IlLibraio.it ha intervistato il responsabile della narrativa italiana Rizzoli. Per parlare del cambiamento in atto nel mercato librario e dell’impatto del calo delle vendite sul suo lavoro; dei pochissimi autori in grado di garantire vendite importanti (dunque molto corteggiati); della difficoltà nel lanciare nuove voci e dei titoli di punta del 2015. Non solo: spazio alla scelta di Carofiglio di pubblicare il “nuovo Guerrieri” con Einaudi Stile Libero. E…

Nel giro di pochi anni il mestiere di editor di narrativa italiana di una grande case editrice è parecchio cambiato e, soprattutto, si è molto complicato. Le cause? Il generale calo delle vendite, ma non solo. Oggi, ad esempio, è sempre più difficile convincere i lettori a scoprire nuovi autori. La conseguenza è (forse) inevitabile: si punta sull'”usato sicuro”. Peccato che di autori in grado di pubblicare anche più di un bestseller l’anno ce ne siano molto pochi. E che, proprio per questo, siano sempre più contesi.

Prendiamo il caso di Gianrico Carofiglio, in libreria con La regola dell’equilibrio (Einaudi Stile Libero), in cui ritroviamo l’avvocato Guerrieri, il suo personaggio più amato. Intervistato da IlLibraio.it nelle scorse settimane, l’ex magistrato ed ex parlamentare ha spiegato perché non ha pubblicato questo libro con Sellerio (l’editore che lo ha lanciato e che ha pubblicato i precedenti romanzi della serie). Tra l’altro, lo scrittore barese non ha scelto neppure Rizzoli, l’editore dei suoi ultimi libri (compreso quello scritto a quattro mani con il fratello Francesco). E, a proposito dei corteggiamenti degli editori nei suoi confronti, ha ammesso: “Mi fa piacere, ovviamente, ma cerco di mantenere un sano distacco. Non ci vuole niente a rimbecillire, in situazioni del genere”.

Michele Rossi Rizzoli

Ci siamo chiesti cosa ne pensa Michele Rossi (nella foto sopra, ndr), responsabile della narrativa italiana Rizzoli, che ha vissuto da molto vicino questi cambiamenti. Al telefono con IlLibraio.it, Rossi per prima cosa commenta la scelta di Carofiglio: “Non nascondo che ci sarebbe piaciuto pubblicare noi il nuovo Guerrieri. Non posso condividere la sua scelta, ma in fondo da lettore fedele e amico sono sinceramente contento per il primo posto in classifica, come editore avrei preferito festeggiare insieme”. Rossi ci tene a precisare, però, che Rizzoli e Carofiglio “non si sono lasciati”. L’editor, infatti, si augura di “restare l’editore dei suoi romanzi letterari”. E prosegue: “Quel che è certo è che un lettore compra il nuovo libro di Carofiglio, non l’editore di quel libro. Gianrico è uno dei pochi autori italiani che continua a crescere di romanzo in romanzo, nonostante il mercato in calo. Un’ascesa, la sua, che va al di là della competizione tra editori che, ribadisco, ai lettori non interessa”.

Per Michele Rossi, in ogni caso, “è normale che in questa fase i pochi autori di bestseller diventino oggetti del desiderio. Ma, come Rizzoli, più che puntare su singoli titoli preferiamo costruire dei progetti condivisi con gli autori. E anche le acquisizioni che stiamo portando a casa in questi mesi vanno nella direzione che ho appena indicato”.

A questo proposito, Rossi annuncia a IlLibraio.it che a febbraio 2015 Rizzoli pubblicherà Il resto della settimana di Maurizio de Giovanni. E chiarisce: “Non si tratta di un noir (le sue due serie di grande successo di de Giovanni continueranno a uscire per Einaudi Stile Libero, ndr). Ma di un libro attesissimo in cui emergerà il de Giovanni più autentico. E non sarà l’unico che farà con noi, naturalmente…”.

Lascia invece Segrate (e la Mondadori) per Rizzoli la scrittrice siciliana Giuseppina Torregrossa. “Anche nel suo caso sarà l’inizio di un percorso”, precisa Rossi, che per il momento non può svelare altri “arrivi” importanti…

Un passo indietro. Fino a qualche anno fa i media si interrogavano sulla cosiddetta “moda degli esordienti” (ricordiamo, tra gli altri, i “casi” di Piperno, Saviano, Giordano, Avallone, Carrisi…). Ora, le case editrici di debuttanti continuano sì a pubblicarne tanti, ma con la consapevolezza che è più difficile scoprire un nuovo autore di bestseller. Per Rossi (l’editor di Acciaio), in particolare, “i dati ci dicono chiaramente che gli esordi non possono essere un segmento del mercato. E’ cambiata l’aria, siamo in una fase più conservativa. E la competizione è più dura rispetto al passato. Ma ovviamente le nostre considerazioni valgono fino al prossimo evento che spariglia le carte”.

Dal punto di vista del responsabile della narrativa Rizzoli, però, fare il suo lavoro oggi “non è meno divertente” rispetto al passato. “Anzi – ci interrompe Rossi -, è più interessante. Dobbiamo essere attentissimi, perché il mercato librario ci sta cambiando tra le mani. E sono convinto che oggi, ancor più rispetto a prima, gli editori non debbano inseguire le tendenze“. E’ infatti finita “l’epoca degli effetti speciali”, e gli editori sono “obbligati a fare più e meglio rispetto a prima”. Non solo: “Siamo nudi davanti allo specchio, una sorta di sbornia è ormai finita da tempo. Dobbiamo fare gli editori, non gli sciamani”. E in questo nuovo, complesso contesto ha poco senso parlare di tendenze in arrivo o presunte tali: “In questi ultimi anni non mi pare si sia consolidata né una voce generazionale  né una voce di genere. Ci sono singoli casi di successo, che non si influenzano a vicenda. Certo, poi c’è chi copia ma quello è un altro discorso… E l’unica vera novità è rappresentata dal fenomeno Elena Ferrante, che rompe ogni schema di durata nel tempo.

Chiudiamo parlando di alcune delle uscite Rizzoli dell’anno prossimo nell’ambito della narrativa italiana: “Ne cito solo alcune, non ordine di importanza. Avremo il nuovo romanzo (irresistibilmente sudista!) di Franco Di Mare, un pamphlet di Sebastiano Mauri sul matrimonio egualitario, il primo romanzo di Serena Dandini, il nuovo libro di Dacia Maraini, una sorpresa estiva, ma per ora non intendo svelarla, e tante altre novità”. Compresi due debutti: quello di Carmen Totaro, finalista due anni fa al premio Calvino, che nel suo primo romanzo, ambientato al Sud, racconta una storia di violenza al femminile che parte negli anni ’70 e arriva nel nostro presente e uno di cui non posso ancora dire niente…”.

Sì, la sbornia è davvero finita.

 

 

 

 

 

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