Netflix non smette di sfornare serie per tutti i gusti: è il turno degli appassionati di distopie e cyberpunk con “Altered Carbon”, serie tv sceneggiata da Laeta Kalogridis, basata sul romanzo “Bay City” di Richard Morgan

Netflix non smette di sfornare serie per tutti i gusti: è il turno degli appassionati di distopie e cyberpunk con Altered Carbon, serie tv sceneggiata da Laeta Kalogridis, basata sul libro di Richard Morgan Bay City (Nord, traduzione di Vittorio Curtoni, in uscita in una nuova edizione Tea, con un’intervista inedita all’autore).

2384, Bay City – che un tempo si chiamava San Francisco – ospita un’umanità che, grazie alla tecnologia, ha imparato a immagazzinare l’identità dell’individuo, compresi ricordi e coscienza, in un supporto digitale trasferibile da un corpo all’altro: la morte fisica non è che un passaggio, ora l’immortalità è alle porte – per chi se la può permettere.

Dopo aver trascorso 250 anni di sonno nel ghiaccio, Takeshi Kovacs (interpretato da Joel Kinnaman), ex membro di speciali unità militari, viene risvegliato e trasferito nel corpo di un ex agente di polizia, per volere di un facoltoso e potente aristocratico di 500 anni. Laurens Bancroft (James Purefoy), infatti, ha perso tutti i ricordi degli eventi antecedenti al suo apparente suicidio. Takeshi Kovacs ha ora una missione: trovare l’assassino di quello che ritiene un omicidio.

Tra i temi trattati, il mercato nero dei corpi, la corruzione, la tortura, la prostituzione: i soprusi non hanno freno, quando c’è una tale disparità di mezzi economici. Siamo sull’onda di Black Mirror e di tutte quelle serie che, in fondo, non fanno altro che mostrarci un mondo in crisi, in cui le etichette e le differenze sono esaltate, e soprattutto dove la tecnologia promette di risolvere problemi impensabili, se si hanno a disposizione fondi sufficienti. Un mondo forse un po’ troppo simile al nostro.

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