“Il canto del profeta”, con cui lo scrittore irlandese Paul Lynch ha ottenuto il prestigioso Booker Prize 2023, racconta il dramma di una famiglia vittima della deriva autoritaria di uno stato europeo, proprio lì dove si crede che certe cose non possano accadere. Un romanzo distopico che narra con lucidità le contraddizioni del momento storico attuale…

L’inizio della fine, il primo piccolo strappo che diventerà poi una faglia sempre più larga, sempre più pericolosa, sono due poliziotti che bussano una sera. Nonostante “quel riflesso di colpevolezza universale che coglie chiunque quando la polizia suona alla porta”, Eilish Stack si sente tranquilla mentre parla ai due agenti che cercano suo marito Larry, insegnante e sindacalista. Del resto, che cosa c’è da temere? Larry non ha fatto niente di male e, soprattutto in uno stato moderno e civile, ci sono regole, diritti, garanzie. Gli agenti torneranno, ma si tratterà solo di qualche domanda, forse un accertamento. Una sciocchezza.

Il canto del profeta

Uno dei temi più affascinanti — e spaventosi — de Il canto del profeta di Paul Lynch, romanzo vincitore del Booker Prize 2023 tradotto da Riccardo Duranti per 66thand2nd, è la dialettica continua, anzi lo stridore tra l’aspirazione di normalità e serenità di una famiglia qualsiasi irlandese (moglie e marito, quattro figli, un padre anziano che mostra i primi segni di demenza senile) e il precipitarsi degli eventi politici che fanno scivolare piano piano l’Irlanda in una dittatura feroce e sanguinaria.

La convinzione che certe cose non possono accadere, che qualcuno farà qualcosa e che ci sono dei diritti che non si possono violare accompagna a lungo i protagonisti, anche quando la situazione è ormai apertamente sfuggita a ogni controllo e rassicurazione democratica.

Lynch è bravissimo nel raccontare la spirale autoritaria sempre dalla prospettiva soggettiva dei suoi personaggi. Sappiamo cosa sta succedendo dalle loro conversazioni, da ciò che leggono e ascoltano su giornali e telegiornali e, soprattutto, da ciò che sperimentano sulla propria pelle.

Larry Stack scompare nel nulla. Viene arrestato e non c’è possibilità di comunicare con lui, i suoi famigliari non possono nemmeno sapere dove è stato detenuto. Il partito nazionalista al potere sta pian piano sospendendo ogni minima garanzia politica e giudiziaria. Eilish si ritrova sola a dover reggere un peso doppio: quello di una quotidianità domestica e affettiva improvvisamente privata di uno dei suoi pilastri e il baratro verso cui la nazione sta precipitando e che lei osserva incredula, mentre ciò che sembrava assurdo si fa sempre di più reale.

La scrittura di Lynch, cupa e dal ritmo ipnotico, segue come una camere fissa la donna mentre si scontra con stupore con ciò che il suo paese è diventato e sta diventando. La mostra quando ascolta l’avvocato del sindacato spiegarle che è così, non si possono ottenere informazioni sul marito, non si può invocare l’habeas corpus e le leggi che tutti credevano intangibili stanno cambiando.

Eilish Stack è una donna forte che non vuole precipitare, che combatte per restare a galla e tenere unita la famiglia nello sfacelo. Così nel romanzo si respira il continuo contrasto tra il desiderio di normalità, di una vita fatta di amore per i figli che stanno crescendo, e un contesto allucinato, che permea le strade come i luoghi di lavoro e inghiotte tutti gli abitanti del paese, chi attonito e chi connivente. “Nel ritorno in macchina verso la città, dove le case si affacciano sul mare, osserva ogni auto che passa, cercando di scorgere i volti all’interno, oltre i vetri che sembrano liquidi. Sono i volti senza nome che hanno portato allo stato presente, eppure sono facce come la sua, facce che passano come sempre in questa città che continua a respirare l’incessante fluire della notte nel giorno”.

Lynch è bravissimo a lasciare in secondo piano le informazioni su come si è potuti arrivare a questa deriva dittatoriale, il punto di vista è sempre quello degli uomini e delle donne che la stanno subendo o alimentando, vittime o carnefici.

Ma lo scenario de Il canto del profeta ha in realtà poco di distopico e racconta molto della contemporaneità. Basti pensare che uno dei punti di svolta del romanzo, una delle decisioni del nuovo governo che scatena proteste, e di conseguenza inasprisce la repressione, è la reintroduzione di un servizio di leva militare obbligatorio, con processo e carcere per i giovani che si rifiutano. Qualcosa che è facile trovare, anche solo come provocazione, sulle pagine dei quotidiani ai giorni nostri. Così come non ci suonano certo estranee le violenze motivate da questioni di sicurezza nazionale e gli appelli a una comunità internazionale che però sembra sorda o assente.

Paul Lynch ha raccontato che cominciò a scrivere il libro nel 2018, partendo da ciò che sentiva stava succedendo in Siria. Ciò che descrive non solo potrebbe accadere, ma sta effettivamente accadendo in varie parti del mondo. Ognuno di noi, proprio come i protagonisti del libro, è però convinto che non possa accadere qui. Ma, come dice uno dei poliziotti che visita gli incubi notturni di Eilish, i diritti non sono scientifici, “sono finzioni decretate dallo Stato”.

Il dramma della famiglia Stack è allora lo stesso dramma di tante famiglie comuni in questo momento storico. Eilish non perde mai la forza del suo amore, ed è struggente come alla tragedia che viene dall’esterno si mescolino anche i piccoli, consueti problemi dell’intimità: il rapporto con i figli e con il padre, con il proprio lavoro, con un mondo che credeva saldo e vede andare in pezzi giorno dopo giorno, finché l’Irlanda non si ritroverà coinvolta in un’aperta guerra civile e la porterà a essere trafitta da sofferenze insopportabili e a dover compiere scelte difficili. Scenderà lentamente, assieme ai suoi concittadini, in un luogo molto oscuro. Un luogo che è più vicino alla nostra realtà attuale di quanto a volte ci piaccia pensare.

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Fotografia header: Paul Lynch, foto di Joel Saget_AFP

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