. Peccato che a Mosca non ci sia nulla di quello che interesserà davvero a Ramiro, cioè le ragazze, la musica e l’alcol. Peggio gli va quando tenta di avvicinarsi a Praga, dove si dice che tutte queste cose abbondino, per approdare invece in Uzbekistan, con un freddo glaciale, gente che parla solo russo e nemmeno un goccio d’alcol, perché è un paese musulmano. Come tornare almeno a Mosca? Affidandosi agli espedienti di un pope avvinazzato e fingendosi appunto uzbeko (e muto)…

(fonte foto: https://www.flickr.com/search/?w=10022299@N08&q=sepulveda)

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