Attoniti lascia l’amore quando il tempo passa e calpesta, ma la poesia può consegnare quell’amore ancora intatto e ancora furente al lettore, perché partecipi alla sua attribuzione del senso: su ilLibraio.it tre brani dalla nuova raccolta di Rossano Astremo

Rossano Astremo torna in libreria con una raccolta di poesie, Hai fatto burrasca (Collettiva): non un discorso amoroso consapevole, come potrebbe esserlo una lettera dal passato alla donna amata, ma una richiesta di senso e memoria, all’interno di un’inquieta partita a scacchi, spostata in difesa, si legge nella presentazione. E ancora: attoniti lascia l’amore quando il tempo passa e calpesta, ma la poesia può consegnare quell’amore ancora intatto e ancora furente al lettore, perché partecipi alla sua attribuzione del senso.

La raccolta di Astremo dice di un amore che sempre è, con i suoi arredi, i suoi metalli, le sue briciole organiche; dice di una burrasca che continua a ruggire, dialogando con tutta l’altra poesia, con tutti gli altri poeti.

L’autore, pugliese, è nato nel 1979. Vive a Roma dal 2007 e ha pubblicato 10 libri, tra cui due sillogi poetiche, Corpo poetico irrisolto (Besa Editrice, 2003), con prefazione di Mario Desiati, e L’incanto delle macerie (Icaro, 2007), introdotto da Flavio Santi.

Hai fatto burrasca

Qui di seguito, per gentile concessione dell’autore, proponiamo tre poesie tratte dalla nuova raccolta:

Dalla moschea arrivano preghiere che tagliano il silenzio,
due gatti amoreggiano nella penombra,
l’alba getta fili di fuoco sulle ore a venire.
Nel covo della stanza i miei occhi inseguono l’umido,
un libro di Barthes è aperto da ore sulla stessa pagina.
Tu sei a poche centinaia di metri da me,
senza un briciolo di sonno, alle cinque del mattino:
a cosa stai pensando?
Chissà se, come milioni di altre volte,
le nostre menti sbocciano lo stesso pensiero.
Collima ancora il nostro immaginario?

 

La nostra epica d’interni danza con le ore:
sostare nel punto dove lingua e cazzo
sono separati dalla sospesa frattura delle menti
non ha senso dopo un anno di rincorse.
Tu mi chiedi: hai mai avuto un’ossessione?
Questa come la chiami? Non ti sembra abbastanza?
Non appartiene ad entrambi? (Brucia le tue remore).
L’ossessione, credimi, mai diverrà follia
perché è cosa buona e giusta che
la ritirata avvenga prima della disfatta.
Vano è dissimulare parvenze di vitalità:
Poter riposare nel tuo cuore
è tutto quello che ti chiedo.

 

Con un bisturi affilato apri il mio cranio,
fuoriescono parassiti dal manto dorato:
è la mia salvezza, rischiavo lo slargo.
La P38 trovata in spiaggia ha dato
un senso alle nostre giornate:
prendere la mira e colpire il bersaglio,
lattine di birra dalla morbida scocca.
Poi il risveglio, in una casa non mia,
nessun parassita, nessuna pistola,
due mani unite, un unico letto,
la voglia suprema di evitare il distacco.

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