Davvero gli uomini hanno paura delle donne intelligenti? Stando a una ricerca, sembrerebbe di sì. Su ilLibraio.it il commento della scrittrice Roberta Marasco, che allarga il discorso, e cita anche le ultime tendenze letterarie: “Servono modelli sentimentali diversi, che non amplino semplicemente lo spettro dell’amore alle varie combinazioni fra i sessi, ma che non confondano la sopraffazione con il romanticismo e la sottomissione con l’amore…”

Troppo intelligente per un uomo? Forse è questione di residuo fisso…

Gli Yupik hanno 99 parole per le distese di ghiaccio, alle Hawaii ne hanno 47 per le banane e in Somalia ne esistono 46 per i cammelli. Noi ne abbiamo solo una per l’intelligenza. È un po’ sconsolante, a ben pensarci, ma soprattutto non aiuta. Per esempio quando ci si chiede se davvero gli uomini abbiano paura delle donne intelligenti.

Intelligenti in che senso? Come si definisce una donna intelligente? Dal titolo di studio, dalla posizione sul lavoro, dal bagaglio culturale, dall’eloquio? Dalle capacità pratiche e gestionali, di improvvisazione, di risoluzione dei conflitti? L’intelligenza in questione è emotiva o cognitiva? È un insieme di nozioni o di esperienze? Di competenze o della capacità di comprendere?


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Mio padre raccontava che la mia bisnonna aveva il dono raro di placare la sua irascibilità al volante, semplicemente sedendosi accanto a lui e dicendogli: “Caro mio, tu sì che sai guidare come piace a me”. Immagino che nessuno avrà difficoltà a ritenerla una strategia più intelligente dei miei “Vai piano, cazzo!” rivolti a mio marito. Eppure mio padre non ne era affatto intimorito, tutto il contrario.

Secondo il Personality and Social Psychology Bulletin, i maschi alfa si sentono minacciati dalle donne che ottengono risultati migliori dei loro in inglese e in matematica, tanto che al termine di un esperimento, trovandosi davanti una bella signora dal quoziente intellettivo più alto del loro, perdevano improvvisamente interesse nei suoi confronti. L’omo ha da esse omo, insomma, e se si perde a metà di un’equazione, che omo è?

La verità, forse, è che bisognerebbe iniziare a parlare d’amore in modo diverso. A ridefinire i modelli e i ruoli che ci emozionano e ci fanno sognare. Dietro i successi editoriali degli ultimi tempi c’è quasi sempre un pizzico di Cenerentola e un po’ di La bella e la bestia. Che si parli di sfumature o di sedie a rotelle, la donzella è destinata ad apportare la propria dote in soldoni emotivi, mentre il principe di turno può contare su doti in moneta sonante. Gli uomini sono ricchi, pratici, analfabeti emotivi; le donne sono povere e un po’ sfigate, ma in ciascuna di loro batte il cuore di Maria Montessori e lo stacco coscia di Julia Roberts. Hanno solo bisogno dell’occasione giusta per (di)mostrarlo. Finché continueremo a sognare in questi termini, non c’è da stupirsi che gli aspiranti alfa si ripassino le tabelline prima di uscire a cena.

Servono modelli sentimentali diversi, che non amplino semplicemente lo spettro dell’amore alle varie combinazioni fra i sessi, ma che non confondano la sopraffazione con il romanticismo e la sottomissione con l’amore. È fondamentale fare piazza pulita di tutti gli stupri più o meno velati che fanno capolino nel romance, dei silenzi che si traducono in assenso, della brutalità camuffata da prestanza, dell’ingenuità spacciata per virtù. Qualunque alone di romanticismo gettato addosso a un comportamento dominante è non solo sbagliato, ma pericoloso.

Se l’amore è come una tazza di tè, allora esistono due tipi di persone: le persone acqua e le persone tè. Le persone acqua amano ascoltare, sono curiose, attendono e si lasciano conquistare dai sapori altrui; alle persone tè invece piace raccontarsi, si tuffano impazienti nella vita degli altri, vogliono lasciare il segno. Le persone acqua possono sembrare insapori e inoffensive a un maschio alfa, ma solo se non ha fatto i conti con il loro residuo fisso. È invisibile e quasi tutti tendono a dimenticarsene, ma quando arriva sul palato è destinato a cambiare il sapore di qualunque tè, alfa o non alfa. Il residuo fisso non si cambia, non c’è dieta che tenga, ce lo portiamo dietro tutta la vita. Ed è inutile provare a nasconderlo, perché quando la temperatura è quella giusta e si inizia a fare sul serio, salterà irrimediabilmente fuori. Che sia il residuo fisso, allora, invece di una vaga e generica intelligenza, a spaventare i maschi alfa?

Gli amori con un residuo fisso altissimo sono i più rari, ma anche i più intensi e passionali. E duraturi. Si tratta di fidarsi abbastanza, di saper aspettare, di cercare l’aroma e il momento giusto. Perché finché non sentiremo un sapore unico, invece di due gusti che si tollerano a vicenda, non sarà mai amore. Una dissolvenza incrociata nella vita altrui, tutt’al più, ma l’amore è un’altra cosa. È quella miscela perfetta che otteniamo quando tacciamo per ascoltare e così facendo, per la prima volta, ci facciamo davvero sentire.
E funziona anche con i maschi alfa, garantito.

Marasco

IL LIBRO E L’AUTRICELe regole del tè e dell’amore (in libreria per Tre60) è l’ultimo libro di Roberta Marasco. L’amore di Elisa per il tè risale alla sua infanzia. È stata sua madre a insegnarle tutte le regole per preparare questa bevanda e ad associare, come per gioco, ogni persona a una varietà di tè. Daniele, il suo unico grande amore, è tornato dopo tanto tempo. Ma Elisa ha imparato da sua madre a non fidarsi della felicità, a non lasciarsi andare mai, perché il prezzo da pagare potrebbe essere molto alto. Prima di tutto dovrà trovare se stessa, poi potrà capire se Daniele può renderla felice. Quando trova per caso una vecchia scatola di tè con un’etichetta che riporta la scritta ROCCAMORI, il nome di un antico borgo umbro, Elisa ne è certa: si tratta del tè proibito della madre, quello che le fece provare solo una volta e che, lei lo sente, nasconde più di un segreto. Forse proprio lì, in quel borgo antico, Elisa potrà trovare le risposte che cerca e imparare a lasciarsi andare e a fidarsi dell’amore, guidata dall’aroma e dalle regole del tè…

Roberta Marasco è una traduttrice che un giorno si è accorta di aver trascurato le proprie emozioni. Per la fretta, le aveva cacciate tutte da qualche parte dentro di sé, proprio come si fa con gli oggetti che non si ha il tempo di rimettere in ordine. Le emozioni, però, prima o poi tornano a galla, e le sue lo facevano cogliendola alla sprovvista e commuovendola nei momenti meno opportuni. Ha iniziato a scrivere per questo, per vivere le proprie emozioni e tornare a credere nei sogni. Per saperne di più visita la sua pagina Facebook o il suo blog, rosapercaso.

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