Come sottolinea su ilLibraio.it la scrittrice Laura Pariani, “è giusto che i libri risentano delle tragedie del tempo in cui sono stati scritti – guerre, regimi totalitari, fughe drammatiche da paesi invivibili – dato che la scrittura è un materiale poroso, permeabile alla realtà”. E infatti, “il filo rosso delle nostre tensioni sociali e politiche” attraversa i cinque libri finalisti al Premio Lattes Grinzane 2025, “anche se ambientati in epoche lontane o in luoghi che sembrano avere poco a che fare con noi”. In vista dell’appuntamento dell’11 ottobre, ecco un’analisi dei titoli in cinquina (composta da Mathieu Belezi con “Attaccare la terra e il sole”, Jenny Erpenbeck con “Kairos”, Paul Lynch con “Il canto del profeta”, Alia Trabucco Zerán con “Pulita” e Sandro Veronesi con “Settembre nero”)

È giusto che i libri risentano delle tragedie del tempo in cui sono stati scritti – guerre, regimi totalitari, fughe drammatiche da paesi invivibili – dato che la scrittura è un materiale poroso, permeabile alla realtà. Quindi, seppure in maniera diversa, il filo rosso delle nostre tensioni sociali e politiche attraversa questi cinque libri, anche se ambientati in epoche lontane o in luoghi che sembrano avere poco a che fare con noi.

Il secondo filo rosso è dato dal fatto che in ognuna delle vicende raccontate giunge il momento della consapevolezza, acquisita poco alla volta, di un punto di non ritorno. E a innescare la reazione – il batticuore del salto nel vuoto, “alé, op!” – sono le donne. Seraphine, Katharina, Eilish, Estela e Betty, nella trama di disgrazie e tenerezze di cui le loro storie sono costruite, sanno cogliere il momento di alzare la testa e non perdere la propria dignità.

Attaccare la Terra e il Sole di Mathieu Belezi

Attaccare la Terra e il Sole

Attaccare la Terra e il Sole di Mathieu Belezi narra l’inizio incandescente della conquista francese dell’Algeria, alla fine dell’Ottocento. La barbarie della colonizzazione viene raccontata dal basso per mezzo dell’alternarsi di due giovani voci. La prima è quella della contadina Séraphine che parte per l’Africa con la sua povera famiglia di coloni allettati dalla promessa di sette ettari di terra fertile da coltivare, ma che si ritrova a combattere ogni giorno contro la spietatezza del sole e della terra ostile. La seconda voce è quella di un soldatino intruppato in una squadra guidata da un capitano caricaturalmente pazzo e assetato di sangue, che intende la colonizzazione come terrore, e quindi massacra, uccide, stupra, saccheggia.

Due personaggi abitati da dolore, paura e rabbia, di cui lo scrittore ricrea potentemente le voci: il lamento di Seraphine che non smette di interrogare il Cielo – “santa, santissima madre di Dio” – sul motivo per cui deve patire l’inferno del deserto e dello sradicamento; il delirio del soldato – “non siamo angeli!” – ossessionato dalle atrocità commesse. Sarà lui a sprofondare nella follia, una strage dopo l’altra, nella convinzione che chi gli si oppone abbia “sangue malvagio”. La donna, invece, a un certo punto ha il coraggio di dire: Basta!, firma l’atto di rinuncia alla concessione agricola e s’imbarca per la Francia. Il bastimento si immerge “prua, ponte e fumaioli, nelle tenebre purificatrici del mar Mediterraneo”, quasi a avvertire noi lettori che bisogna affrontare il buio “per uscire dall’inferno”.

Kairos di Jenny Erpenbeck

Kairos

Kairos di Jenny Erpenbeck è la storia della relazione tra la giovanissima studentessa Katharina e lo scrittore Hans, sposato e molto più anziano di lei: amore adultero e segreto, sbilanciato fin dall’inizio, perché è lui a stabilire ossessivamente spazi e momenti. Il romanzo racconta il crescendo della volontà di dominio di Hans, che inscrive i propri ordini sul corpo e sulla quotidianità di Katharina, con un sistema maniacale di istruzioni attraverso cassette registrate, veri e propri interrogatori e controlli di orari. Lui solo, e nessun altro, può essere l’astro intorno al quale lei deve orbitare. Le normali esperienze giovanili, che Hans ha vissuto in un passato di cui lei non fa parte, sono perciò vietate a Katharina, costretta a equilibrismi che trasformano la sua vita in un altalena insoffribile. E intanto, intorno alla coppia, le possibilità emancipatorie del socialismo si sgretolano, il controllo poliziesco della DDR si fa più serrato, mentre l’Occidente non sembra presentare vere alternative di vita, ma semplicemente “la stessa merce” in un diverso involto di cellophane.

“Dove può andare una persona che non ha via d’uscita?”, si domanda Katharina nell’ora terribile che passa nella toilette della stazione di Francoforte sull’Oder… Per amore si può accettare il sacrificio, ma non l’umiliazione sistematica. E allora bisogna cogliere il momento decisivo – il kairos, l’attimo giusto rappresentato dal dio che si può agguantare solo per “un ricciolo che gli ricade sulla fronte” – e voltare pagina.

Il canto del profeta di Paul Lynch

il canto del profeta

In un futuro imminente, la Repubblica d’Irlanda è sprofondata nel totalitarismo: il controllo dei media è assoluto, le libertà civili sono negate, le proteste vengono represse nel sangue. Per aver preso parte a uno sciopero, Larry Stack, insegnante e leader del sindacato docenti, viene arrestato, detenuto senza spiegazioni e fatto sparire. Per sua moglie Eilish, biologa molecolare con a carico quattro figli e un padre malato, la vita si fa dura; perde le sue libertà, il suo lavoro, i suoi diritti: “i diritti di cui parla non possono essere verificati, sono finzioni decretate dallo Stato e spetta allo Stato decidere in che cosa credere o non credere, secondo le proprie esigenze, questo lo capirà anche lei”.

Potrebbe fuggire ma non lo fa, perché Eilish vive lo stesso dramma di tante madri di paesi di guerra, che vedono i propri figli sparire, che non si rassegnano a lasciare il proprio paese in quanto vogliono attendere il loro ritorno. Tuttavia anche per la protagonista arriva il momento della consapevolezza di essere arrivata a un punto di non ritorno. Sebbene il senso di colpa per un’eventuale fuga sia intenso, la protagonista di Il canto del profeta di Paul Lynch non può continuare a tacere, perché “il silenzio è la fonte del loro potere” e in tal modo la storia resta “una cronaca muta di gente che non è riuscita a partire”. Eilish deve lasciarsi tutto alle spalle, perché solo così la storia non diventa cronaca muta: “se si continua a guardare nel passato in un certo senso moriamo, mentre invece c’è ancora un po’ di vita da vivere, i miei due ragazzi, li guardi, tutti e due l’immagine sputata del padre, loro hanno la loro vita da vivere e io farò il possibile perché sia così…”

Pulita di Alia Trabucco Zeran

pulita

In Pulita di Alia Trabucco Zeran, Estela García, tata e collaboratrice domestica quarantenne, racconta gli eventi che hanno portato alla morte di una bambina, figlia dei suoi datori di lavoro, e noi lettori assistiamo a questo fiume di parole, come spettatori dietro il vetro di una stanza degli interrogatori – al punto che ci sembra di indossare uno sguardo inquisitorio. La voce di Estela è opaca, oscilla tra divagazioni e riflessioni, come se volesse a tutti i costi tenere strategicamente sulla corda la nostra curiosità: “la morte può aspettare… Prima dovete capire la realtà, come si dilatò una settimana dopo l’altra; come si impadronì delle mie ore, di ogni mio giorno, finché non ce la feci più, finché non seppi più come andarmene di lì”.

E la realtà è razzismo nei confronti della sua pelle scura, dato che Estela proviene dalla poverissima isola patagonica di Chiloé: e la bambina consiglia la madre di dare alla tata della cipria per farla diventare bianca, “pulita”. La realtà è distanza di classe incarnata nella divisa coi bottoncini finti; è solitudine della grande città, incomprensione, dissociazione: “La vita tende a essere così: una goccia, un’altra, un’altra ancora; e poi ci chiediamo, perplessi, come mai siamo bagnati fradici”. Alla fine però anche Estela trova una via d’uscita nell’abbandonare la casa in cui ha vissuto da “serva” e partecipare alle manifestazioni di piazza a Santiago de Chile, nel 2019: Tanto fuoco, tanto sole, tanti corpi in uno stesso spazio. Quanta sete avevo. Quanto tempo era passato. Quante colazioni, quanti pranzi. Quanta pulizia, quanta sporcizia. Sentii le dita contrarsi. I pugni aprirsi e chiudersi. Raccolsi anch’io un cubetto di porfido.” Non sappiamo se Estela abbia ferito qualche poliziotto nella sommossa, e se dovrà pagare per questo. Ma sicuramente non dimenticheremo la ferita che sentiamo nella sua voce: ci scuote, ci invita a diffidare di noi stessi, a prendere coscienza dei nostri pregiudizi di lettori bianchi.

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Settembre nero di Sandro Veronesi

Settembre nero di Sandro Veronesi

In Settembre nero di Sandro Veronesi la voce narrante rievoca l’estate del 1972, che Gigio, il protagonista dodicenne, passa al mare, in Versilia, con i genitori e la sorellina. La musica dei Procol Harum, l’umorismo dei Peanuts, le palline clic-clac, la sfida tra Gimondi e Merckx; ma soprattutto l’esuberanza della vicina di ombrellone, la tredicenne Astel, che ha ereditato dalla madre etiope il colore della pelle e i capelli raccolti in treccine colorate di nastri. Intorno c’è la Versilia modaiola delle feste dei vip, ma l’atmosfera di sfacciato divertimento viene poco a poco incrinata dall’eco del drammatico processo contro i rapitori del piccolo Ermanno Lavorini; finché i pugni alzati degli atleti neri sul podio delle Olimpiadi e la strage dell’aeroporto di Monaco metteranno bruscamente fine alla lunga estate felice.

Anche per Gigio ci sarà l’amara scoperta che non ci sono soltanto i segreti degli scacchi e della barca a vela, ma anche quelli terribili origliati di notte dietro la porta della camera da letto dei genitori. È lo sbalordimento per la doppia vita del padre; la scoperta della “vita che brucia”; la spaccatura della famiglia. E sarà la “rossa” Betty, offesa dal tradimento, a porre fine all’ambigua situazione.

Il premio

La quindicesima edizione del Premio Lattes Grinzane verrà assegnata sabato 11 ottobre al Teatro Sociale G. Busca di Alba (qui i particolari). A comporre la cinquina finalista sono Mathieu Belezi con Attaccare la terra e il sole (Gramma Feltrinelli, traduzione di Maria Baiocchi), Jenny Erpenbeck con Kairos (Sellerio,  traduzione di Ada Vigliani), Paul Lynch con Il canto del profeta (66thand2nd, traduzione di Riccardo  Duranti), Alia Trabucco Zerán con Pulita (Sur, traduzione di Gina Maneri) e Sandro Veronesi con Settembre nero (La nave di Teseo).

Quanto al Premio Speciale Lattes Grinzane 2025, va all’autrice etiope Maaza Mengiste, che terrà una lectio magistralis durante la cerimonia finale.

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Maaza Mengiste nella foto di Nina Subin

Maaza Mengiste nella foto di Nina Subin

Il Premio Lattes Grinzane è il riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes organizzato dalla Fondazione Bottari Lattes che fa concorrere insieme autori italiani e stranieri ed è dedicato ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno. Dal 2017 l’evento è inserito all’interno del  programma culturale della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba.

I romanzi finalisti e il Premio Speciale sono stati determinati dalla Giuria Tecnica, recentemente  rinnovata e composta dalla presidente Loredana Lipperini (scrittrice, giornalista, conduttrice radiofonica), Marco Balzano (scrittore, poeta, italianista), Valter Boggione (docente di Letteratura  italiana all’Università di Torino), Anna Dolfi (docente di Letteratura italiana nelle Università degli  Studi di Trento e Firenze), Giuseppe Langella (docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università Cattolica e direttore del Centro di ricerca Letteratura e cultura dell’Italia unita), Alessandro Mari (scrittore, editor), Luca Mastrantonio (giornalista, critico  letterario) e Francesca Sforza (giornalista).

Ora ai 400 studenti e studentesse che fanno parte delle Giurie Scolastiche va il compito di leggere le opere in finale e individuare quella vincitrice di quest’anno. Le ragazze e i ragazzi coinvolti provengono da tutta Italia, dalla provincia di Cuneo, passando da Teramo e Campobasso: sono in totale 25 gli istituti superiori coinvolti, tra  questi per la prima volta il Colegio Italiano “Antonio Raimondi” di Lima, in Perù.

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