Di cosa parliamo quando parliamo di stand-up comedy? Di una forma d’arte (che per alcuni è letteratura a tutti gli effetti) nata e sviluppatasi negli Stati Uniti e intrinsecamente legata a quella cultura, in cui si parla di sesso, droghe, ma soprattutto di razzismo e sessismo. E che ormai da qualche anno cresce anche in Italia, con numerosi comici e diversi appuntamenti live, in particolare a Milano e Roma. Senza dimenticare il ruolo di Netflix… – L’approfondimento de ilLibraio.it (e i nomi più interessanti)

Se Netflix abbia creato o solo spianato il terreno a una domanda, è un po’ come il dilemma dell’uovo e della gallina.

Da quando, nell’ottobre 2015, la piattaforma di streaming ha fatto il suo ingresso nel mercato italiano con la sua offerta di serie tv e film, ha portato con sé un genere ampiamente conosciuto nel mondo, ma non molto in Italia: la stand-up comedy, speciali one-man (o woman) show comici registrati in teatro.

A disposizione degli spettatori soprattutto autori americani: Ricky Gervais, Trevor Noah, Sarah Silverman, Ellen DeGeneres. I più famosi, partiti dalla stand-up, si sono poi affermati come autori a tutto tondo per la televisione. Un terreno che non conosce solo primati maschili, ma che si sta affermando come trampolino di lancio per nomi femminili importanti.

Tornando alla stand-up, che è l’arte della comicità fatta appunto in piedi, con microfono impugnato, si è diffusa nelle metropoli Usa a partire dal secondo dopoguerra, come testimonia anche La fantastica Signora Maisel. La materia delle performance riguarda gli affari di tutti i giorni, getta uno sguardo sulle paure e sui valori della società, sul modo di vivere, sulle difficoltà e i fallimenti nel comunicare gli uni con gli altri. Tutto raccontato dal punto di vista autobiografico dell’attore. Niente a che vedere, dunque, con il cabaret come lo conosciamo.

Il segnale definitivo che il genere ha sfondato i nostri confini è arrivato con Nanette, il monologo di Hannah Gadsby, uscito a luglio 2018 e che ha continuato a far parlare di sé, portando a un ulteriore livello il dibattito su diritti, parità di genere e salute mentale.

L’autrice e interprete, una comica neozelandese dichiaratamente lesbica, ha portato sul palco, insieme alla comicità, tutta la vulnerabilità della sua storia personale. Dallo stupro, alle continue vessazioni maschili, Nanette ha rivoluzionato la stand-up comedy mettendo in discussione certi stilemi di comicità auto-denigratoria. Gadbsy è dotata di una potenza narrativa in grado di scuotere lo spettatore dal profondo, e dà un’importante lezione su come funziona lo storytelling comico: tra set up e punchline, le due parti costitutive della battuta, non c’è spazio per la parte centrale della struttura in tre atti drammaturgica. Quella che permette a tutte le storie di evolversi e diventare altro, forse materiale per un libro, per cui l’attrice ha firmato un contratto milionario.

tafoya stand-up

La “stand-up”, per quanto ormai sia diventato un terreno di sperimentazione a livello internazionale, è una forma d’arte nata e sviluppatasi negli Stati Uniti e intrinsecamente legata a quella cultura.

Stand up comedy – Il nuovo genere letterario americano di Eddie Tafoya (traduzione di Filippo Losito per Sagoma editore), è uno dei testi più completi a disposizione in Italia sull’argomento. Parte dall’assunto che la stand-up comedy possa essere considerata letteratura a tutti gli effetti. Innanzitutto, si tratta di una forma d’arte principalmente verbale e utilizza il linguaggio come materia prima di sperimentazione. Doppi sensi, parolacce, distorsioni e iperboli: nella struttura stessa della performance, non esiste un momento in cui lo spettatore può distrarsi o abbassare la guardia.

Catalogando le diverse funzioni della letteratura, Tafoya illustra come la stand up risponda a ciascuna di esse: codifica l’esperienza, produce una catarsi emozionale, intrattiene, defamiliarizza l’ordinario, genera meraviglia. Essendo strettamente legata alla libertà di parola- e al politically correct – rimane un’espressione profondamente americana a prescindere dalla nazionalità di chi la esegua.

Molti fanno risalire a Mark Twain e alla sua attività di docente itinerante, di cui parla lui stesso nel libro In cerca di guai, l’influenza primaria della stand-up. Ma se è facile individuarne il padre, non è altrettanto facile individuare la vera nascita della stand-up comedy come la intendiamo ora: trae le sue origini dal teatro burlesque, dal vaudeville, dalla Beat generation ed è prosperata grazie all’Ed Sullivan show e al Saturday Night Live.

Latoya paragona il comico sul palco a un predicatore, che rompe la quarta parete e interagisce con i suoi ascoltatori, il primo bersaglio dello scherno. Ma la solitudine non sottrae, anzi aggiunge all’attore il coraggio di essere sporco e offensivo verso le masse, persino verso le minoranze. “Il comico, in quanto cittadino in grado di bruciare la bandiera degli Stati Uniti per dimostrare che il diritto alla libera espressione non ha senso se non viene esercitato, custodisce uno dei più preziosi e fondamentali diritti d’America”. E aggiunge: “Molti comici […] si sono assunti il compito di segnalare esattamente dove e come il grande esperimento americano stesse fallendo ricordando la posta in gioco”. La stand up comedy prospera sulle ipocrisie puritane della cultura americana, nonché in un clima sociale spesso oppressivo. Come si legge nel testo, i pezzi comici esplorano con grande frequenza contenuti carichi di tensione sociale. Non solo sesso o droghe, ma soprattutto razzismo e sessismo trovano spazio nei monologhi degli artisti storici, come Eddie Murphy, Bill Hicks, Richard Pryor. Gli stand-up comedian rappresentano un coro di voci pluralista e democratico, che, proprio in funzione della composizione culturale americana e delle sue radici religiose, resta un’espressione di critica sociale oltre che di intrattenimento.

Dallo scorso marzo su Netflix sono disponibili anche gli speciali di alcuni comici italiani come Edoardo Ferrario, Saverio Raimondo e Francesco De Carlo, nomi noti per esperienze passate in televisione, sul web o in teatro. Segno che quindi si sta cercando un via “italiana” alla stand-up comedy, e lo dimostrano anche le numerose serate di open-mic aperte ai nuovi talenti o i palchi sempre più importanti di Roma e Milano. A tal proposito Maura Gancitano, divulgatrice e fondatrice di Tlon e dell’omonima libreria romana, spiega a ilLibraio.it per quale motivo abbiano deciso di dare ampio spazio a questa forma d’arte: “La stand up, rispetto al cabaret, utilizza la risata per stimolare una riflessione, creando un coinvolgimento emotivo ed intellettuale”, E continua: “Innanzitutto gli autori sono scelti per i contenuti che veicolano: devono avere delle tesi molto forti che, attraverso una provocazione costruttiva, siano in grado di generare un dialogo con gli spettatori, nella migliore tradizione filosofica. Per questo motivo abbiamo deciso di creare quelli che chiamiamo conferenze/spettacoli. Grazie alla comicità, si rompe la distanza della conferenza. Abbiamo avuto Arianna Porcelli Safonov, Martina Dell’Ombra e Davide Grillo. Gli stand-up comedian ci servono per scatenare riflessioni su temi importanti”.

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