Come prevedibile, “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di Elena Favilli e Francesca Cavallo, libro primo in classifica in queste settimane, sta facendo discutere, in rete e non solo

Come prevedibile, Storie della buonanotte per bambine ribelli, nato per combattere gli stereotipi di genere, sta facendo discutere. Il libro illustrato, pubblicato in Italia da Mondadori, del resto è primo in classifica, ed è un successo anche all’estero.

Come abbiamo raccontato, il progetto delle 30enni Elena Favilli e Francesca Cavallo è uno dei più finanziati nella storia del crowdfunding (via Kickstarter). L’attesa, dunque, era forte. Eppure, le “100 vite di donne straordinarie” raccontate nel libro (in versione semplificata, come fossero storie della buonanotte appunto), non hanno convinto tutti.

Timbuktu Magazine

Favilli e Cavallo nel 2012 hanno fondato a San Francisco la startup Timbuktu Labs, nota anche per aver pubblicato Timbuktu Magazine, la prima rivista su iPad per bambini.

E veniamo alle critiche. In questi giorni, ad esempio, viene molto citato l’approfondimento che il blog Galline Volanti ha dedicato all’operazione Storie della buonanotte per bambine ribelli: “Sarà che sono una convinta sostenitrice della complessità come valore, sarà che prediligo le piccole storie di vita alle roboanti vite straordinarie, sarà che mi insospettisco di fronte a reazioni entusiaste a priori, sarà che un po’ ho imparato a conoscere tanta buona letteratura per l’infanzia, sarà che non mi convincono i pensieri dicotomici quando ci si prefigge proprio di superare le dicotomie, sarà che trovo le sfumature molto più interessanti da esplorare, soprattutto, quando si affrontano temi delicati… Si potrebbe partire dalla copertina, indubbiamente attraente, e dal titolo chiaramente ammiccante (con le tre parole in evidenza buonanotte, bambine, ribelli) – una grandiosa operazione di marketing – si potrebbe discutere su quanto di buonanotte ci sia in queste storie (ah già, il c’era una volta iniziale), si potrebbe disquisire sul perché indirizzare in modo così netto la lettura del libro alle bambine femmine, quando pure ai maschi ci si potrebbe rivolgere. Tutto interessante, ma non è questo il punto centrale della nostra riflessione. Si potrebbe poi discutere sulla scelta delle donne ritratte o sulla precisione storica delle loro biografie (non ci è data sapere alcuna fonte), o su cosa sia stata effettivamente la loro ribellione – mai parola fu più fuorviante…”, si legge nell’analisi, che prosegue sul blog.

Elena Favilli e Francesca Cavallo

Le due autrici

Anche Michela Murgia, da sempre attenta al tema della presenza femminile nei media e delle discriminazioni di genere, nello spazio televisivo di Quante storie, su Rai3, ha attaccato il libro (qui il video, ndr). La scrittrice si è detta a “disagio” per dover stroncare “un libro che avrebbe tutte le carte in regola per essere lodato”, nato in risposta al fatto che nella produzione di libri per l’infanzia sono pochi i testi che hanno protagoniste femminili (“Le bambine sono poco presenti, e quando ci sono non hanno una forte personalità”). Per Michela Murgia, Storie della buonanotte per bambine ribelli, nonostante le buone intenzioni, “è un’occasione mancata”. Per la scrittrice sarda il libro si sarebbe infatti dovuto rivolgere anche ai bambini, e non solo ai bambini, altrimenti si pone come “operazione sessista”, anche quando vuol “combattere il sessismo”. Murgia se la prende anche con lo stile usato, che “banalizza i contenuti”, e parla di un linguaggio “troppo complesso, più adatto agli adulti che ai bambini”. Infine, si dice non convinta dai personaggi scelti dalle autrici e da come sono stati raccontati: “Ad esempio, la banalizzazione del contenuto fa sì che nel libro Virginia Woolf venga presentata come una ragazza timida e depressa, molto emotiva, che si sfoga con la scrittura, e non è così che l’avrei raccontata”. E ancora: Margaret Thatcher (ineluttabilmente una delle scelte più criticate sui social, ndr), sempre secondo Michela Murgia viene presentata come “ammirevole, nonostante abbia fatto delle scelte che hanno messo in ginocchio il suo paese”. Dunque, nel libro “il giudizio morale è sospeso”, anche se “le fiabe servono anche a dare strumenti morali ai bambini”.

A Michela Murgia ha risposto Eleonora Voltolina su Linkiesta, come pure altre lettrici su Facebook. Il libro, infatti, va chiarito, non sta ricevendo solo giudizi negativi (anche per via delle storie troppo “edulcorate” e “semplificate”), ma anche diverse lodi da parte delle migliaia di donne che lo stanno regalando a figlie e nipoti in queste settimane.

Agli attacchi rivolti all’operazione di marketing ha invece risposto su Medium Claudio Cammarano, marketing manager per il Gruppo Mondadori (lui stesso, alla fine dell’argomentato intervento, precisa di lavorare per il gruppo editoriale che ha pubblicato il libro in Italia): “Ogni critica al progetto basata sulla sua presunta compromissione con logiche di marketing si dimostra completamente fuori luogo, oltre a confermare un sostanziale fraintendimento di ciò che il marketing effettivamente sia”.

L’utile dibattito attorno a questo libro conferma, al di là di come la si pensi sul caso specifico, la crescente positiva richiesta, all’estero come pure in Italia, di libri per bambine/i e ragazze/i capaci di rompere gli schemi e di proporre un racconto che metta da parte conformismi, discriminazioni e pregiudizi. Fortunatamente, di testi di questo tipo se ne pubblicano sempre di più: come abbiamo raccontato, tra l’altro, esistono anche piccole realtà editoriali (vedi il caso di Settenove, ma se ne possono citare altri) specializzate nella pubblicazione di libri che educano i bambini “al rispetto per le donne”.

Di certo, i dibattiti che stimola il mondo dell’editoria sono ben più profondi di quelli che generano certe polemiche televisive…

 

 

 

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