Cinquantuno giorni in gara, trentatré ghigliottine (di cui otto indovinate) e duecentottantamila euro vinti, prima del ritiro a sorpresa. L’intervista de ilLibraio.it al campione dei record Massimo Cannoletta, dall’infanzia nel Salento al doppio giro del mondo in crociera fino ai retroscena della partecipazione al quiz di Rai1 “L’Eredità”: “Pensavo di uscire dopo la prima puntata. Quando ho guardato Flavio Insinna per annunciare l’addio mi sono commosso. Ho due case piene di libri, sono un accumulatore seriale e patologico, perché temo sempre di restare senza qualcosa da leggere…”. Quanto ai progetti futuri…

A L’Eredità era passato un mese, e non sbagliava un colpo. Era passato quasi un altro mese, e non sbagliava un colpo. L’antivigilia di Natale, ancora saldamente in sella, l’annuncio a sorpresa: “Torno a casa perché devo fare il presepe“.

Dopo cinquantuno giorni in gara, trentatré ghigliottine (di cui otto indovinate) e duecentottantamila euro vinti, Massimo Cannoletta, 46 anni, salentino di Acquarica di Lecce, frazione di Vernole, se n’è uscito quasi alla chetichella dal quiz più longevo (e visto) della tv italiana, l’erede del Rischiatutto di Mike Bongiorno, dove lo spettacolo si basa su domande di cultura generale e giochi legati alla lingua italiana che ogni telespettatore può provare a indovinare.

Una “macchina” che dal 2002 organizza diecimila provini all’anno, tra i quali vengono selezionati millecinquecento partecipanti, e dove pure abbondano gli strafalcioni dei concorrenti che finiscono puntualmente sui giornali. Tipo questo: “Qual è l’opera più famosa del musicista Ravel?”. Risposta: “L’urlo di Munch”. Oppure: “Qual è la lingua ufficiale della Slovenia? Il finlandese”. O ancora: “Dove si trova la Tour Eiffel? A Pisa”.

Sui social, il campione de L’Eredità si chiama “Massimo 20”, alludendo alla durata dei suoi podcast e pillole divulgative sui temi più vari, dal mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto alla cantante cubana Celia Cruz, dalle opere in marmo di Francesco Granito al ramen tonkotsu, un piatto tipico giapponese.

Cannoletta, ma lei sa proprio tutto?
“Sui social è scoppiata una bufera quando ho sbagliato la risposta a una domanda su Harry Potter. I fan mi hanno rimproverato con una valanga di messaggi: ‘Massimo, da te non me l’aspettavo'”.

Ahi ahi.
“Ho letto solo il primo libro tanti anni fa. Ma ora recupero e gli dedico tutto il tempo che merita”.

Lo sa che Umberto Eco guardava L’Eredità tutti i giorni?
“Non mi stupisce. È un intrattenimento leggero ma intelligente, un ottimo esempio di servizio pubblico, perché seguendo la gara uno si diverte e impara anche tante cose”.

Dica la verità: il discorso d’addio se l’era preparato?
“No. Avevo solo deciso che quel giorno avrei lasciato, ma non avevo avvisato nessuno. Ero reduce da due mesi a Roma da solo, dove la mia vita era: albergo, studi televisivi, albergo. Quando sono arrivato in gara, il primo novembre, mi ero preparato un discorso d’addio perché ero convinto di uscire alla seconda o al massimo alla terza puntata”.

Addirittura.
“Sì. Poi l’avventura è andata avanti per quasi due mesi, ho fatto amicizia con tutti, mi sono affezionato agli autori e a Flavio Insinna. Così, quando è arrivato il momento di andarmene, il 23 dicembre, mi sembrava brutto liquidare tutto con parole di circostanza. Ho guardato Flavio negli occhi, non volevo dire ‘mi ritiro e me ne vado’, e così ho scelto una formula più soft che mi è venuta spontanea in quel momento. Congedarmi mi è costato molto affettivamente, ma ero un po’ stanco”.

Le è pure scesa una lacrimuccia.
“Mi dispiaceva lasciare le persone, non la gara. L’Eredità è un bellissimo ambiente che consiglio a tutti coloro che vogliono cimentarsi con un quiz televisivo”.

Com’è Insinna dietro le quinte.
“È un conduttore intelligente e una persona molto disponibile. Conoscendo la mia grande passione per la divulgazione, durante il gioco mi ha consentito di raccontare in trenta secondi alcune microstorie e curiosità”.

Come ha fatto a restare in gara così tanto tempo? Anche se si è preparati, la tv non è mai facile.
“Sono la persona meno competitiva della terra, odio la competizione, a scuola passavo i compiti a tutti. L’ho preso come un divertimento, solo così si va avanti. Ho visto concorrenti che arrivavano gasatissimi e con un forte spirito competitivo, che gli causava grande nervosismo, e che cadevano su domande banalissime. La voglia di vincere, spesso, gioca brutti scherzi”.

Che infanzia è stata la sua?
“Molto tranquilla, alla Heidi (ride, ndr). D’estate, da buon salentino, in giro in campagna e al mare, d’inverno chiuso in casa a leggere e basta. Non facevo altro. Senza Internet, Netflix e tutto l’intrattenimento tecnologico di oggi c’erano solo le riviste di divulgazione e i libri”.

Quanti ne possiede?
“Due case piene, la mia e quella dei miei genitori, ma non li ho mai contati tutti. Sono un accumulatore seriale, è una forma compulsiva perché temo sempre di restare senza qualcosa da leggere. Ho anche due hard disk pieni, non mi basterebbe una vita intera per leggere tutto quello che ho accumulato”.

Adesso cosa sta leggendo?
“Tre libri contemporaneamente: I segreti del Vaticano di Corrado Augias, Happydemia di Giacomo Papi di cui ho letto anche Il censimento dei radical chic che mi è piaciuto molto e il libro su Dante del professor Alessandro Barbero”.

Legge più narrativa o saggistica?
“Alterno, ma ultimamente preferisco manuali di storia, arte e racconti di viaggio”.

L’ultimo romanzo letto?
“L’intera serie del Trono di Spade di George R. R. Martin in lingua originale. Poi ho visto anche la serie, ma mi ha deluso il finale. Molto meglio i romanzi”.

Quante lingue conosce?
“Parlo francese, tedesco, spagnolo e inglese”.

Il suo autore preferito?
“Sándor Márai. Peccato abbia scritto poco”.

Scriverà un libro?
“Se dovesse capitare, perché no?”.

Su quale tema?
“Storia, arte o viaggi. A settembre ho fatto un giro in auto da Santa Maria di Leuca a Trieste per cercare i posti più sconosciuti e meno turistici e raccontarli sui social. Ho fatto anche il giro del mondo due volte in crociera: quattro mesi consecutivi in nave”.

Quindi ha visto tutto.
“Solo il due per cento. Se per tutto intende le mete turistiche più gettonate allora sì, ho visto quasi tutto”.

Che studi ha fatto?
“Liceo Classico, il mitico ‘Palmieri’ di Lecce. Nel 1998 mi sono laureato in Scienze Politiche all’Università di Bari”.

La passione per la divulgazione quando nasce?
“Con i miei nipoti, Giacomo e Laura, che oggi hanno rispettivamente 26 e 24 anni. Sin da piccoli hanno viaggiato con me e in ogni posto che li portavo, mi fermavo e raccontavo loro tutti i segreti di quel luogo, adeguando il linguaggio alla loro età. Poi ho continuato come accompagnatore turistico sia a terra, in Italia e in Europa, sia in mare, sulle navi da crociera, dove ho lavorato dalla fine degli anni Novanta, per poi smettere e ricominciare di nuovo nel 2010, ricoprendo varie posizioni, fino al responsabile di bordo. Tenevo conferenze, organizzavo il programma culturale per i viaggiatori e spiegavo tutti i segreti dei porti di scalo. La compagnia mi dava carta bianca, la gente era entusiasta”.

Quando la scorsa primavera si è dovuto fermare per la pandemia come ha reagito?
“Ho iniziato a fare podcast divulgativi su vari temi, dai monumenti a personaggi artistici. Ho molti interessi, tutti diversi e distanti tra loro”.

Chi sono i suoi divulgatori preferiti?
“Piero e Alberto Angela, il professor Barbero, Piergiorgio Odifreddi, anche se i temi scientifici non sono nelle mie corde, Margherita Hack, Corrado Augias, Paolo Mieli e il grande Philippe Daverio, che ha scritto libri fantastici e aveva un atteggiamento edonistico verso la vita molto simile al mio”.

S’ispira a qualcuno di loro?
“No, ognuno ha il suo stile. E poi loro sono figure mitiche alle quali non oso neanche paragonarmi. Il mio desiderio, quando faccio divulgazione, è piantare il seme della curiosità nel pubblico, e per questo nei racconti non dico mai tutto”.

Funziona?
“Sì. Quando mi scrivono che non conoscevano quel posto e che andranno a vederlo, faccio salti di gioia, perché vuol dire che ho raggiunto il mio obiettivo”.

Le pesa tutta questa popolarità?
“No. Mi dispiace solo una cosa: ricevo migliaia di messaggi sui social e non riesco a rispondere individualmente a tutti”.

Cosa le scrivono?
“Di tutto. Complimenti, segnalazioni di luoghi e storie particolari, vicende personali. Sono una persona molto curiosa e mi piace leggerli. Tanta gente colpita dal Covid mi ha detto che si è distratta guardandomi in tv. Un ragazzo mi ha scritto che quando ero in gara guardava ogni puntata insieme a suo papà che poi è morto, e che quella è stata l’ultima cosa che ha fatto insieme con lui. Una signora mi ha detto che ha chiamato Massimo il suo gatto”.

Lei è sposato?
“No, e non ho figli”.

La sua famiglia come vive la sua celebrità?
“Sono molto discreti, l’esatto contrario di me. Papà è un ex tecnico della Sip in pensione. Ogni giorno pranzo con lui, mia sorella, mio cognato e i miei due nipoti. Ad Acquarica abitiamo tutti sulla stessa strada”.

Crede in Dio?
“M’interessa molto la spiritualità e m’intrigano gli spunti che offrono tutte le religioni. Sono molto aperto e curioso. Dopo aver visto l’Oriente non credo che ci siano religioni vere e altre false”.

Il luogo che l’ha colpita di più?
“L’India, perché mescola bellezza e crudeltà. È stato un colpo durissimo vedere la familiarità delle persone con la morte e la malattia. I colori vividi di alcuni scorci e i cadaveri gettati per strada come da noi le cartacce”.

Se dovesse scegliere un posto dove ritirarsi?
“Su un’isola del Pacifico con pareo, infradito, collare di fiori e tanti libri”.

Cosa farà con i soldi che ha vinto?
“Ancora non lo so. Vorrei spenderli per viaggiare e conoscere posti da raccontare sui social. L’unica passione della mia vita è scoprire e raccontare”.

Libri consigliati