La serie tv più discussa del momento, “La casa di carta”, riesce a tenere alta l’attenzione dello spettatore grazie a continui ribaltamenti e colpi di scena. E forse è proprio questa capacità di creare un perenne stupore a sopperire alle mancanze di originalità di cui è accusata…

Impossibile non parlare, o non sentir parlare, della serie tv spagnola La casa di carta (titolo originale La casa de papel), uscita su Netflix il 20 dicembre e diventata subito una delle più discusse dell’anno.

In realtà La casa di carta non è un prodotto originale Netflix, ma è stata trasmessa in Spagna dal canale Antena 3 da maggio del 2017, e conta 15 episodi totali della durata di circa 75 minuti ciascuno. Netflix, acquistandone i diritti, ha deciso di renderli più simili al proprio formato, riadattandoli in puntate da 45-50 minuti e allungando così la durata della serie. Nonostante sia già apparsa la notizia di una terza stagione (ma sarebbe più opportuno parlare di seconda), la serie sembra essere autoconclusiva, dato che nell’ultima puntata non c’è un rilancio che lasci pensare a una possibile continuazione.

Per quanto riguarda il genere, La casa di carta rientra nell’heist movie, ossia il genere della rapina, categoria all’interno della quale compaiono film famosi come Inside man di Spike Jones e Ocean’s Eleven, dai quali la serie trae chiaramente qualche ispirazione. Tanti sono infatti i riferimenti ad altri prodotti cinematografici e seriali, da un punto di vista di trama, struttura, ma anche semplicemente estetico, come per esempio V per Vendetta, Prison Break e Orange Is the New Black.

La storia narrata dalla serie è molto semplice: otto rapinatori, guidati da una mente geniale che ha costruito un piano preciso e inattaccabile, assediano la Zecca di Stato di Madrid e si barricano dentro con sessanta ostaggi. L’obiettivo è compiere il colpo del secolo: stampare 2400 milioni di euro e fuggire via senza danni collaterali. Stampare soldi, infatti, non significa propriamente rubarli, ed è questo il dettaglio fondamentale che contribuisce a rendere il piano “perfetto”. Se non muore nessuno – prima regola da non infrangere – l’opinione pubblica resterà dalla parte dei ladri.

Il “piano perfetto” ovviamente, se si volesse analizzare nel dettaglio, risulterebbe poco realistico e per tanto fin dall’inizio richiede allo spettatore una forte sospensione dell’incredulità, ma non è questo che conta: la serie riesce comunque, in ogni puntata, a mantenere la tensione alta e a essere coinvolgente da un punto di vista emotivo attraverso le storie dei personaggi.

la casa di carta 2

Come nel primo film di Tarantino, Le Iene, gli otto rapinatori hanno l’obbligo di non svelare chi sono: ognuno viene ribattezzato con il nome di una città che ne rappresenta simbolicamente il carattere: Nairobi è una ex tossica con un bambino da ritrovare, Rio è un hacker ventenne e impulsivo, Mosca e Denver sono padre e figlio che sognano di sistemarsi per la vita, Helsinki e Oslo sono due commilitoni con un passato di guerra alle spalle, Berlino è un uomo freddo e spietato, probabilmente la figura più interessante del gruppo perché rispecchia in parte quello che sostiene su Link Paolo Mossetti a proposito degli eroi oscuri della serialità.

E infine c’è Tokyo, un personaggio a metà tra Nikita e Mathilda di Luc Besson, protagonista tecnica della serie e voce narrante che porta il pubblico all’interno della banda dei rapinatori. Il vero protagonista, però, è indubbiamente il Professore: è lui ad aver formato la squadra e ad aver costruito quello che, dalle sue parole, è molto di più di un semplice furto: è una strategia di resistenza, un riscatto per una vita senza speranza. Tra tutti, il Professore è l’unico profilo a essere leggermente più caratterizzato rispetto agli altri: infatti, non si può dire che i personaggi siano approfonditi da un punto di vista psicologico e, magari, gli amanti delle serie, abituati a figure sfaccettate e complesse, resteranno un po’ insoddisfatti.

Oltre al gruppo di ladri, la schiera dei personaggi si infoltisce raccontando anche le storie degli ostaggi e dei poliziotti Raquel Murillo e Ángel Rubio. Viene così a crearsi un sistema in cui, nonostante lo spettatore non possa fare a meno di parteggiare per i rapinatori, non si riconoscono più i buoni dai cattivi, come dichiara lo stesso Professore, mettendo in luce uno dei temi portanti della serie.

Il metodo di narrazione è realizzato con un montaggio alternato tra presente e passato, unito a colpi di scena – cliffhanger  di grande impatto. E forse è proprio questo ribaltamento continuo, questa capacità di creare un perenne stupore nello spettatore, a sopperire a tutte le mancanze di originalità di cui la serie è stata accusata, e a essere il suo principale punto di forza: il motivo per cui è quasi impossibile fare a meno di cliccare sul rettangolino in basso a destra “guarda il prossimo episodio”.

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