Graphic designer di fama internazionale, il 12 maggio, dalle ore 16.30, Carin Goldberg accompagnerà i visitatori in un tour inedito nel Cimitero Monumentale di Milano. Su ilLibraio.it il dialogo tra lei e Pietro Corraini, a cura di Ivan Canu (illustratore e direttore di Mimaster Illustrazione). Un’occasione per parlare (anche) di design e lettering delle copertine dei libri: “In Europa spesso è un po’ tradizionale, accademico, conservativo. Non credo che gli editori abbiano compreso le tante possibilità che oggi il design di una copertina può offrire…”

Quando il carattere è Monumentale

dialogo con Carin Goldberg e Pietro Corraini su design e lettering

Carin Goldberg, designer newyorchese d.o.c., in trent’anni di splendida carriera ha disegnato centinaia di copertine e riviste per le più importanti case editrici internazionali. Dopo molti anni di insegnamento alla SVA, arriva in Italia per il suo primo workshop (sulle copertine di libri, in collaborazione con l’editore Penguin) al Mimaster Illustrazione di Milano.

L’occasione è speciale, perché proprio a Milano Carin Goldberg ha realizzato il progetto “Monumentale” per Corraini Edizioni, un set di timbri ispirati ai caratteri tipografici del Cimitero Monumentale, e perché il 12 maggio dalle 16.30 un gruppo di fortunati visitatori potrà farsi guidare tra lapidi e mausolei alla scoperta dell’evoluzione dei caratteri tipografici dello storico cimitero di Milano: dal sans serifs di epoca fascista, ai caratteri Art Nouveau e Art Deco, al font tipico degli anni ’60 e ’70 (visita guidata su prenotazione organizzata da Mimaster Illustrazione, posti esauriti).

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A Carin Goldberg e Pietro Corraini chiedo come è nata l’idea di realizzare un set di timbri tipografici.

C.G. “Quando Pietro mi ha proposto di inviargli alcune idee per un alfabeto che rientrasse nella serie di timbri già inaugurata da Italo Lupi, ho subito pensato che avrei voluto ispirarmi ai caratteri tipografici del Monumentale. Quando sono in viaggio mi piace molto visitare i cimiteri. Spesso sono posti bellissimi e unici, molto diversi gli uni dagli altri. Ero già stata al Monumentale molte volte, ma durate i mesi passati a Milano nel corso del 2015 mi sono ritrovata spesso lì, con il mio cane Louie, a passeggiare e scattare fotografie tra i mausolei e le lapidi. Ma è solo quando Pietro mi ha proposto di disegnare i caratteri di un alfabeto che ho pensato di utilizzare i miei studi fatti durante quelle visite come idea per dei timbri. Nonostante qualche volta avessi già eseguito su commissione di lavori di lettering per copertine, non sono una esperta di calligrafia né una designer di font o di caratteri. Mi considero più una tipografa e una creatrice di immagini. Ma l’elaborazione e il disegno di un font è un’arte che mi ha sempre appassionato, ed è inoltre qualcosa che credo saprei fare bene. Mi sono divertita molto a realizzare i timbri per Pietro”.

P.C. “L’idea di fare un set di timbri è nato dalla passione che in studio abbiamo per ogni tipo di carattere e ogni metodologia di stampa. Avevamo già lavorato con Italo Lupi al primo set, (dal titolo, non a caso, ‘Italico’), ovviamente ci saranno altre puntate e stiamo provando a capire chi ci piacerebbe coinvolgere per fare questo lavoro in maniera ancora sorprendente e divertente”.

Con Carin la collaborazione è nata prima ancora, a Brooklyn…

P.C. “Quando con mia moglie Ilaria abbiamo vissuto per pochi mesi a New York abbiamo conosciuto Carin e suo marito Jim (progettista del Padiglione statunitense ad EXPO 2015) prima ancora di costruire un rapporto creativo subito ci siamo sentiti accolti in una città nuova e lontana da casa. Abbiamo, come è naturale, iniziato a pensare a progetti e idee e per noi la casa dove le idee si concretizzano più velocemente è il Sedicesimo. Ora stiamo lavorando a un nuovo progetto che però è supersegreto…”.

 C.G. “Con Pietro e sua moglie Ilaria siamo subito diventati amici, lui ha visitato il mio studio e mi ha proposto di disegnare un’edizione di Un Sedicesimo, che rimane uno dei miei progetti preferiti. Pietro mi ha anche chiesto di realizzare un poster per una mostra presso la Libreria 121+ durante il Salone del Mobile 2015 e un nuovo progetto editoriale per il quale, confesso, sono ancora molto indietro, ma spero di fare progressi nei prossimi mesi. Sono molto entusiasta all’idea!”.

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Anche per il lavoro di copertinista, Carin è fra le più apprezzate designer al mondo. C’è una peculiarità che distingue il designer anglosassone in generale e in particolare quello americano: l’utilizzo creativo e sorprendente del lettering, sia manuale che tipografico. Anche editori generalisti, come Penguin, alternano serie “ingabbiate” e tradizionali a uscite fuori collana in cui la creatività degli illustratori e dei grafici si esprime al meglio. In Italia stenta, invece. Quali sono le differenze di sostanza nel lavoro grafico per le copertine fra USA e Italia?

C.G. “Ci sono tendenze diverse in ogni paese. Le copertine realizzate negli Stati Uniti o in Inghilterra tendono a reinterpretare o modificare il design delle copertine tradizionali. Qui, negli Stati Uniti, la consideriamo un’opportunità per sperimentare. Una copertina è vista come un ‘mini-poster’. In Europa il design delle copertine spesso è un po’ tradizionale, accademico, conservativo. Non credo che gli editori abbiano compreso le tante possibilità che oggi il design di una copertina può offrire. Tradizionalmente, le copertine sono state pensate come una traduzione letterale del contenuto del libro. Negli Stati Uniti cerchiamo invece di rendere visivamente il tono della scrittura. Leggiamo tra le righe e cerchiamo di interpretare le metafore, le allusioni, la voce della scrittura. Studiamo le copertine di autori degli anni ’50 come  Paul Rand, McKnight Kiefer e Alvin Lustig. E prendiamo ispirazione dai più grandi autori di poster del ‘900, molti dei quali europei”.

P.C. “In Italia è sempre stata molto forte l’idea di un mercato basato sulla mediazione (il libraio, la collana…) e anche un vago sentimento di rimprovero verso una visione meno seriosa del libro e della letteratura – se ti diverti allora non è cultura! – e al netto di alcune sperimentazioni folli e visionarie. Il lettering manuale è fatto appunto su misura e ogni libro diventa a se, si perde cioè l’idea di collana che è parte fondante del mercato italiano, al contrario di un mercato anglosassone più votato alla vendita del singolo titolo. Le cose stanno cambiando anche qui, nel bene e nel male,  e si sta cercando di trovare una mediazione tra queste due vie.

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Sembra che oggi il lettering sia tornato di moda, almeno in Europa. Cosa è davvero trendy ora nel graphic design e cosa è passato di moda?

C.G. “È difficile rispondere in poche righe… Io credo che ci siano dei trend che ritornano periodicamente nel design delle copertine. Ma quello che va di moda ora è di solito almeno cinque anni indietro rispetto alle nuove tendenze. I lavori migliori di solito nascono dalle nuove generazioni dei designer, che cercano di liberarsi dai vecchi paradigmi e da quello che considerano vecchio, superato, e addirittura da quello che è considerato ‘di moda’. Si tratta di un cambiamento naturale, si verifica per ondate, non è qualcosa di pianificato. E’ un salto generazionale nella percezione e nel linguaggio visuale che viene influenzato dalla cultura del momento. E’ normale che accada così, ed è questo che rende il design più provocatorio e aperto. Ma ci vuole tempo perché questo cambiamento venga riconosciuto dallo status quo. Ci sono pochi editori visionari che sposano il cambiamento e la sperimentazione. Ma sono quelli per cui tutti noi vorremmo lavorare. Ci saranno sempre una manciata di grandi designer capaci di fare lavori rivoluzionari; e clienti che lo renderanno possibile. I lavori ‘trendy’, invece, di solito sono fatti dagli imitatori”.

P.C. “La moda di oggi per lettering tipografia e altre arti un po’ vintage nasce a mio avviso tra una distanza tra ciò che si conosce e ciò che si può fare con un computer o altre tecnologie: in realtà tu non sai bene cosa sta succedendo dentro quella macchina, e in qualche maniera disegnare caratteri a mano è un po’ re-impossessarsi del gesto e dell’azione del fare. Non bisogna però sfociare nell’idea del ‘si stava meglio quando si stava peggio’, perché se una stampa a caratteri mobili è piacevole (quando la si sa fare bene) è comunque giusto confrontarsi con tecnologie e possibilità del proprio tempo”.

C.G. “Vorrei aggiungere che ci sono alcuni designer molto bravi. Louise Fili è una di questi. Ha un gusto squisito e una grande manualità, e utilizza un lettering popolare a seconda del contesto e del contenuto del testo. La sua conoscenza della storia e dell’utilizzo popolare del lettering e dei caratteri tipografici è riconosciuta da pochissimi. Vorrei dire, comunque, che la maggior parte del lettering che vedo è spesso imbarazzante e mediocre. Ma quando è ben fatto è molto emozionante. Certamente, il lettering e i caratteri tipografici hanno avuto una loro evoluzione; anche se ci saranno sempre degli ‘evergreen’, caratteri collaudati e affidabili. Questi però di solito sono nati per usi pratici o di settore; come ad esempio il ‘wood type font o i caratteri utilizzati per i poster. Inoltre utilizziamo moltissimo anche tutto quello che ci arriva dalla Svizzera, dall’Olanda e dalla corrente del  Bauhaus. La griglia grafica è parte integrante della nostra tecnologia. È un linguaggio che i designer accolgono ma che alcuni di loro cercano di distruggere (felicemente)”.

L’AUTORE –  Ivan Canu è illustratore, autore e direttore del Mimaster Illustrazione, Milano.

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