“Quando le esperienze negative non vengono elaborate e viste come un fattore di crescita, ma vissute con rassegnata impotenza, in quanto segno della propria misera condizione, diventano una zavorra che impedisce all’uomo di andare avanti e crescere”. Su ilLibraio.it la riflessione del biblista frate Alberto Maggi, che riflette su quel “D’ora in poi”, l’invito e l’augurio di Gesù che spingerà le persone che incontra a cambiare, a non guardare indietro ma ad andare avanti e aprirsi al nuovo

D’ORA IN POI

La condizione dell’essere umano è segnata dall’imperfezione. Da quando si viene alla luce c’è un cammino in crescita verso la realizzazione di se stessi, partendo da ciò che si è per cercare di arrivare a ciò che si vuole essere (“noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato”, 1 Gv 3,2). In questo percorso sono inevitabili, in quanto fanno parte della condizione umana, le cadute, gli errori, gli sbagli. Esperienze indubbiamente negative queste, ma che permettono all’individuo di conoscersi meglio, di constatare con onestà e sincerità i propri limiti e quindi di accettare quelli degli altri. Soprattutto, avendo toccato con mano la propria fragilità, si diventa incapaci di giudicare quella altrui. Quando il cuore dell’uomo si sintonizza con la misericordia divina, anche dal male può fiorire il bene, al punto che Paolo arriva a scrivere che “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20).

Nella Chiesa si è arrivati addirittura a definire “felix culpa” il peccato di Adamo. Quando però le esperienze negative non vengono elaborate e viste come un fattore di crescita, ma vissute con rassegnata impotenza in quanto segno della propria misera condizione, esse diventano una zavorra che impedisce all’uomo di andare avanti e crescere.

Nella sapienza biblica è questo il peccato. Creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26-27) e chiamato alla pienezza di vita, l’individuo si ripiega nel suo angusto orizzonte, dove i suoi limiti e le infedeltà verso se stesso lo conducono al rinnegamento delle proprie aspirazioni, rallentando o addirittura ostacolando la propria crescita. Chiamato ad accogliere l’acqua zampillante che diventa torrente impetuoso, l’uomo si rassegna invece a essere un immobile pantano di acqua stagnante.

A liberare l’essere umano da questa situazione che lo rende inerte, eliminando il peso delle colpe che lo schiacciano e lo bloccano, interviene il Signore, che lo aiuta a risollevarsi e a riprendere il suo cammino. Con l’offerta incessante del suo amore che si fa perdono, egli fa nascere nei credenti la certezza che anche “se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso” (2 Tm 2,13). Non c’è nessun peccato che sia ostacolo per il suo perdono, perché, come assicura Dio stesso, “anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana” (Is 1,18).

Se concedere il perdono è facile per il Signore, accettarlo è però difficile per l’uomo. Dio, infatti, perdona e non ricorda più la colpa. L’uomo invece accoglie il perdono, ma non riesce a dimenticare, così i peccati, gli errori e gli sbagli del passato tornano e ritornano nel suo cuore e nella sua mente, alimentando rimorsi e un senso irrimediabile di impotente frustrazione. Per questo, nella Scrittura, il peccatore che guarda indietro, al proprio passato, viene incitato dal Signore a rivolgere lo sguardo sul presente e verso il futuro che lo attende.

Il messaggio che con insistenza Dio rivolge all’uomo, che si sente schiacciato dal senso di colpa, è di non guardare al passato. Lo ha compreso bene Ezechia, re di Giuda, che lo ringrazia dicendogli “ti sei gettato dietro le spalle tutti i miei peccati” (Is 38,17). Il profeta Michea conclude il suo Libro presentando un Signore che anziché essere irato per le colpe degli uomini “si compiace di manifestare il suo amore”, gettando i loro peccati “in fondo al mare” (Mi 7,18-19). Gettare qualcosa in fondo al mare significa perderlo per sempre, perché nessuno potrebbe immergersi nelle profondità degli abissi per recuperarlo. Gettando i peccati degli uomini in fondo al mare il Signore vuole far comprendere che per lui non sono più presenti, in quanto riguardano un passato che è stato definitivamente cancellato. Se Dio dimentica i trascorsi negativi degli uomini, perché ad essi piace invece ritornarci su in un masochistico circolo vizioso? “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche!” (Is 43,18) è l’imperativa esortazione del Signore nel Libro del profeta Isaia, perché il Creatore fa una cosa nuova che “proprio ora germoglia”, ma chi guarda al passato non se ne accorge (Is 43,19).

La buona notizia di Gesù, quella di un amore divino che tutto perdona e tutto cancella, spinge gli uomini verso il nuovo, verso le meraviglie che l’accoglienza del progetto d’amore che il Padre ha per ogni creatura può far fiorire nella sua esistenza.

Ci ha creduto Maria. La sconosciuta ragazza di un malfamato paesino (“Da Nazaret può venire qualcosa di buono?”, Gv 1,46), una volta accolto il disegno di Dio su di lei, esclama: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1,48). Non importa più quello che lei era. Maria ha creduto di essere un progetto d’amore da parte di Dio e quel “d’ora in poi” la proietta in un futuro ricco di promesse.

“D’ora in poi” sarà l’invito e l’augurio di Gesù che spingerà le persone che incontra a cambiare, a non guardare indietro ma ad andare avanti e aprirsi al nuovo (“Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove”, 2 Cor 5,17). E Gesù lo fa con i primi che invita a seguirlo, pescatori dediti al loro lavoro. Ma prima deve vincere la resistenza dovuta alla dottrina religiosa, che inchioda gli uomini nella loro condizione di peccatori e che li fa sentire indegni di avvicinarsi a Dio. Per questo Simon Pietro, al suo primo incontro con Gesù, lo rifiuta e gli intima, in forma imperativa, di allontanarsi da lui perché è un peccatore (Lc 5,8). Non sa ancora che Gesù è venuto proprio per chiamare i peccatori a un cambio di vita (Lc 5,32).

Per questo il Signore non solo non si allontana, ma chiede a Simone di non temere e lo sprona a un radicale cambiamento: “D’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,10). Lo invita a trarre fuori gli altri uomini da un ambito di pericolo e di morte per restituire loro vita. Pietro guardava al suo passato di peccatore, Gesù lo spinge a un futuro di pescatore. A Gesù non interessa se Pietro sia peccatore o no, non investiga sul suo rapporto verso Dio e lo esorta a guardare al futuro, al suo modo di agire verso gli uomini. Se finora il pescatore Simone ha lavorato per il proprio interesse, “d’ora in poi” il Signore gli propone di cambiare e di lavorare per l’interesse degli altri.

L’identico invito “d’ora in poi” si ritrova nel drammatico episodio di una donna scoperta in flagrante adulterio. Scribi e farisei, ligi esecutori e difensori della Legge divina, vogliono ammazzarla secondo le prescrizioni date da Mosè, che “ha comandato di lapidare donne come questa” (Gv 8,5; Lv 20,10). Smascherati gli spietati accusatori della donna (“Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”, Gv 8,7), Gesù le si rivolge con parole di profondo rispetto. Non la inchioda al suo passato (il peccato), ma le apre nuove prospettive, offrendole la parola viva e vivificante di quel Dio che fa nuove tutte le cose: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11). L’accoglienza della parola di Dio, che “è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio” (Eb 4,12), aiuta la persona a recidere le catene del proprio passato, a liberarsi da rimorsi e tormenti per gli errori compiuti. Così l’uomo diventa una creatura nuova, che sperimenta che “la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv1,5). Il male compiuto non l’ha schiacciato ma fatto fiorire, pertanto può esclamare con Paolo che “in tutte queste cose siamo più che vincitori” (Rm 8,37).

L’AUTORE – Alberto Maggi (nella foto grande di Basso Cannarsa, ndr), frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme.

Biblista e assiduo collaboratore de ilLibraio.it, è una delle voci della Chiesa più ascoltate da credenti e non credenti. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» a Montefano (MC), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere. Con Garzanti ha pubblicato Chi non muore si rivede, Nostra signora degli ereticiL’ultima beatitudine – La morte come pienezza di vita, Di questi tempi, Due in condotta, La verità ci rende liberi (una conversazione con il vaticanista di Repubblica Paolo Rodari) e Botte e risposte – Come reagire quando la vita ci interroga.

Il suo nuovo libro, sempre in uscita (in primavera) per Garzanti, è dedicato alla figura di Bernadette.

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

Fotografia header: Alberto Maggi - foto di Basso Cannarsa

Abbiamo parlato di...