Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Lido di Ostia, 2 novembre 1975) è stato uno dei più grandi intellettuali del Novecento italiano: la sua vita ha destato scandalo, il suo omicidio è un mistero irrisolto, e i suoi romanzi e film sono entrati nella storia… – L’approfondimento

Raccontare la vita e l’opera letteraria di Pier Paolo Pasolini è una sfida: troppi gli stimoli culturali, gli incontri, sconfinata la produzione artistica, in termini letterari, giornalistici, cinematografici e teatrali. Proviamo a seguirlo, dunque, dall’infanzia all’atroce assassinio, ripercorrendo i percorsi più importanti della sua carriera e della sua vita privata, così profondamente intrecciate.

Il giovane Pasolini, poeta di Casarsa              

Pasolini, e questo è il primo dato incontrovertibile, nasce a Bologna nel 1922, ma nel capoluogo emiliano tornerà solo per frequentare gli ultimi anni di liceo e un’università che in futuro gli parrà chiusa e bigotta (d’altronde il suo periodo bolognese, a cavallo tra la fine degli anni Trenta e i primi Quaranta, coincide con il periodo più buio del Novecento italiano). Per diverso tempo, infatti, la famiglia segue l’ufficiale Carlo Alberto Pasolini in una sequela di spostamenti, tutti tra Veneto e Friuli. È Casarsa, però, a influenzare maggiormente il giovane Pier Paolo: nel paese dove ancora vivevano i parenti materni Pasolini soggiornerà per un anno, per poi tornarci tutte le estati della sua giovinezza e nascondervisi a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943.

Le ceneri di Gramsci, di Pier Paolo Pasolini

È qui che scrive le sue prime poesie in friulano, è sempre qui che fonda l’Academiuta di lenga friulana: nonostante fuori dalla porta di casa infuri la guerra, Pier Paolo Pasolini dimostra già uno spirito di intellettuale e agitatore culturale, lavorando sul recupero del dialetto e su una ricerca poetica che confluirà nelle Poesie a Casarsa del 1942. Pasolini in ogni caso continuerà a scrivere poesie anche negli anni a venire: la raccolta più celebre, in italiano, è senza dubbio Le ceneri di Gramsci, pubblicata nel 1957.

Romanzi e scandali di Pier Paolo Pasolini

Alle prime ricerche sul linguaggio si affianca la scoperta della propria omosessualità, che, anche a causa delle pressioni sociali e della violenta sofferenza con cui viene vissuta da Pasolini, diventa fondamentale nella sua formazione di intellettuale. Se Pasolini si scopre infatuato di un compagno di scuola a Bologna, sarà all’indomani della guerra, quando già milita nel PCI, che la politica si inserisce prepotentemente nella sua vita privata. Alla denuncia per corruzione di minori e atti osceni del 1949 ne seguiranno molte altre, sia rivolte a Pasolini in quanto persona, sia rivolte ai suoi primi romanzi neorealisti e ai suoi film, accusati di oscenità. L’esperienza umana e artistica dell’autore sarà dunque sempre legata a quella giudiziaria, che ne determinerà ulteriormente la direzione politica.

Il romanzo Ragazzi di vita, di Pasolini

L’esperienza cinematografica e letteraria di Pier Paolo Pasolini si rivolge infatti agli aspetti più crudi dell’esistenza, soprattutto dopo essersi trasferito a Roma. I suoi romanzi più celebri, Ragazzi di vita, del 1955, e Una vita violenta, del 1959, trattano storie di borgata e di prostituzione minorile. Ritratti crudi di un mondo popolare tanto aggressivo quanto innocente e spontaneo, di vite che si svolgono ai bordi del Tevere e dell’Aniene in un contesto sociale che già nei primi anni Settanta è ormai destinato a sparire, per lasciare spazio alle sterminate periferie tutte uguali degli anni Ottanta, che perdono l’aspetto di innocenza quasi agreste che tanto interessava Pasolini.

La critica al capitalismo e l’Italia che cambia

La dissolvenza dell’Italia post-bellica in una spirale di capitalismo che tutto fagocita, dalle mode alle espressioni di ribellione, si riproporrà ossessivamente nell’opera di Pier Paolo Pasolini, che tratterà l’argomento in brevi articoli polemici per Il Corriere della Sera, Il Tempo, e altri quotidiani dal 1973 alla sua morte, nel 1975. Gli articoli sono raccolti in due volumi ancora estremamente attuali, gli Scritti corsari, revisionato dall’autore stesso e uscito all’indomani della sua morte nel novembre 1975, e le Lettere luterane, raccolta postuma del 1976.

Gli articoli affrontano tematiche letterarie, sociali e di costume e sono accomunati da una viva preoccupazione nei confronti della modernità e, soprattutto, del capitalismo. Emblematica è la riflessione sulla moda dei capelli lunghi che apre gli Scritti corsari: il simbolo di dissenso si è trasformato in una moda maschile accettata e indispensabile. Nei paesi in via di sviluppo, sottolinea Pasolini, i giovani virgulti della borghesia più europeista e cosmopolita, che studiano all’estero e investono nelle aziende di famiglia, usano questo tipo di pettinatura per differenziarsi dai loro coetanei ancora attaccati a uno stile di vita rurale. Pasolini, d’altronde, non saprà mai di aver intravisto lucidamente l’avvento dell’epoca delle icone riproducibili su magliette, spillette, calamite: il vuoto dell’ideologia e la vittoria del capitale globale degli anni Zero.

Pasolini, Scritti corsari, Garzanti

Una morte violenta

Pier Paolo Pasolini muore nel 1975, la notte tra l’1 e il 2 novembre: massacrato a bastonate e dunque investito con la sua stessa automobile all’Idroscalo di Ostia. L’omicidio Pasolini viene risolto velocemente con la condanna del giovane Pino Pelosi, uno dei “ragazzi di vita” che Pasolini era solito frequentare: il ragazzo confessa il reato collegandolo a un incontro sessuale finito male. La morte dello scrittore, in realtà, presenta implicazioni molto più serie, su cui intellettuali e giornalisti si interrogheranno a più riprese: interrogativi che, da quarant’anni a questa parte, non hanno trovato risposta. Se alcuni amici e stretti conoscenti indicano la morte di Pasolini come una tragedia annunciata, una sorta di “suicidio per mano d’altri” provocato dallo stesso autore attraverso frequentazioni poco raccomandabili intessute nel corso degli anni, altri, come Oriana Fallaci, identificano nell’omicidio una chiara matrice politica e fascista.

Il libro Una vita violenta

I sostenitori di questa seconda ipotesi la collegano anche al romanzo che Pasolini stava scrivendo in quel periodo, Petrolio, che verrà pubblicato postumo nel 1992, dove lo scrittore mette in scena la contrapposizione tra l’Eni di Enrico Mattei e la Montedison di Eugenio Cefis e lega quest’ultimo alle stragi che hanno insanguinato l’Italia tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta. Lo stesso Pelosi, morto nel luglio 2017, cambierà versione più volte, lasciando intendere di essere stato una pedina di una scacchiera molto più ampia.

Potremmo non sapere mai davvero com’è morto Pier Paolo Pasolini, quello che ci resta di lui, però, è uno sterminato patrimonio poetico, letterario, cinematografico e giornalistico. Una serie di esperienze artistiche e intellettuali accomunate da uno sguardo impietoso e pessimista sul domani, e da un interesse per il mondo degli ultimi e per il costante riflesso della politica sulle pieghe più intime e individuali della società.

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