“Quando dipingo, non mi sento male, anzi, mi fa sentire meglio. Quando faccio musica, vengo immersa dai suoni, ma non è doloroso. Scrivere, invece, è come mettersi allo specchio e richiede molte energie”. L’artista Shira Erlichman, che da anni cura depressione e bipolarismo, ha scritto un’ode per i suoi farmaci

Spesso si parla di biblioterapia, di come i libri possono aiutare a curare alcuni disturbi, ma anche la scrittura alcune volte aiuta a stare meglio, rendendosi mezzo di espressione del malessere. Come per l’artista americana Shira Erlichman. La donna, a cui da anni è prescritto il litio, usato per la cura della depressione e di alcune forme del disturbo bipolare, ha iniziato a scrivere un’ode al farmaco.

L’artista ha già raccontato la malattia mentale attraverso la pittura e tramite la musica, ma solo ora si accinge a farlo con la scrittura, perché questo mezzo espressivo è “così intimo e difficile”. “Quando dipingo, non mi sento male, anzi, mi fa sentire meglio. Quando faccio musica, vengo immersa dai suoni, ma non è doloroso. Scrivere, invece, è come mettersi allo specchio e richiede molte energie“.

La sua opera vuole analizzare i pregiudizi legati alla malattia mentale e a chi assume psicofarmaci. “Mi è stato detto spesso di non prendere medicine”, ha raccontato l’artista, “c’è una sorta di stigmatizzazione di chi le assume”.

Chi ha una malattia mentale, spesso viene percepito come “anormale” e gli psicofarmaci sono spesso malvisti in quanto capaci di modificare l’umore. “Le persone non vogliono credere che l’identità dipenda anche dai problemi del cervello”, racconta Shira Erlichman. E proprio per questo motivo ha deciso di dedicarsi alla poesia.

La poesia è il modo più efficace per entrare nella testa delle persone, lo stesso vale per la malattia mentale,” spiega l’artista. “Il mio scopo è creare empatia con chi ha una malattia mentale, perché finora queste persone sono raccontate solo come caricature”.


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