Torna in libreria l’amatissimo scrittore giapponese, con la prima parte del dittico L’assassinio del commendatore, un romanzo in grado di bilanciare le due anime dell’autore: da una parte quella surreale e senza freni (Kafka sulla spiaggia, Dance Dance Dance) e dall’altra quella introspettiva e realista (Norwegian Wood, A sud del confine, ad ovest del sole) – L’approfondimento

Attesissimo, dopo quattro anni di silenzio da L’incolore Tazaki Tsukuru e la raccolta di racconti Uomini senza donne, finalmente è arrivato il nuovo romanzo di Haruki Murakami: L’assassinio del commendatore – Libro Primo – Idee che affiorano (Einaudi, traduzione di Antonietta Pastore), successo assicurato prima ancora del suo lancio in patria con una tiratura di oltre un milione di copie e librerie aperte tutta la notte il giorno dell’uscita. 

Murakami Haruki

Un’uscita che, com’era lecito aspettarsi dall’autore, si dimostrava attorniata da mistero: “Un libro che è più lungo di Kafka sulla spiaggia, ma più corto di 1Q84e basta. E poi, finalmente, il titolo: Killing Commendator, che subito richiamava un’atmosfera noir e una promessa di nuovi, enigmatici viaggi all’interno del mondo onirico.

L’assassinio del commendatore è, in realtà, un libro nella produzione di Murakami che è in grado di bilanciare le due anime dell’autore: da una parte quella surreale senza freni (Kafka sulla spiaggia, Dance Dance Dance) e dall’altra quella introspettiva, realista (Norwegian Wood, A sud del confine, ad ovest del sole).

Ed è il mistero il motore della narrazione che vede come fulcro un protagonista senza nome (e, quindi, inconsapevole del proprio io): un pittore sulla soglia della quarantina che ha il privilegio di vivere unicamente della sua pittura. Non sarà mai, però, un artista da galleria: è un semplice ritrattista, dotato del sorprendente talento di cogliere le sfumature delle persone e richiestissimo da potenti uomini politici, magnati e imprenditori. 
Un artista definito tale dagli altri che, lui solo, non comprende il suo talento e si muove claudicante nella sua vita fino all’abbandono della moglie, innamorata di un altro uomo.

Da vero personaggio murakamiano, il pittore reagisce con naturalezza: abbandona il suo appartamento e intraprende un cammino di formazione onirico dove gli specchi tra vita e creatività si riflettono l’uno nell’altro e trovano corpo (e anima) in altri due personaggi chiave: da una parte un misterioso e famoso maestro di pittura e il suo dipinto inedito che dà titolo al romanzo e Menshiki (in giapponese: “Privo di colore”).

Murakami ha ammesso di aver voluto rendere omaggio a Francis Scott Fitzgerald con questo suo nuovo capitolo e non è difficile vedere in Menshiki una nipponica rivisitazione di Jay Gatsby: uomo elegante, affascinante, ricchissimo che svela, pian piano, vulnerabilità irrisolte.

Tutti e tre gli uomini (presenti o assenti) sono stati separati dalle donne e sono spezzati, muovendosi in universo incomprensibile ma logico, dove campane suonano lugubre nella notte, dove esistono mummie e idee che prendono corpo.

Ed è di nuovo l’erotismo un altro fulcro portante del romanzo: corpo e idea. Le scene di sesso, tipiche della scrittura di Murakami e soprattutto nei momenti grotteschi, evidenziano qui più che altrove la perdita di questi personaggi: le amanti conoscono loro (e il mondo) molto più profondamente, mentre gli uomini sanno provare il piacere del corpo, ma non lo sanno descrivere e non sono in grado di definire chi siano davvero. 

Esattamente come un piatto gustoso che si può ritrarre fedelmente ma di cui non si sa ricordare il gusto, la vita e il suo senso rimangono un enorme punto di domanda.

E, in attesa del secondo volume del dittico (previsto per gennaio), vien da chiedersi: qual è la bussola per potersi orientare? La risposta sembra univoca: seguire la logica del sogno. 

 

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