Crocifisso Dentello torna il libreria con “Tuamore”, un memoir in cui fa i conti con il dolore per la morte della madre affidandosi alla letteratura – Su ilLibraio.it un estratto

Tumore, parola nera e impronunciabile, si trasforma nella sua coscienza di figlio in Tuamore, termine che contenendo la parola amore ne spiega il significato.

Crocifisso Dentello fa i conti con il dolore della perdita affidandosi alla letteratura e alla parola scritta. In Tuamore, un memoir (edito da La Nave di Teseo) in bilico tra commozione e divertimento, lo scrittore brianzolo racconta i momenti felici di una vita vissuta insieme e quelli dolorosi della malattia, nel ricordo di una donna spesso esilarante, capace di affrontare i suoi giorni a colpi di commedia. Una madre, che muore prematuramente a 62 anni, e un figlio che ne ripercorre la vita scegliendo di esorcizzare il dolore con il sorriso.

Due mesi dopo la scomparsa dell’amata madre, nel gennaio del 2021 lo scrittore aveva lanciato un’appello su Facebook invitando le persone a spedire libri che sarebbero poi finiti sugli scaffali di una piccola biblioteca, all’interno dell’Istituto Tumori di Milano (ma anche in altri ospedali come l’Istituto Europeo di Oncologia), in memoria di mamma Melina, che era in cura proprio lì. “Vorrei convertire il mio dolore – spiega su Il Giorno – a beneficio di chi soffre. Regalare libri ai malati di cancro“.

A distanza di più di un anno esce questo libro, un modo da parte sua di ricordare la madre, cercando di non soccombere alla perdita del suo affetto più caro.

Tuamore di Crocifisso Dentello

Per gentile concessione della casa editrice, su ilLibraio.it un estratto:

Quando la sera rincaso, nell’attraversare il cortile interno, mi atterrisce sempre quel rettangolo scuro al terzo piano del nostro stabile. Fintanto che c’eri tu la finestra della sala non mancava di rimanere illuminata fino a tarda ora.
Per me tornare a casa ha significato per anni essere accolto da quella luce calda.
Ora la finestra è il desolato benvenuto dei vuoti che mi attendono. Il tuo spazzolino da denti è rimasto a indurire nel bicchiere in bagno, il tuo rosario di madreperla a prendere polvere sul comodino.
Ogni volta che aprivo la porta era il solito siparietto. Io ti salutavo con un Salve dottoressa e tu, mimando l’italiano maccheronico di Ollio, ti esibivi in un Arrivedorci.

Non ci sono più le tue scarpe basse ben appaiate all’ingresso, il tuo smanicato nero a penzolare dall’attaccapanni a muro, la vaschetta di carne macinata lasciata a scongelare sullo scolatoio del lavello, le riviste di gossip impilate sotto il televisore, i tuoi amati romanzi di Sveva Casati Modignani con i fiori secchi a marcare il segno tra le pagine.
Basta una minima distrazione dagli automatismi quotidiani perché il tuo spettro si depositi come polvere sulle pareti, sui mobili, sugli oggetti.

Ogni dettaglio riemerge con ostinata prepotenza. La tazzina di caffè amaro per colazione, il grembiule sulla spalliera di una sedia, lo stendino ricolmo di panni umidi, un ricettario aperto sul tavolo, il cigolio del deambulatore che pattina sul corridoio, lo scialle di lana ripiegato sul divano.

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Un paesaggio che ho pensato immutabile, rotto solo dalle variazioni che la terza età avrebbe portato con sé.
Mi sono illuso che un giorno avrei specchiato il mio corpo fragile nel tuo e che l’inevitabile separazione sarebbe arrivata con un senso di sollievo per la sazietà di essere stati troppo a lungo vivi. Se mi vedessi passare in rassegna i tuoi effetti personali come fossero reliquie non esiteresti a rimproverarmi: Non essere morboso!

Mi piace rovistare nella biscottiera di latta dove ho riposto i tuoi occhiali con una stanghetta allentata, il cellulare Nokia con il display rigato, una tessera delle Ferrovie Nord con una foto che ti immortala in una posa assonnata, un biglietto da visita del tuo parrucchiere di fiducia, un santino che ritrae la Madonna di Fatima, la stampa di un prelievo Bancoposta, un pezzetto di carta ripiegato in quattro dove con la tua calligrafia allungata come un elettrocardiogramma avevi annotato una citazione pescata chissà dove: “Che cos’è la felicità? Una casa con dentro le persone che ami”.

© 2022 La Nave di Teseo

(continua in libreria…)

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