Una figura femminile che non vuole e non riesce ad accettare la sua condizione in una società in cui il sesso è una maledizione per le donne è al centro del nuovo romanzo della 33enne Tiffany McDaniel, già conosciuta dal pubblico per “L’estate che sciolse ogni cosa”. E che ne “Il caos da cui veniamo” propone “un fedele resoconto delle sofferte esistenze” della nonna e della madre, a cui il testo è dedicato… – L’approfondimento sui suoi libri

“Tutto quello che abbiamo in questa vita è ciò da cui possiamo ottenere il massimo”, scrive l’autrice trentatreenne Tiffany McDaniel nella poesia La saggezza di una vecchia, raccolta nel volume Queste voci mi battono viva (Atlantide, traduzione di Simone Caltabellota).

Tiffany McDaniel

Il libro è pubblicato in contemporanea al romanzo della scrittrice dell’Ohio, Il caos da cui veniamo (Atlantide, traduzione di Lucia Olivieri). E con esso condivide immagini, sensazioni, ma soprattutto l’estraniamento di una figura femminile che non vuole e non riesce ad accettare la sua condizione in una società in cui il sesso appare come una maledizione per le donne.

Il sesso “era usato come strumento di supremazia sulle donne. Naturalmente esistevano anche intimità consensuali e affettuose. Io ho cercato di dare voce a chi è stato messo a tacere”, racconta a questo proposito Tiffany McDaniel intervistata da Repubblica.

Tiffany McDaniel

“Il male sta in equilibrio in tutto il nostro sangue”, scrive ancora McDaniel, che ne Il caos da cui veniamo propone “un fedele resoconto delle sofferte esistenze” della nonna e della madre, a cui il romanzo è dedicato. Si tratta di un’epopea famigliare ambientata in “una terra nell’Ohio, dove tutti i serpenti nascosti nell’erba saprebbero in che modo gli angeli hanno perduto le loro ali”. Ed è anche il primo romanzo che ha scritto, quando aveva solo diciotto anni.

Protagonista una ragazzina, Bitty Lazarus, settima figlia di una coppia mista – lei bianca, lui nativo americano -, che con i fratelli e i genitori vive come affetta da “un morbo, quello dei Lazarus, che nella nostra cittadina era ritenuto altamente contagioso, virulento come un’invisibile eruzione cutanea. I sintomi: comportamenti ambigui, occhi sfuggenti, sorrisi infidi. Il rimedio preferito: le ingiurie, e se non erano abbastanza violente, bastava raddoppiare la dose”.

Il razzismo, la violenza e le difficoltà che affronta chi ci cresce in mezzo sono il cuore del romanzo e delle poesie che lo accompagnano. Bitty, nei dieci anni affrontati nel libro, scopre il dolore, la sofferenza e anche l’amore per una famiglia complessa e problematica, guidata da un uomo che non ha nulla, tranne che l’amore smisurato che prova per i figli, e da una donna che vive segnata da un passato terrificante.

Ma il bene e il male sono dentro ognuno di noi e da sempre questa dualità sembra affascinare Tiffany McDaniel, che ha scritto otto romanzi ambientati nella cittadina fittizia di Breathed, in Ohio. Di questi ne sono stati pubblicati solo due, Il caos da cui veniamo e L’estate che sciolse ogni cosa, il suo esordio proposto sempre da Atlantide e tradotto da Lucia Olivieri.

Tiffany McDaniel

Nel primo libro, ambientato nel 1984, la piccola cittadina è sconvolta dall’arrivo di un ragazzino afroamericano, Sal, che dice di essere il diavolo. Come nel secondo romanzo, il razzismo e la violenza sono il fulcro da cui scaturisce la narrazione.

Romanzi dalle atmosfere gotiche quelli di Tiffany McDaniel che spesso racconta come il contratto per pubblicare L’estate che sciolse ogni cosa sia stato frutto “di duro lavoro e tenacia. Per undici anni i manoscritti sono stati rifiutati dagli editori con la motivazione che li consideravano troppo cupi e comunque troppo rischiosi da pubblicare”. E nell’intervista a Repubblica ha ampliato questo tema, aggiungendo che a suo avviso “il mondo dell’editoria è sessista e la ghettizzazione della cosiddetta letteratura femminile penalizza le donne. Affronto temi cupi e questo è inammissibile: una donna che esplora il buio è reputata rischiosa”.

Tiffany McDaniel non è sui social media e vive in un paese sperduto dell’Ohio. Una vita ritirata che ricorda quella di una delle sue scrittrici preferite, la regina del southern gothic Flannery O’Connor. Quando scrive un nuovo romanzo, inizia sempre dal titolo e dalla prima frase e poi arriva il momento di “un flusso fluido e naturale” secondo cui i pensieri dell’autrice prendono forma come scritti.

Uno dei suoi libri preferiti è “Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson, (autrice a cui viene spesso comparata, ndr) che affronta la storia di due sorelle che vivono in una dimora fatiscente dopo la morte per avvelenamento del resto della famiglia”.

Nei suoi romanzi risuona anche l’eco de Il buio oltre la siepe di Harper Lee: il razzismo, il padre avvocato de L’estate che sciolse ogni cosa, e la protagonista maschiaccio che ha un rapporto speciale con il suo papà de Il caos da cui veniamo.

E sulla sua scrittura confessa un aneddoto che riguarda il suo passato ma che continua a influenzare il suo lavoro di autrice: “Sono cresciuta senza molti soldi, mi ricordo che quando andavo in libreria potevo spendere poco. Quando compravo un libro che non mi soddisfaceva, mi dicevo ‘Oh cavolo, avrei dovuto comprare qualcosa di meglio’. Quando ci penso mi viene in mente che qualcuno sta investendo in te e così provo a scrivere il libro più bello che posso”, ha raccontato al Guardian.

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