Un’opinione pubblica che cade sempre più nel panico a causa di alcuni omicidi seriali, un conduttore televisivo che si improvvisa detective per ritrovare un anello rubato e i mille volti di una Milano tanto violenta quanto malinconica. Sono questi gli ingredienti del nuovo romanzo di Alessandro Robecchi, il noir “Torto marcio” – Su ilLibraio.it un estratto

Milano è la vera protagonista del nuovo romanzo di Alessandro Robecchi: una Milano violenta e cinica ma anche malinconica che traspare da un noir pieno di suspense e ironia.

Robecchi, autore di Manu Chao. Musica y libertad (Sperling & Kupfer), Piovono Pietre, cronache marziane da un paese assurdo (Editori Laterza), Questa non è una canzone d’amore, Dove sei stanotte e Di rabbia e di vento (tutti per Sellerio) – nonché giornalista del Fatto Quotidiano e tra gli autori degli spettacoli di Maurizio Crozza, torna in libreria con Torto marcio (Sellerio), un poliziesco con chiare note di costume e critica sociale, che si svolge interamente nel capoluogo lombardo.

Robecchi torto marcio

Tre sono infatti luoghi di Milano, vicini sulla mappa ma lontanissimi tra loro, in cui si svolgono le vicende che coinvolgono Carlo Monterossi, autore televisivo di una trasmissione trash (di cui si
vergogna), cultore di Bob Dylan e detective per caso, e il corpo di polizia vero e proprio (il sovrintendente Carella e il vice Ghezzi), chiamati ad indagare su una serie di omicidi sospetti.

Tra le pagine di Torto marcio prendono forma il quartiere malfamato attorno a San Siro, la questura dove lavora la polizia e l’abitazione dello stesso Carlo, il quale per aiutare la sua fidata collaboratrice a ritrovare un anello rubato, comincia un’indagine che va inaspettatamente a inciampare in quella sull’assassino dei sassi portata avanti dalla polizia – indagine che sta occupando le prime pagine di tutti i giornali.

E mentre la città cade sempre più nel panico all’aumentare del numero di omicidi seriali firmati con quel sasso bianco, liscio e rotondo, poggiato sul petto del cadavere, Carlo – “l’uomo curioso”, “l’uomo che risolve i problemi” – continua la sua caccia all’anello da San Siro a via Manzoni, dalle cantine degli alloggi popolari fino a un albergo sul lago. Finché i conti finiranno, amaramente, per tornare per tutti.

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Per gentile concessione dell’editore, riportiamo un estratto dal settimo capitolo:

Katrina ha la faccia offesa che fanno quelli accusati di rubare le offerte in chiesa.

Si appoggia a un mobile della cucina di casa Monterossi, lustro come se dovesse venire in visita il re del Belgio, e guarda Carlo che si sta versando da bere. Ha scelto un Sauvignon blanc dal piccolo armadio-cantina che contiene decine di bottiglie, alcune dal nome nobile, altre rare come francobolli antichi.

“Katrina ha mai lasciato signor Carlo senza cena?”. Lo ha detto né astiosa né polemica, solo un po’ stupita.

In effetti no, pensa Carlo, che ora deve recuperare e chiedere perdono senza chiederlo veramente. In fondo le ha solo detto che tra poco si farà vivo Oscar, che hanno delle cose da raccontarsi e che vorrebbero cenare. Ma si sa com’è con quella virago delle pianure: tutto può essere messo in discussione, tranne i superpoteri della Madonna di Medjugorje e la sua efficienza di governante, cuoca, addetta ai vettovagliamenti e all’economia domestica. Senza contare – Carlo ce l’ha ben stampato in mente – il ruolo di voce amica, inascoltata consigliera in fatto di questioni amorose, semmai ne capitassero, avvocato difensore e bocca della verità. Tutto spigoloso ascendente burbero e made in Moldavia.

Katrina lancia un’occhiata alla sua amica attaccata al frigo in forma di calamita – sempre la Madonna dell’Est che appare e scompare agli occhi dei fedeli come la luna dietro le nuvole – e sospira aprendo la porta di quel magazzino di cibarie dalla doppia porta, un frigorifero che potrebbe contenere scorte per l’armata rossa, sufficienti per andare da Stalingrado a Berlino senza farsi mancare nulla. Gamberi alla catalana, burrata di Puglia, arrosto di vitello, spiedini di pesce, alette di pollo piccanti, guacamole e aspic di frutta per dolce. “Signor Carlo può scegliere. Se deve scaldare usa microonde. Per favore non mangia scampi, che Katrina domani fa sugo di pesce”.

Fine delle comunicazioni.

Anzi no, perché Katrina non sa trattenersi e usa tutta la confidenza che lui le concede in quanto impareggiabile Mary Poppins di casa Monterossi.

“Tutte le volte che signor Carlo vede signor Oscar arriva guai. Ancora questa volta o è solo cena di amici?”. Carlo ride. È vero, Oscar e i guai sono due cose che vanno parecchio d’accordo, e Katrina ha assistito più volte a faccende intricate che potevano finire male. “Ma no, Katrina, due chiacchiere e qualche bicchiere, non preoccuparti”.

Lei alza gli occhi al cielo come dire: non crederò a una sola parola, si sfila il grembiule e saluta. Torna giù, nella sua guardiola, ai suoi altarini, alle sue preghiere solitarie inframmezzate dagli sceneggiati tivù, perché è, incidentalmente, la custode del palazzo, anche se passa quasi tutto il suo tempo ad accudire quel Monterossi che sì, le sta simpatico, certo, è gentile, ma è un tale disastro…

(Continua in libreria…)

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