Le molteplici sfaccettature dei loro racconti e dei loro romanzi mappano e definiscono una serie di esperienze – più o meno autobiografiche – che stanno creando un terreno comune per le voci di una sorta di diaspora africana. Parliamo delle autrici “Afropolitan”, che affrontano (anche attraverso la distopia) temi come le questioni di razza e di classe e che descrivono società patriarcali e tradizionaliste. Un viaggio nei libri di Chimamanda Ngozi Adichie, Taiye Selasi, Lesley Nneka Arimah, Ayòbámi Adébáyò, Lesley Nneka Arimah e Chinelo Okparanta (e tanti altri nomi si potrebbero fare) – L’approfondimento

Tra le prime scrittrici a raccontare cosa significa essere Afropolitan è stata Chimamanda Ngozi Adichie con Americanah (Einaudi, traduzione di Andrea Sirotti), pubblicato in Italia nel 2014.

La protagonista del romanzo è una donna nata in Nigeria, che studia negli Stati Uniti e che dopo quindici anni decide di tornare nel paese natale. La sua esperienza è quella di straniera negli USA, ma anche di straniera in patria, per via degli anni trascorsi all’estero.

Americanah

Il termine Afropolitan esisteva già da tempo, però. Quasi un decennio prima, per l’esattezza dal 2005, è stato tra l’altro utilizzato dalla scrittrice Taiye Selasi in un articolo intitolato Bye Bye Barbar: “Loro – cioè, noi – siamo afropolitani, la nuovissima generazione di emigranti africani, che stanno per arrivare o sono già stati presi da uno studio legale, un laboratorio chimico, un locale jazz, una banca di credito nei pressi di casa tua. Siamo afropolitan: non cittadini, ma africani del mondo”. E così sono anche le autrici – e le protagoniste delle loro storie – che si stanno facendo notare in questi ultimi anni dai lettori e dalla critica (spesso i loro libri vengono inseriti nelle liste di consigli di lettura di prestigiosi quotidiani internazionali o nelle shortlist di premi letterari).

Resta con me

Arrivato alla shortlist del Baileys Women’s Prize for Fiction nel 2017, Resta con me è il romanzo d’esordio di Ayòbámi Adébáyò (La Nave di Teseo, traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini). Ayòbámi, nata a Lagos, Nigeria nel 1988, racconta il difficile destino di una giovane donna nel disperato tentativo di diventare madre, nel contesto patriarcale della Nigeria degli anni Ottanta.

Quella cosa intorno al collo di Chimamanda Ngozi Adichie

Un tema, quello della società patriarcale e tradizionalista nigeriana, che è anche al centro di numerosi dei racconti raccolti in Quella cosa intorno al collo di Chimamanda Ngozi Adichie (Einaudi, traduzione di Andrea Sirotti).

E che, inevitabilmente, diventa motivo di scontro tra quei figli – e soprattutto quelle figlie – che hanno vissuto o che vivono all’estero e i loro genitori, come dimostra Chinelo Okparanta (scrittrice nata in Nigeria nel 1981 e trasferitasi negli USA con la famiglia quando aveva dieci anni) nei racconti che compongono La felicità è come l’acqua (traduzione di Federica Gavioli, Racconti edizioni).

E così fa anche Lesley Nneka Arimah (ritratta nella foto in apertura all’articolo da Emily Baxter, ndr) nella raccolta di racconti Quando un uomo cade dal cielo (SEM, traduzione di Tiziana Lo Porto).

“Una valigia era già pronta, e il passaporto, sottratto dalla mia stanza la settimana precedente, mi venne consegnato insieme al biglietto lasciandomi senza scuse. Il mio aereo partì quattro ore dopo”. A parlare è una giovane donna costretta dalla madre a trascorrere l’estate in Nigeria, come punizione per il suo comportamento che non rispecchia i desideri della genitrice, che la vorrebbe pacata e rispettosa come la cugina che vive in Africa.

Nata in Inghilterra e cresciuta in Nigeria prima di trasferirsi, ancora adolescente, negli Stati Uniti, Lesley Nneka Arimah non sembra lasciarsi sfuggire nulla: dallo “scontro tra civiltà” vissuto quotidianamente dagli afropolitan nel mondo, fino alle questioni di razza e di classe, passa con maestria a disegnare scenari futuribili e inquietanti. Come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, in cui la Nigeria di trova ad accogliere migranti britannici, perché da “quando le alluvioni avevano iniziato a sommergerle, le isole britanniche avevano chiesto aiuto al Biafra, che aveva subito risposto”. E così “furono stabiliti i termini dell’accordo e venne pattuito un equo scambio di servizi”. In questo futuro, inoltre, tutto viene gestito attraverso la scienza e la matematica, tramite le sue formule, permette di risolvere il dolore.

The old drift, romanzo Namwali Serpell

Uno scenario che ricorda lo sviluppo nel futuro di The old drift, libro – ancora inedito in Italia – di Namwali Serpell (nata in Zambia, vissuta dall’età di nove anni negli USA), che – per la sezione del romanzo ambientata in un domani non troppo lontano – immagina un device da impiantare nella mano, che diventa uno strumento di controllo della popolazione.

Nei racconti di Lesley Nneka Arimah c’è spazio anche per una vena mistica – in una delle storie, una donna che desidera una figlia, se la costruisce con i capelli raccolti nel salone della parrucchiera per cui lavora.

akwaeke emezi acquadolce

Un aspetto che avvicina la sua opera a quella di un’altra voce emergente nata in Nigeria: Akwaeke Emezi (1987), che si identifica come una persona “trans, non binaria e plurale”. La sua opera, Acquadolce (traduzione di Benedetta Dazzi, Il Saggiatore), narra di Ada, una “ọgbanje” (per la tradizione igbo gli ọgbanje sono degli spiriti che albergano dentro un individuo) e delle sue peripezie nel mondo, segnate dagli spiriti che la abitano e dalle vicende che scatenano queste forze sovrannaturali.

Le molteplici sfaccettature dei racconti e dei romanzi mappano e definiscono una serie di esperienze – più o meno autobiografiche – che stanno creando un terreno comune per le voci di questa diaspora africana.

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