“Acquadolce”, romanzo d’esordio di Akwaeke Emezi (che nasce in Nigeria e studia alla New York University), “esplora concetti metafisici”, a partire dal male e dai demoni che risiedono dentro di noi per arrivare a scandagliare questioni tra cui l’identità di genere, il rapporto tra i sessi, la malattia mentale, ma anche legami i famigliari, fino a mettere in questione il limite stesso tra la realtà e la soggettività delle nostre esperienze. E nasce da una domanda; “Come si sopravvive quando vi piazzano in corpo un dio?” – L’approfondimento

“Come si sopravvive quando vi piazzano in corpo un dio?”. Una  domanda che è lo scheletro di Acquadolce (Il Saggiatore, traduzione di Benedetta Dazzi), il romanzo d’esordio di Akwaeke Emezi.

Protagonista Ada, “ọgbanje” che ha “per madre la dea che detiene la vita”. Per la tradizione igbo gli ọgbanje sono degli spiriti che albergano dentro un individuo, spesso portando disgrazie alla sua famiglia. E sono già stati al centro del romanzo di Chinua Achebe Le cose crollano (La nave di Teseo, traduzione di Alberto Pezzotta), spesso riconosciuto come il capostipite della letteratura africana contemporanea.

Akwaeke Emezi Acquadolce

Ada ospita dentro di sé numerosi obanje, che fanno sacrifici di carne alla loro madre, Ala, dea dalla forma di serpente che per la tradizione nigeriana è portatrice di vita. Eventi tragici che si susseguono nella vita di Ada fin da piccola.

Il primo è un incidente stradale che vede coinvolta la sorellina minore di Ada. Un accadimento tratto dalla vita di Akwaeke Emezi: sua sorella Yagazie, ora una fotografa, è stata investita da un pickup quando era piccola e tuttora porta le cicatrici dell’incidente.

Anche altri eventi narrati nel romanzo coincidono con vere esperienze di Emezi. A partire dai genitori: madre malese di origine Tamil e padre nigeriano di etnia igbo. Emezi, come Ada in Acquadolce, si trasferisce negli Stati Uniti per studiare e si sottopone a un intervento di riduzione del seno, dopo un percorso alla ricerca della propria identità di genere.

Emezi, infatti, si identifica come una persona “trans, nonbinaria e plurale”. Proprio come “quella Ada” che “poteva passare da maschile a femminile”.

E a proposito dell’autobiografismo del romanzo, Emezi ha raccontato a Viviana Mazza, che l’ha intervistata per La Lettura, che “il colonialismo ha negato la realtà indigena, definendola falsa, superstiziosa, malvagia, arretrata, e l’ha sostituita con la propria: un’operazione deliberata e di grande violenza. Non c’è niente di magico o di folkloristico in quello che racconto, questo è un libro autobiografico. Per me questa è la realtà”.

Una realtà che spesso sfiora il misticismo. Nel romanzo, dopo un grave trauma, Ada diventa un mero contenitore in cui i suoi spiriti prendono il sopravvento e guidano la sua vita, manifestandosi tramite uno spiccato desiderio sessuale. Spiriti che sono femminili, come Asughara, ma anche maschili, come Saint Vincent, e che si muovono per proteggere Ada dal mondo esterno, spingendola anche ad azioni estreme, perché spesso sono entità “senza coscienza, senza compassione, senza pietà”.

“Negli anni ci siamo domandati cosa sarebbe stata senza di noi, se sarebbe impazzita lo stesso. E se fossimo rimasti addormentati?”, si chiedono a un certo punto gli spiriti di Ada, che sono anche i narratori delle vicende.

Da un punto di vista occidentale, Acquadolce è un romanzo che affronta la malattia mentale – Ada secondo la psicologia è schizofrenica. Ma Emezi, sempre a La Lettura, spiega che avrebbe “potuto tradurre Acquadolce in una storia più appetibile alla mentalità occidentale… attraverso le lenti della malattia mentale, e questo avrebbe avuto senso per molti. Ma non sarebbe stata la verità”. La malattia mentale è “un aspetto della storia, ma non ne è il centro”.

Acquadolce, infatti, “esplora concetti metafisici”, a partire dal male e dai demoni che risiedono dentro di noi per arrivare a scandagliare questioni tra cui l’identità, il rapporto tra i sessi, ma anche i legami famigliari, fino a mettere in discussione il limite stesso tra la realtà e la soggettività delle nostre esperienze.

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