Arriva in libreria l’autobiografia di Sveva Casati Modignani, “Un battito d’ali”, un dialogo con il padre che affronta diversi temi a lei cari – ilLibraio.it ha incontrato l’autrice di tanti bestseller

Arriva in libreria il nuovo libro di Sveva Casati ModignaniUn battito d’ali, Mondadori Electa, un’autobiografia dedicata al padre, che prende vita nella Milano degli anni ’60 e ne descrive il fervore, le personalità stravaganti conosciute grazie al suo lavoro di giornalista, prima di cominciare la fortunata carriera da scrittrice. ilLibraio.it ha incontrato Casati Modignani insieme ad altre testate e blog, e l’autrice bestseller si è raccontata, affrontando alcune delle tematiche che più le stanno a cuore tra quelle trattate nel libro, come il boom economico, il maschilismo, la televisione e la sua famiglia.

Sveva Casati Modignani

L’età dell’oro

A Milano, ma non solo, gli anni ’60 segnano un’epoca di grande benessere. “Io racconto come era la vita in questa città quando era un fervore di attività, di pensiero, di creatività, di tutto. Era un bel mondo, che purtroppo i ragazzi d’oggi non hanno mai conosciuto e non conosceranno mai”, sostiene l’autrice, spiegando: “Quello che prima era un Paese devastato dalla guerra, in questo volume si ricostruisce; qui l’Italia è un paese bellissimo, c’è il boom economico, lavoro per tutti, vita culturale, grandi fermenti, novità… è il paese del bengodi.”

È una realtà che la Modignani ha avuto modo di conoscere bene, grazie alla sua carriera di giornalista, quasi una dolce vita milanese del boom economico. Ma, subito, aggiunge: “La pacchia non può durare in eterno.”

Sveva Casati Modignani

La carriera giornalistica

“Io sono entrata in un giornale perché avevo conosciuto un giornalista che mi aveva detto ‘be’, se ti piace scrivere vieni’. Quando sono arrivata a momenti non volevano neanche sapere come mi chiamavo: senza un curriculum né altro, sono arrivata la mattina presentata da questo giornalista che mi ha detto semplicemente ‘allora, adesso c’è questa persona da intervistare, vai, fai, te ne torni a casa. Al mattino se lo vedi pubblicato vuol dire che puoi tornare, se non lo vedi pubblicato vuol dire che non ha funzionato, non ti presentare più’”.

Era una carriera che la metteva in contatto con il bel mondo, un mondo in cui Luchino Visconti si faceva intervistare nella vasca da bagno; eppure, per il giornalismo non le è rimasto neanche un briciolo di nostalgia: “Assolutamente no. Perché poi io, dovendo scegliere tra un incontro con un esponente del bel mondo milanese e la mia amica Sandra di Cesenatico, preferivo la mia amica Sandra di Cesenatico. Non mi sono mai lasciata contagiare, credo che mi abbia salvato anche il senso della misura, della consapevolezza”.

Il maschilismo

Era un mondo maschilista, quello di quegli anni: le donne, per la prima volta, si affacciavano nel mondo del lavoro, ma erano spesso relegate alle mansioni di segretarie: “Ero capitata in un quotidiano di impronta destrorsa, dove c’erano solo uomini, c’era la segretaria di redazione, la segretaria del redattore, e basta. E poi, ogni tanto capitava una donna a fare delle cose, però…”. Non la completa la frase, ma s’intende un filo di amarezza nelle sue parole, soprattutto quando prende in considerazione la condizione femminile al giorno d’oggi. “Trent’anni di televisione commerciale hanno fatto fare dei passi indietro a noi donne, nel ’68 eravamo belle robuste e consapevoli di noi e poi, sempre, questo sistema maschilista, perverso, ha riportato la donna oggetto, che deve essere bella, gonfiarsi le labbrone, queste cose qui”.

Il padre

Il rispetto della donna si impara in casa, come anche il suo contrario, una verità che le ha dimostrato suo padre, una figura di riferimento fondamentale, del quale racconta un aneddoto che la commuove: “Ho un fratello di 10 anni più grande, che una sera torna a casa dopo essere stato a giocare e chiede se c’è qualcosa da mangiare. Allora mio padre lo prende in parte e gli dice: ‘La vedi tua madre cosa sta facendo?’ Mio fratello risponde di sì, che sta pulendo i vetri. ‘Allora adesso, tu che sei grande e grosso, vai sulla scala e pulisci i vetri, io e la mamma facciamo da mangiare’. È così che si impara a rispettare le donne”.

E proprio dal ricordo, dalla nostalgia di questa dolce figura paterna, è scaturito il nuovo libro: “Io avevo questo padre al quale fino a un certo punto raccontavo tutto; ma ci sono delle storie, dolorose, che non gli ho mai raccontato, perché non volevo che lui soffrisse. Poi si cresce e non stai più a lamentarti con i genitori. Ma sono anni che ho ripreso il colloquio con il mio papà e quando poi ho sentito il suo profumo (riferimento al libro, ndr) ho capito che era ancora qua, sempre, che non mi lascia e allora tante volte gli parlavo tra me e me e tante volte mi sono trovata in una situazione in cui dicevo tu papà al mio posto cosa faresti?”. 

La scrittura

Dal dialogo con il padre nasce un’autobiografia che è, allo stesso tempo, lettera e confessione; ed è un genere che costa più fatica, quello dell’autobiografia, “perché ti scavi dentro”, si tratta di rivivere le esperienze del passato, anche quando sono dolorose, e soprattutto quando ancora feriscono, perché “la scrittura è terapeutica, su questo non c’è dubbio”.

I romanzi sono tutta un’altra storia. La scrittrice usa ancora la macchina da scrivere e non ci si mette fino a che non ha ultimato il romanzo, almeno nella sua mente: “Per scrivere un romanzo devi partire da un’idea, almeno io parto da un’idea e da cosa voglio raccontare in questo romanzo; naturalmente racconto sempre una realtà del nostro Paese vissuta da parte delle donne; quando hai un’idea però devi capire, ti devi documentare su queste cose, devi studiare e prendere appunti per sviscerare il problema. Nel momento in cui faccio questa operazione nascono i protagonisti, non so come mai ma, insomma, nascono. Poi io passo ancora mesi in compagnia di questi personaggi che si muovono nel loro ambiente, e non scrivo una riga. Il meccanismo è tutto nella mia testa, che credo sia il computer migliore. Così, quando comincio a scrivere la storia, ce l’ho pronta e finita”.

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