Dedicato alla natura che riesce insinuarsi tra le rocce e l’asfalto, “Il canto degli alberi” è il nuovo libro dello scrittore Antonio Moresco, il suo personale metodo per affrontare la pandemia e la quarantena, una metafisica passeggiata notturna nella sua città natale, addormentata e silenziosa… – Su ilLibraio.it un estratto dal volume

Scrittore mantovano e autore di culto, Antonio Moresco (1947) ha trasformato la sua quarantena in una nuova esperienza di scrittura, un’opportunità di comunione con la natura che ha dato vita al suo nuovo libro: Canto degli alberi (Aboca Edizioni) è il frutto di metafisiche passeggiate notturne, furtive e silenziose, solitarie occasioni per osservare la stupefacente capacità della natura di germogliare nei luoghi inattesi.

canto degli alberi antonio moresco

Autore della trilogia Giochi dell’eternità, composta da Gli esordi, Canti del caos e Gli increati (Mondadori), Moresco non è estraneo alla scrittura che scaturisce dall’esercizio fisico del camminare: nel 2011 ha partecipato a Cammina cammina, da cui è nato l’omonimo libro collettivo (pubblicato da Effige), cui hanno collaborato le diverse perone che hanno preso parte all’iniziativa, un viaggio a piedi da Milano a Scampia; nel 2012 ha curato il volume Stella d’Italia. A piedi per ricucire il paese (Mondadori), nato dall’esperienza di migliaia di persone che hanno attraversato la penisola a piedi per recarsi all’Aquila, colpita dal sisma; a piedi si è recato da Mantova a Strasburgo nell’ambito del progetto Freccia d’Europa e nel 2015 ha attraversato la Sicilia sulle proprie gambe, per poi fondare l’associazione Repubblica Nomade.

Durante la quarantena imposta dalla pandemia Cov-Sars-2, Antonio Moresco era nella sua città natale, Mantova, e trovandosi confinato, come tutti, tra le mura domestiche, ha cercato rifugio nella scrittura: Il bosco degli scrittori, la collana di Aboca Edizioni che raccoglie testi dedicati ciascuno a una specie di albero in particolare, lo ha ispirato a scrivere un libro ispirato agli alberi che tra le rocce, si insinuano nei muretti, prosperando lì, dove non sembra esservi spazio per loro.

Scrittore colto, autore di saggi, romanzi e racconti, Antonio Moresco si concede solo qualche solitaria passeggiata notturna, che diventa un conforto indispensabile e uno strumento di riflessione, un’esperienza onirica, sospesa e dilatata nelle ore più silenziose del giorno, quelle della notte, quando anche il rumore dei passi e il fruscio delle fronde appare un’esperienza mistica: nel pieno delle misure restrittive, lo scrittore mantovano si sofferma sul rapporto sa fisico sia simbolico tra l’Uomo e la Natura; come scrive nella lettera di presentazione al libro, Il canto degli alberi diventa la sua personale e intima strategia per elaborare il trauma che ha attraversato tutto il paese.

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it un estratto dal volume:

Continuavamo e continuiamo a crescere nei muri delle abitazioni a più piani dove gli umani vivono asserragliati, ascoltando in silenzio i loro discorsi e le loro grida, nelle pareti degli edifici incendiati, bombardati e crollati, in quelli delle biblioteche piene di libri fatti con le pelli strappate dal corpo di altri animali e poi con la cellulosa carpita da dentro di noi, andando ad avvolgere con i nostri peli e i nostri villi radicali le montagne di libri franati sepolti sotto le macerie dei terremoti e imparando a poco a poco ad assorbire quello che c’è scritto sopra. Abbiamo cominciato a suggere a poco a poco il vostro sapere stando sotto le macerie umane, dove pensavate che non potesse succede più niente, e invece là sotto stava avvenendo anche un altro terremoto. ‘Che mondo è questo?’ le nostre radici si dicevano l’un l’altra, sbalordite, continuando a correre sottoterra e incrociandosi con mille altre radici. ‘Che pensiero è questo? Che specie è questa? Ne abbiamo viste tante passare, ma mai una specie spaventata, disperata e folle come questa. Ne abbiamo sentiti tanti di passi sopra di noi, di enormi esseri che facevano rimbombare il terreno con i loro mastodontici corpi ricoperti di squame e le loro enormi zampe piene di unghie, oppure con i loro passi e i loro balzi felpati che quasi non si sentivano. Ma mai dei passi così sgraziati, così sbilenchi. Noi stiamo in ansia, qui sotto, quando gli umani camminano sopra di noi, perché ci sembra sempre che stiano per cadere a ogni passo. E poi il loro pensiero, le loro astrazioni, le parole attraverso le quali trasmettono il loro presunto sapere… Come sono riusciti gli esseri di questa specie a strangolarsi da soli con il loro stesso linguaggio e con i loro versi polmonari trasformati in parole?’

Noi alberi invece ce ne stiamo sprofondati nel nostro silenzio, perché gli uccelli cantano, gli insetti stridono, gli animali fanno dei versi, gridano quando vengono sgozzati, mentre noi ce ne stiamo muti, anche quando veniamo spezzati, abbattuti con le accette, segati, e piombiamo a terra di schianto con tutti i nostri rami e le nostre chiome che stavano andando a cercare la luce. Voi non sapete, non riuscite neppure a immaginare che risparmio di forze è il silenzio, che crogiolo è il silenzio! Voi non sapete che cosa succede quando non ci sono vie di fuga attraverso il proliferare astratto del linguaggio e tutto passa solo attraverso la crescita inarrestabile, cieca, infinitamente paziente, e il sapere non è separato ma fa un tutt’uno con i corpi sapienti e li modifica facendogli assumere mille diverse forme silenziose e inventate. Voi non sapete che enorme risparmio di energie, che enorme difesa sia non avere una voce percepibile da organi di senso separati. Perché noi abbiamo una voce ma è una voce che non si sente. Perché noi possiamo parlare solo con chi riesce a sentirci, come stiamo parlando adesso con te, che hai imparato a sentire la nostra voce come noi abbiamo imparato a sentire la tua e a fidarci di te, come avevamo imparato a sentire quella del nostro antico poeta. Perché noi possiamo parlare solo con i poeti e solo loro possono intendere la nostra silenziosa voce al culmine delle ere.

(Continua in libreria…)

Nota: la foto dell’autore in alto è © Felicia Ferrara.

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