Il premio Nobel per la letteratura 2015 va alla giornalista e scrittrice bielorussa Svjatlana Aleksievič, perseguita dal regime del presidente Lukašenko… – I dettagli

But I don’t just record a dry history of events and facts, I’m writing a history of human feelings. What people thought, understood and remembered during the event. What they believed in or mistrusted, what illusions, hopes and fears they experienced. 

Il premio Nobel per la letteratura 2015 va alla giornalista e scrittrice bielorussa Svjatlana Aleksievič, per la sua opera polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo. La Aleksievič è la prima cittadina della Bielorussa e la quattordicesima donna a vincere il Nobel per la Letteratura. 

Nella sua carriera la giornalista e scrittrice ha seguito i principali eventi dell’Unione Sovietica nella seconda metà del ‘900: dalla guerra in Afghanistan, al disastro di Černobyl’, ai suicidi seguiti alla scioglimento dell’URSS. I suoi libri sono stati pubblicati in più di venti paesi e rappresentano uno struggente romanzo corale degli uomini e delle donne vissuti nell’Unione Sovietica e nella Russia post-comunista del XX secolo.

La sua prima pubblicazione, The Unwomanly Face of the War (1985), pubblicato in Italia con il titolo La guerra non ha un volto di donna, guarda alla Seconda Guerra Mondiale e al fronte russo a partire dalle testimonianze di donne che hanno vissuto in prima persona la tragedia del confitto. Accusata inizialmente di pacifismo, naturalismo e de-glorificazione della donna sovietica, l’opera viene in seguito accolta con calore in madrepatria, così come avviene con The Last Witnesses: 100 Unchildlike Stories, pubblicato nello stesso anno e riconosciuto come un’altra pietra miliare della narrativa di guerra.

Nel 1989 esce il libro-inchiesta Ragazzi di zinco, in cui la Aleksievič racconta le vicende dei reduci della guerra afgana: un milione di ragazzi e ragazze partiti per sostenere la “grande causa internazionalista e patriottica”, di cui almeno quattordicimila di loro rimpatriati chiusi nelle casse di zinco e sepolti di nascosto. Con il suo attacco frontale al mito del conflitto russo-afghano, questo libro costringe l’autrice a subire una serie di processi, che terminano solo dopo innumerevoli proteste di attivisti per i diritti umani.

Esce alcuni anni dopo, nel 1997 Preghiera per Chernobyl (E/O edizioni), un reportage narrativo sulla crisi esistenziale delle persone colpite dall’incidente nucleare del 1986. Perseguitata dal regime del presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko, la scrittrice è stata costretta a lasciare il paese perché su di lei gravava l’accusa di essere un agente della CIA, e attualmente vive a Parigi.

Recentemente ha firmato un altro testo fondamentale Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo (Bompiani), un potente affresco del crollo dell’impero sovietico, che ha come protagoniste le voci delle «piccole persone» raccolte nell’arco di decenni per testimoniare la fine di un’epoca.

Molti sono i premi letterari già attribuiti a Svjatlana Aleksievič: lo U.S. National Book Critics Circle Nonfiction Award per Preghiera per Chernobyl, il Premio Sandro Onofri per il reportage narrativo nel 2002 e il Premio della Pace dell’Associazione dei librai e degli editori tedeschi nel 2013.

A settembre è stata ospite al Festivaletteratura di Mantova, qui la sua intervista.


Il riconoscimento, assegnato annualmente dall’Accademia Reale Svedese delle Scienze, lo scorso anno era andato a  Patrick Modiano.

L’ultimo trionfo italiano risale al 2007 con Dario Fo.

Come ricorda Wikipedia, il premio consiste in una somma di denaro (otto milioni di corone svedesi nel 2013), un diploma personalizzato per ogni vincitore e una medaglia d’oro recante l’effigie di Alfred Nobel stesso. Il riconoscimento non è stato assegnato in sette occasioni (1914, 1918, 1935, 1940, 1941, 1942, 1943) ed è stato rifiutato due volte, nel 1958 e nel 1964.

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