Tanti lettori rabbrividiscono all’idea di segnare le pagine di un libro con la matita o, peggio, con la penna; altri invece non possono proprio farne a meno…

È un gesto che abbiamo imparato a scuola: sottolineare permette di mettere in evidenza i concetti più importanti di un testo, fissare i passaggi centrali, isolare e memorizzare parole e frasi salienti. È un modo per avvicinarci a quello che stiamo leggendo e, in un certo senso, per renderlo nostro.

Così, quasi senza rendercene conto, abbiamo iniziato a sottolineare non solo i libri scolastici, i manuali e i saggi accademici, ma anche i romanzi e perfino le raccolte di poesie.

È vero, non tutti sono d’accordo: tanti lettori rabbrividiscono all’idea di segnare le pagine con la matita o, peggio, con la penna; altri invece non possono proprio farne a meno. Del resto, come diceva Umberto Eco: “l’amatore della lettura, o lo studioso, ama sottolineare i libri contemporanei, anche perché a distanza di anni un certo tipo di sottolineatura, un segno a margine, una variazione tra pennarello nero e pennarello rosso, gli ricorda un’esperienza di lettura“.

Per chi sottolinea, il libro si trasforma in una sorta di diario personale (può capitare anche di lasciare qualche appunto), in cui vengono espresse, attraverso le parole degli autori, i pensieri e le emozioni che stiamo vivendo in un determinato periodo.

Per questo riprendere in mano un testo che abbiamo letto e osservare ciò che abbiamo sottolineato, può raccontare tanto di noi e di quello che abbiamo passato. E per accorgerci che, molto spesso, “l’esperienza di lettura” e quella di vita sono più vicine di quanto si possa immaginare.

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