Orecchio Acerbo da sedici anni pubblica libri illustrati di qualità, per bambini e ragazzi ma anche per adulti. Il fondatore, Simone Tonucci, intervistato da IlLibraio, racconta la storia e l’attitudine della casa editrice, recentemente premiata, e spiega: “Siamo convinti che per i bambini non esistano argomenti tabù…”

Quella operata da Orecchio Acerbo, casa editrice nata nel 2001, nell’ambito della letteratura illustrata è stata una vera e propria rivoluzione: libri per bambini che sono anche libri per adulti, illustratori e autori che non sono necessariamente legati all’editoria per ragazzi, storie che affrontano tematiche difficili della storia recente e della nostra attualità. Dopo sedici anni di attività e non poche sfide, Orecchio Acerbo continua a pubblicare libri illustrati di qualità e ha vinto ad Aprile il “BOP – Bologna Prize for the Best Children’s Publishers of the Year” per l’area europea. Abbiamo intervistato Simone Tonucci, cofondatore di Orecchio Acerbo con la compagna Fausta Orecchio, per farci raccontare la storia della casa editrice, le difficoltà affrontate nel veicolare un nuovo concetto di letteratura illustrata, e i progetti che hanno in serbo per il futuro.

Il libro per bambini Il leone e l'uccellino

Tutti i vostri libri sono accompagnati da un “bugiardino”, con tempi e modi di assunzione e gli esempi delle patologie che il libro curerà (come rimbecillimento da videogiochi). Tra l’altro, lo stesso bugiardino si può leggere nel vostro sito proprio alla pagina “chi siamo”, la più visibile. Questa visione quasi taumaturgica della letteratura illustrata incuriosisce molto.
“L’idea del bugiardino nasce ormai tanti anni fa, direi forse una decina. Dopo i primi anni di attività, infatti, quando abbiamo cominciato a essere più conosciuti, i commenti su Orecchio Acerbo erano di questo tenore: ‘Bei libri, molto curati, ma non sono dei veri libri per bambini’. E questo per un verso poteva anche essere una verità, perché noi fin dall’inizio abbiamo provato a percorrere una strada diversa rispetto a quello che già era esistente nel mondo dell’editoria per ragazzi (per esempio lavorando con autori e illustratori che non fossero già connotati ed etichettati come ‘per ragazzi’). Per un altro verso però ci sembrava di fare dei libri che comunque pur potendo piacere agli adulti potessero piacere anche ai bambini e quindi a Fausta [Fausta Orecchio, fondatrice, con Stefano, della casa editrice. N.d.A.] è venuta l’idea di inserire un foglietto illustrativo, che fosse in chiave ironica ma che in qualche modo raccontasse la verità su Orecchio Acerbo: le nostre intenzioni, il perché abbiamo deciso di lanciarci in questa esperienza dei libri per ragazzi. Quindi il bugiardino è diventato un po’ il nostro modo per far capire in maniera ironica le nostre intenzioni”.

Quindi i vostri libri offrono una lettura “trasversale”, rivolta principalmente ai ragazzi ma fruibile con soddisfazione anche da un lettore adulto. All’inizio del vostro percorso è stato difficile veicolare un nuovo concetto di letteratura illustrata o avete trovato fin da subito una buona risposta di pubblico?
“È stato assolutamente difficile, perché la nostra proposta era spiazzante, diversa da quello che le persone erano abituate a trovare in libreria, quindi è stato difficile convincere sia i librai che il pubblico in generale. È stata una scelta ovviamente ha allungato i tempi, abbiamo avuto un ‘inizio’ molto lungo e faticoso, però piano piano siamo andati avanti, anche supportati da apprezzamenti molto buoni. Per esempio è il caso del primo Premio Andersen che abbiamo vinto. Un premio alla casa editrice, non a un libro: tra le motivazioni dell’assegnazione avevano colto questo nostro tentativo di mischiare le carte, di cercare di collaborare con persone diverse e provare a raccontare storie che si allontanassero da quelle del panorama di quindici anni fa, che era molto differente da quello di oggi”.

La storia di Vivian Maier di orecchio acerbo

Nel vostro catalogo ci sono giovani autori come Nadia Terranova accanto a “vecchi maestri”, come Matilde Serao o addirittura Edgar Allan Poe. Qual è il vostro criterio di selezione al momento della scelta di un’opera?
“I nostri criteri sono vari tanto quanto è vario il nostro catalogo. Alcune proposte ci arrivano direttamente dagli autori o dagli illustratori, come nel caso di Nadia Terranova. Negli ultimi anni poi si è aggiunta anche una componente di acquisizione di diritti dall’estero: nelle fiere internazionali, come quella di Bologna, ci concentriamo sia sulla cessione dei nostri titoli all’estero sia su una scelta di bei titoli che pensiamo valga la pena di far conoscere al pubblico italiano. Altri progetti invece nascono all’interno della casa editrice, e in questo caso siamo direttamente noi a coinvolgere gli autori e gli illustratori proponendogli l’idea e chiedendogli di sviluppare un racconto. Insomma le scelte arrivano in maniera molto varia e quindi anche il catalogo è piuttosto variegato”.

Infatti tra le vostre pubblicazioni ci sono anche svariati libri con una forte tematica storico-politica; come lo stesso Bruno di Nadia Terranova, ma anche ’45, o l’Autobus di Rosa, e altri più sociali, come Mio padre il grande pirata.
“Ci interessa molto raccontare il contemporaneo e la storia recente. Ci sembra che in fondo ai ragazzi e ai bambini si possa parlare di tutto, chiaramente trovando una giusta chiave di comunicazione per affrontare argomenti difficili (o argomenti a cui i bambini sono poco abituati). In generale siamo convinti che non esistano argomenti tabù e quindi cerchiamo di stare molto attenti al contemporaneo, inteso come il mondo che ci circonda e che circonda, soprattutto, i piccoli lettori. Purtroppo la nostra attualità presenta anche delle situazioni difficili, come il tema della migrazione: per questo abbiamo pubblicato Migrando di Mariana Chiesa Mateos, e stiamo per pubblicare un libro che crediamo indispensabile di Armin Greder. Quello di Greder è un libro che ci sembra fondamentale ma è particolarmente duro e quindi in questo caso non sarà proposto ai bambini: ci sarà una fascia d’età in quarta di copertina”.

Il libro per bambini di Nadia Terranova: Bruno

E invece, quando nella progettazione di un libro partite da un testo già esistente, con che criterio scegliete i vostri illustratori? Scegliete chi vi sembra rispecchi meglio come stile la tematica della storia, o date la precedenza ad artisti del cui lavoro vi fidate e che sapete essere in grado di rispondere a una serie di esigenze specifiche?
“La scelta solitamente si rivolge in partenza al panorama di artisti che conosciamo e al loro lavoro. Quindi, partendo dal tipo di racconto che abbiamo davanti, cominciamo a valutare quali sono gli artisti il cui stile secondo noi può avere attinenza con quella determinata ambientazione e con quella storia. Una volta scelto l’illustratore gli proponiamo il racconto e se il progetto viene condiviso si porta avanti insieme. Per esempio, uno degli autori con cui abbiamo pubblicato più titoli è Fabian Negrin, persona con cui c’è un rapporto di amicizia che nasce da prima della casa editrice. A lui abbiamo affidato L’ombra e il bagliore di Jack London, un libro a cui teniamo moltissimo e che abbiamo appena ristampato dopo tanti anni. Si tratta di un libro particolare, con molte trovate grafiche di Fabian legate all’atmosfera e allo stile del racconto. E poi c’è stata ‘Lampi’, che poi si è trasformata in ‘Lampi light’, una delle nostre poche collane, in cui abbiamo raccolto racconti classici di autori molto famosi, affidati a degli illustratori che ne dessero un’interpretazione fortemente visiva. Purtroppo si tratta di una collana che ha avuto vita molto difficile, perché è rivolta a un pubblico di giovani adulti, a ragazzi di quindici o sedici anni”.

Pochi mesi fa a Bologna avete vinto il premio come miglior editore europeo dell’anno. Quali tendenze avete riscontrato a livello internazionale nell’ambito degli illustrati?
“Le fiere come quella di Bologna sono sempre un po’ caotiche: si hanno molti stimoli, idee e progetti, ma poi si impiega un po’ di tempo a elaborarli. In generale stiamo notando pubblicazioni molto interessanti provenienti dalla Corea. L’Europa, che in tutti questi anni è stata trainata dalla Francia, continua ovviamente a offrire nuovi progetti, ma in questo momento sono i paesi asiatici a spingere su storie innovative, meno retoriche e buoniste. Sono libri in cui il valore educativo sussiste di per sé, senza venir necessariamente dichiarato e anteposto alla storia. E anche noi preferiamo le storie che ti coinvolgono e ti portano a riflettere su determinati temi in modo più organico”.

Il libro illustrato coreano La piscina

Quali sono i tre libri del vostro catalogo che stanno avendo maggior successo in questo periodo?
“Il titolo più venduto di quest’anno è Lei di Cinzia Ghigliano, la storia di Vivian Maier. Altri libri che stanno andando molto bene sono Le case degli animali di Marianne Dubuc e Armstrong di Torben Kuhlmann. Di Kuhlmann avevamo già pubblicato Lindberg, un libro che ha avuto molto successo, e Armstrong è sicuramente all’altezza del suo predecessore”.

E se potesse consigliare tre libri per avvicinarsi al catalogo di Orecchio Acerbo a un lettore che non vi conosce ancora, quali sceglierebbe?
“Per incominciare non può mancare In bocca al lupo di Fabian Negrin, che è il nostro cavallo di battaglia: un libro del 2005 che continuiamo a ristampare con successo. Si tratta di una bella rilettura di Cappuccetto Rosso, in cui il lupo mangia Cappuccetto Rosso per sbaglio, perché in realtà è innamorato di lei. Un altro passaggio importante per Orecchio Acerbo è Il libro sbilenco di Peter Newell: è stato il primo recupero di un gran libro del passato, nonché la prima occasione di coedizione internazionale, per cui abbiamo coinvolto autori di altri otto paesi nella produzione del libro. E poi direi L’autobus di Rosa, altra pubblicazione di cui siamo molto contenti. Ma tre libri soltanto sono pochi!”.

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